(foto www.castelloconti.it)

Venti annate di boca Conti in degustazione. Quanto basta per rimettere le idee al giusto posto.

di Samuel Cogliati

ottobre 2013

Boca è una denominazione d’origine paradossalmente ambivalente: c’è e non c’è. Esiste perché è manifestamente un luogo in cui radicamento ampelografico e identità geologica si fondo in un connubio reale e assodato, adatto alla produzione di grandi vini dalla tipicità pronunciata. Non esiste invece quantitativamente, perché qui la vite alligna su una dozzina di ettari all’interno dell’area autorizzata (e regolarmente dimenticata) dal 1969. Produzione che definire “di nicchia” è eufemistico. E nicchia nella nicchia è la produzione del boca della famiglia Conti, un ettaro appena di vigneto che dà un rosso puntualmente invitato nel consesso dei grandi vini del Nord Piemonte. Un olimpo non da poco, tenuto conto che quest’area vitivinicola è tra le più colpevolmente sottovalutate d’Italia.

La storia del boca delle Cantine del Castello Conti è quella di un rosso fondato sul nebbiolo (max 70%), con un piccolo ma significativo complemento di vespolina e uva rara. Una sintesi iper-territoriale dell’ampelografia alto piemontese. Vinificazione tradizionale, lunghissimi affinamenti in legno grande (oggi sta uscendo l’annata 2008), mano classica: dapprima quella di papà Ermanno, scomparso alcune settimane or sono, poi quella delle figlie Elena, Paola e Anna. Un trio di sorelle che, a partire dalla vendemmia 2004 – la prima “al femminile” – ha gradualmente preso le redini della conduzione aziendale.

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Degustare venti annate di questo Signore dei vini alto piemontesi è un’occasione eccezionale, di cui vogliamo ringraziare le sorelle Conti. Verticale emozionante, quella guidata in un soleggiato primo giorno d’autunno 2013, da un Armando Castagno in forma smagliante, capace di muoversi come pochi altri sul crinale delle annate e dei grandi vini da nebbiolo sabaudo.
Ecco il nostro racconto della degustazione.

2008
Ancora rubino-granato. Inizio sul frutto, ma delicatamente profondo. Di scura leggerezza. Bocca tra tannino, polvere e leggerezza. Solidità senza peso. Fondo amaro lieve e metallico. Un vino aereo, e al tempo stesso minerale nella lunghezza.

2007
Già unghia granato. Lieve, sulle spezie, più carnoso. Appagato e sereno. Ampio e sicuro anche in bocca, dal tannino diffuso e più carnoso. Minor finezza del 2008, specie nella mineralità.

2006
Un tocco di smalto. Un po’ scuro, viscerale, di aerea speziatura. Castagna bollita. Caldo e ombroso. Ruvidità stretta. Tannino potente ed esuberante. Finisce caloroso e asciugante, davvero di beva impegnativa. Ne riparliamo tra dieci anni.

2005
Bellissimo colore caldo. Un po’ di sedimento nel calice. Naso quieto, già compiuto. Con il cacao e il cuoio, ma con molto garbo. Bellissima bocca serena, languida, di distesa acidità. Finale tra acidità e tannino setoso. Bellissima grana. Grande fascino. Vino aggraziato.

2004
Colore profondo. Naso orientale, di estratto di carne, appena pungente. Un po’ di cannella, naso chiuso, austero. Calore. Bocca piena, quadrata, costruita attorno a un binomio acidità-salinità forti, ma appena monotematiche. La chiusura è tra amaro e durezza minerale quasi ferrosa. Il finale di Boca. Estrazione importante.

2003
Granato-arancio diafano. Camino spento e note marine, da vecchio vino. Poi si apre bene, con calore mediterraneo (proprio di mare), salsedine e finezza. Un tocco di caffè. Fine ma con alcuni limiti nell’aprirsi. Bocca inizialmente stretta attorno al tannino e, per fortuna, a un’elegante acidità conclusiva. La chiusura, anche se non lunghissima, è il punto di forza di questo vino. Termina limpido.

2000
Arancio bruno. Floreale, fine, di crostata molto sottile. Belle tinte crepuscolari, ma quasi sapide. Pieno, salino, non particolarmente dinamico, ma intensamente tannico-salino. Non ha però la grazia aromatica delle annate più sottili.

1998
Cacao e caffè in un naso di incerta finezza. Sembra contratto. Ha bisogno di molta aria. In bocca è compatto ma disteso, di bellissima, morbida quadratura. Dimostra un’accoglienza che non ti aspetteresti dal naso. Notevole compostezza salina. Finale non particolarmente frastagliato, anch’esso compatto. È un vino più facile, di presenza centrale – ne va goduta la fisicità della bocca.

1997
Granato-arancio pieno e profondo. Naso caldo, di confettura di fichi, con qualche tocco erbaceo. Una sfumatura di caramello. Apparentemente affaticato. Acidità non pertinente, forse per l’unica volta non integrata nel resto della struttura, del resto un po’ sfibrata.

1996
Colore profondo. Carne bruciata e naso verticale. Appena pungente. Si apre poi bene su note forestali, di conifera; bella concentrazione. Balsamico e piuttosto fine. Bellissima, trascinante acidità, accoppiata a una salinità davvero fine e persistente. In compenso, la complessità aromatica non è straordinaria, così come la lunghezza. Bel quarto tempo metallico e balsamico. Boca al tempo stesso fisico (nella sua acidità) e immateriale. Stringato, succoso, teso.
1994
Aranciato pieno. Tabacco, erbe mediterranee, carruba, profilo contrastato e aperto. Qualche nota di crosta di formaggio. Salsedine. Note di cantina (muffa). Una leggera sensazione di tappo. La bocca ha un’apprezzabile fisicità. La grana del tannino è bella e presente, con una freschezza interessante.

1993
Colore profondo e molto vivo. Naso di capperi, molto insolito, di trippa. Ha bisogno d’aria. Bella quadratura di una bocca dinamica e con una persistenza bellissima; salinità e verve. Lunghezza e cristallinità. Un vino affascinante, nonostante l’amarezza conclusiva quasi di vermouth. Boca d’immediata espressività, anche se non di grande tenuta. Da celebrare oggi. Ha il limite di non reggere a bottiglia aperta, perché si ossida e decade. Ma il fascino, nella sua “scucitura”, è notevole.

1991
Curiose note erbacee di peperone, inizialmente abbastanza stretto. Naso quasi bordolese; oscuro e delicato. Note di crosta di parmigiano. Compostezza e pienezza, con tannini e acidità al loro posto. Ci sono il sale e una capacità di andare in fondo con passo felpato, nonostante l’energia vibrante. Lunghezza interessantissima.

1990
Naso tenero e delicato, di carbone, con un tocco delicatamente affumicato e uno sanguigno quasi rappreso. Molto bello. Inizia duro, quasi compresso, per allungarsi in bocca con garbo ed energia. Più solido che sfumato.

1989
Naso di grande pienezza ma non di grandissima mobilità. Note tostate e di polvere di caffè. Eleganti sfumature balsamiche. Naso salmastro, non così sfumato, su note di china, vermouth, ma forse un po’ ossidato. Sembra più grosso che dinamico. In bocca è fisico, grosso, con un tannino levigato, ma è anche voluminoso, con una certa estrazione. L’amaro conclusivo è purtroppo monocorde. Ha qualcosa di fermo. Moltissima materia, ma manca, a mio avviso, eleganza; è tutto compattezza. Riflette bene l’annata calda.

1988
Bellissimo colore pieno e vivo. Note di tè, di cenere, di frutta sotto spirito ma molto delicato, e un tocco affumicato. Vernice. Bocca serica, con un’acidità impressionante, ma piuttosto spezzata. La chiusura frena e lascia isolata l’acidità.

1987
Colore un po’ spento. Naso molto lento, piuttosto piatto, senza grande reattività. Asciugato e “freddo”. Ha un che di svanito. Sentore di fumo. Buon sostegno e una fresca liquidità confortante, ma difficile da inserire nella tenuta globale del sapore. In bocca è lieve, puro, non lunghissimo ma di vitale presenza; fine e sottilissimo nel finale. Il vino appare consumato, ma è anche “molto boca”, per la cristallina serenità dell’acidità.

1986
Colore molto fondo e scuro. Ossidazione e frutta cotta, statica, con pomodoro cotto; c’è del cacao, ma ha un peso poco aggraziato.
Volume, grassezza, tannino pieno ma statico. Estrazione e polpa, ma non grande dinamica.

1985
Naso sul fumo, di ardesia, con frutta essiccata; ha grazia, passo graduale e portamento bordolese. Ci sono anche mare e frutta buona. Si ritrova il fumo, con un sentore salino notevole e frastagliato, per poi esibire un’acidità squillante e leggiadra, una bellissima liquirizia conclusiva affatto scontata. Solidità, nerbo, finezza. Forse il vino più bello della verticale.

1984
Colore molto pieno. Note ossidative, con una vegetalità più verde. Affumicato ma statico, senza grandi slanci. Talco. In bocca ha un certo nerbo, tannini solidi ma asciugati. È soprattutto il finale, schivo, fermo, acido e poco espressivo, a dare la misura dei suoi limiti.

cogliati@possibilia.eu