Alla scoperta di uno dei quartieri più multietnici di Londra, dove vivono tanti italiani che hanno scelto di lasciare il Bel Paese.
di Giulia Pepe
foto di Elisabetta Laurenza
Al 72 di Turnpike Lane la sveglia suona alle 4.15. Si deve andare al lavoro. La casa è fredda, ci si veste in fretta, cercando di non svegliare nessuno. E subito in strada, per prendere il pullman notturno che ti porta in centro. Turnpike Lane è una via periferica di Londra. Sulla Piccadilly line, la linea blu, a nord, in zona tre. Londra è divisa in aree concentriche, come fosse una cipolla. Zona tre significa inizio della periferia, abbonamento del pullman più caro, affitto più economico, case più modeste, per usare l’eufemismo che nasconde la parola “brutte”. Turnpike Lane è sia una stazione della metropolitana sia il nome di una via. Una via che in realtà è diventata un simbolo del colonizzatore impero britannico. Qui infatti, gli unici bianchi sono gli italiani, emigrati in Inghilterra in cerca di nuove esperienze, lavoro, riconoscimenti, futuro. Uscendo di casa alle 4:50 le insegne dei negozi sono spente ma le scritte si leggono chiaramente. Peccato che la maggior parte non siano in inglese ma marcate in caratteri arabi. Tutti ristoranti o supermercati. La proporzione abitante-ristorante a Turnpike lane è sconvolgente. In un chilometro ci sono dodici ristoranti, con cucine etniche, africane e asiatiche, e quattordici supermarket, piccoli, grandi, utili e inutili.
Davanti ad uno di questi per tutto il giorno si vede un vecchietto. Pelle scura e rugosa, cappellino male appoggiato sopra la testa, cappotto lungo e logoro, pantaloni marroni. In mano tiene un bastone con il quale raccoglie le carte e i rifiuti che la gente getta davanti al negozio. Fa questo mestiere per ore, la dedizione di certo non gli manca. Probabilmente non ha molto di meglio da fare. Di notte invece l’unica insegna illuminata è quella del “Buy 2 Save”, un supermercato “off licence”, come si dice in Inghilterra, libero quindi di restare aperto 24 ore su 24. E ovviamente qualcuno che va a comprare qualcosa alle cinque del mattino c’è sempre. Il Buy 2 Save è economico e, a essere onesti, la vita a Turnpike Lane non è affatto cara. I molti fast food che si trovano in questa via le regalano un odore poco salutare. Fanno concorrenza ai più famosi distributori di cibo spazzatura: piatti uguali, sapore migliore, prezzo ridotto. Quasi un incentivo a mangiare cose sempre meno sane. Turnpike Lane non sa solo di patatine fritte però. L’odore delle spezie vendute da ogni supermercato è pungente. Ci sono aromi che il naso occidentale non riesce a distinguere. Sa solo che quell’odore non gli ricorda casa. E poi c’è l’odore del fumo del Narghilè, la tipica pipa ad acqua turca, che in Inghilterra si chiama Shisha. Si possono fumare solo all’aperto, quindi i locali hanno creato delle impalcature esterne, circondate da tende in stile orientale, con le stufette e i cuscini. Nei paesi arabi il rito del Narghilè significa aggregazione, in Inghilterra invece ricorda le tradizioni delle proprie nazioni d’origine. Ovviamente per gli italiani è qualcosa di diverso: richiama la moda dell’etnico così in voga nel nostro paese.
Prima di arrivare alla fermata del bus bisogna passare davanti all’unico pub in stile inglese della via. Vecchio baluardo della grande cultura anglosassone, il Toolgate è un posto che si può descrivere con un solo aggettivo: inglese. I Tavoli di legno scuro, appiccicosi perché la birra che sgocciola dai bicchieri non viene mai pulita adeguatamente, il camino acceso, la moquette, l’insegna dorata su sfondo blu. I frequentatori del pub sono a maggioranza bianchi inglesi, residenti nei dintorni. Perché se è vero che questa via è una specie di ghetto, è anche vero che basta girare l’angolo per ritrovarsi in occidente. Si può credere di aver acquisito il teletrasporto per quanto cambiano gli scenari nel giro di 50 metri. Negozio che vende abiti da sposa indiani, con luccichii, paillettes e ciondolini in Turnpike Lane; giri l’angolo, arrivi in Alexandra Street, e trovi una casetta residenziale con giardinetto curato, fiorellini e tendine e macchina di lusso parcheggiata nel vialetto.
Ovviamente Turnpike Lane non è l’unica realtà di questo tipo nella metropoli britannica: trovare un Londiner a Londra è cosa rara, gli immigrati sembrano superare di gran lunga gli inglesi. Forse semplicemente perché sono più colorati e fanno più rumore. Indubbiamente gli italiani sono tra i più rumorosi. Luoghi comuni che all’estero si palesano: in metropolitana le voci alte parlano italiano, molto spesso. Da Turnpike Lane gli italiani vogliono scappare. Moltissimi sono fuggiti dall’Italia perché, si sa, «gli stranieri in Italia ci hanno rubato il lavoro». Ironia della sorte eccoli diventati loro stessi stranieri. E il 79% degli inglesi si dichiara favorevole a chiudere le frontiere: troppi italiani, spagnoli, greci, romeni che cercano lavoro. Un lavoro che qui, a volersi sporcare le mani, si trova. Spesso nel settore della ristorazione perché gli inglesi sembrano non facciano altro che mangiare se si pensa al numero di ristoranti, catene, fast food, chioschi e baracchini. Come in Turnpike Lane, così in tutta la città si mangia tanto. E se si vuole imparare la lingua bisogna lavare piatti a ritmi così frenetici da stressare anche il più tranquillo essere umano sulla faccia della terra, pulire bagni e farcire panini. A Londra, se sei immigrato, devi imparare a servire un caffè in meno di un minuto, a lavare centinaia di piatti in dieci minuti, a fare un panino in 45 secondi. Anche se non hai mai fatto niente di tutto ciò prima e sei laureato in economia, in filosofia o in teologia, e parli come minimo altre due lingue. Ovviamente nessuno ti costringe, in Italia magari un lavoro si trova anche. Ma non è solo una diceria comune che l’inglese, questa strana e meravigliosa lingua, dalla grammatica banale e dall’interpretazione impossibile, sia necessaria anche per fare il panettiere ormai.
A Turnpike Lane si riflette su questo, mentre si aspetta l’autobus che passa ogni 6 minuti, con tanto di autista che ti aspetta se stai correndo perché sei in ritardo. Si pensa che forse si può accettare di vivere in una città in cui vedi il sole una volta al mese, però gli autobus di notte passano più frequentemente di quanto accada di giorno in Italia. Persino a Turnpike Lane. In questa via di periferia, simile a un ghetto, con la spazzatura davanti alle case spesso non ritirata, con il parco frequentato da tipi loschi che ti offrono marjuana come fosse tè, con le case abitate da umani e topolini, con i supermercati che tengono esposta la stessa carne per giorni, sotto la pioggia, ovviamente niente maiale, perché si vende solo carne Halal.
Alle 5.03 arriva il Double Decker, in venti minuti si inizia a lavorare, in un negozio del centro, a Oxford Circus, dove nessuno sa cosa sia o dove si trovi Turnpike Lane. E cosa significhi questa via per tanti immigrati.