di Samuel Cogliati Gorlier
• 18 gennaio 2024 •
Vado al supermercato: mi serve uno yogurt bianco naturale. Vado di fretta; valuto brevemente questo yogurt che mi sembra, dall’imballaggio, meno industriale di altri. Si fregia di una forte identità locale. Lo compro.
Arrivo a casa e leggo meglio l’imballaggio. Dice: «latte selezionato, d’eccellenza, tradizione del territorio, proveniente solo da pascoli locali, ecc».
Guardo gli ingredienti. Il latte è pastorizzato, quindi privato di una certa quantità di elementi naturali “d’eccellenza”. In compenso, a valle della mungitura, aggiungono fermenti lattici. Poi aggiungono amido di riso, suppongo per ricreare una certa densità. Poi aggiungono fruttosio, suppongo per compensare una certa tendenza gustativa acida e “arrotondare” il sapore.
L’origine del latte è effettivamente locale, del luogo evidenziato in etichetta. Solo che lo yogurt risulta prodotto in uno stabilimento di un’altra regione, a diverse centinaia di chilometri di distanza. Quindi l’avranno trasportato con camion cisterna.
A me sembra che noi tutti, produttori e acquirenti, abbiamo le idee un po’ confuse. •