di Giorgio Fogliani
• 20 dicembre 2021 •
La toponomastica è in genere conservatrice, a volte per semplice inerzia, altre in modo deliberato: mi capita spesso di pensare a quanto poco sappiamo delle persone a cui sono intitolate le nostre strade e le nostre piazze, oppure a quanto siamo distanti da loro, non solo temporalmente. A volte leggere certi nomi sulle targhe mi crea persino dell’imbarazzo, o dell’indignazione.
Non succede così spesso che una comunità rifletta su chi siano i propri riferimenti, le donne e gli uomini che ammira, i concittadini di cui va fiera e che vuole omaggiare e ricordare pubblicamente. Marsala lo ha fatto con uno dei suoi figli più celebri, Marco De Bartoli, a dieci anni dalla sua morte, e non è una notizia qualsiasi. Dagli anni ’80 De Bartoli aveva provato a scuotere il tessuto produttivo della città: per un verso ne aveva reso di nuovo grande il nome (ne ho scritto qui), tornando a produrre vini d’autore che conquistarono mezzo mondo; per un altro aveva messo a nudo i gravi problemi di quel tessuto produttivo, che lo aveva ricambiato con un certo ostracismo.
L’intitolazione di una piazza al suo nome, domenica 19 dicembre 2021, è quindi non solo un atto di giustizia, ma la sutura di una ferita. Ed è uno di quei casi in cui la toponomastica fa il suo lavoro: riunire una comunità intorno ai propri simboli. •