di Samuel Cogliati
17 aprile 2020
È arrivato il momento che temevo di più. È passato ben più di un mese da quando l’Italia si è chiusa in casa, ma i dati relativi al contagio da Sars Cov-2 restano ancora molto preoccupanti. I risultati sembrano limitati, troppo limitati, specie nelle aree più colpite.
Di conseguenza, come si poteva prevedere e temere, le persone stanno esaurendo la pazienza e la motivazione che le hanno tenute tra le mura domestiche per varie settimane. In tv, sui social, per strada, dai balconi si iniziano a sentire con insistenza voci di insofferenza, di impazienza, di rabbia, di stanchezza, di incomprensione. Voglia, anzi recriminazione di uscire, di porre un termine a questa situazione faticosa, frustrante, snervante. È comprensibile, è umano. Come purtroppo umano è quel sentimento di collera generica e disordinata che, a fronte di un panorama confuso e molto complesso, cerca un capro espiatorio, un colpevole: «lo fanno apposta», «ci stanno prendendo in giro», «che stiano in casa loro», «che altro vogliono da noi»? Salvo non capire chi sia l’imputato, né perché sia così sadico. È un classico, un classico allarmante.
Le responsabilità e gli errori sono di sicuro vari e numerosi. Verrà il tempo di chiederne conto, a iniziare da chi ha sfasciato la sanità pubblica in decenni di tagli miopi e feroci.
Detto questo, delle prossime settimane e dei prossimi mesi mi preoccupa senz’altro la voragine economica che inghiottirà o farà annaspare molti di noi, ma più ancora mi preoccupano le reazioni delle persone. L’incapacità di comprendere, di soppesare, di adeguarsi. La pretesa di tornare al prima, e di vedersi risarciti – metaforicamente o no – di queste settimane stressanti. Questo atteggiamento, imperniato sulla colpa dell’altro, rischia di farci precipitare in un gorgo di rabbia e di frustrazione che non sapremo verso chi dirigere, scatenando comportamenti inconsulti, emotivi e irragionevoli.
C’è un duplice rischio in questa prospettiva: vanificare le precauzioni sanitarie che dovranno necessariamente accompagnare le nostre vite per mesi, forse per anni; innescare una spirale incontrollata di aggressività e violenza sociali. Il primo rischio è quello di far ripartire la pandemia come e peggio di prima; il secondo quello di creare una società ingestibile, fuori dalle regole, pericolosa per tutti, a iniziare dai più poveri. Una manna per le organizzazioni criminali e un terreno fertile per le tentazioni autoritarie.