di Giorgio Fogliani

• 17 gennaio 2024 •

Bigio, freddo e sonnacchioso come si conviene in un martedì di gennaio, l’Alto Piemonte accoglie così il nostro ultimo sopralluogo. Si conferma però in grado di sfoderare bottiglie luminose.

Il millesimo 2018, per esempio, ha regalato rossi aperti e solari: «un’annata relativamente semplice e più pronta di altre», la definisce Lorella Zoppis Antoniolo. Il cru San Francesco di Gattinara, in particolare, ha dato un vino godibile già oggi (non è scontato: di solito cinque anni sono il minimo da attendere per stappare un qualsiasi nebbiolo di queste zone, e fin troppo pochi per un grande gattinara), grazie al tannino levigato e al sapore squillante. Un po’ più riottoso e ruvido il gattinara riserva, assemblaggio di vigneti diversi, che normalmente si esprime più in fretta.

Di là dalla Sesia, alle Piane, il boca della stessa annata si è fatto invece attendere un po’ di più, tanto che Christoph Künzli ha preferito tenerlo “ai box” più a lungo, facendolo precedere sul mercato dal 2019. Attesa nient’affatto vana: il vino è sensuale, setoso e finemente speziato, coerentemente con l’approccio peculiare e personale del vignaiolo. Un incedere trasognato e sospeso che sembra il perfetto alter ego dell’altro boca aziendale, Plinius, un vino nato nel 2007 da una sorta di incidente di cantina che vide la fermentazione bloccarsi e protrarsi per via dell’alta temperatura. Nel 2017 ne è uscita una seconda versione (denominata però Plinius III: il II, forse, sta aspettando il suo turno), che rilegge l’Alto Piemonte in chiave più stentorea, tannica e terragna – e che si colloca tra le bottiglie più care dell’area, ben oltre i 100€ al pubblico – ma in definitiva mi sembra meno risolta, almeno al momento.

(Che sia una questione di annata? Già in passato mi era parso di riscontrare una marcia in più nella 2018 rispetto alla 2017, annata siccitosa dai tannini un po’ asciuganti; e scartabellando nei miei archivi, mi sono reso conto di aver registrato diversi assaggi molto convincenti di 2018 in Nord Piemonte: da un elegantissimo coste della sesia Uvaggio di Proprietà Sperino a un delicato boca di Carlone; da un sanguigno gattinara di Franchino a un vivido bramaterra di Antoniotti, fino al finissimo carema di Achille Milanesio).

Tra le novità delle Piane anche un nuovo bianco, Ηως (Eos: aurora in greco antico), da erbaluce di Boca vinificato a grappolo intero e mediante iperossigenazione del mosto. La versione 2020 è un bianco ambizioso e spiazzante nel panorama altopiemontese: come e ancor più dell’altro bianco di Künzli, cerca la maturità anziché inseguire l’acidità (una scelta controcorrente, non solo in Alto Piemonte); floreale e candito, non teme la morbidezza ma non sconfina nell’opulenza. A ricordarci – ce n’è sempre bisogno – quanto conti la componente personale ed ermeneutica nel concetto di terroir.

Post scriptum: dopo le aziende storiche, i giovani. Davide Calgaro è di Suno, un villaggio di tradizione viticola oggi compreso nella Doc Colline Novaresi. La sua prima annata è stata la temibile 2022, da cui ha tratto un rosso proveniente da due vigne di Mezzomerìco (il paese vicino), una a prevalenza nebbiolo, l’altra croatina e durasa. Vinifica alle Piane, ai cui princìpi si ispira (raccolte ben mature, vinificazioni spontanee, solforosa contenuta). Il vino (Rosso di Mezzo) è irruento, in piena esuberanza giovanile. Vinoso e appena ridotto, ha toni scuri, selvatici e balsamici e sorso pieno, caldo e ruvido. Avrà bisogno di anni per acquietarsi, ma è un buon esordio. •

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[fotografia di © Tommaso Venturini]

Per approfondire l’Alto Piemonte: Giorgio Fogliani, Nord Piemonte. Tra Gattinara e Carema, Possibilia Editore, nuova edizione 2023