Nico Jiménez in azione (foto Redazione lamadia.com)
Orientarsi tra le quattro nuove diciture che definiscono la qualità del più famoso prosciutto spagnolo
di Giorgio Fogliani
ottobre 2015
Milano – La sesta giornata del Jamón Ibérico in Italia, organizzata da ICEX-España Exportación e Inversiones in collaborazione con l’Ufficio economico e commerciale dell’Ambasciata di Spagna a Milano e l’Accademia nazionale Italcuochi, è stata un’occasione ghiotta per imparare qualcosa di più sul re dei crudi spagnoli.
Relatore il pluripremiato maestro cortador Nico Jiménez, che ha illustrato nel dettaglio le caratteristiche dell’ibérico, soffermandosi sulle recenti (2014) modifiche al suo disciplinare di produzione, prima di fornire una vera e propria lezione su come tagliare perfettamente il prezioso prosciutto.
Il jamón ibérico si definisce mediante due criteri: la razza del maiale, che può essere ibérica pura o incrociata, e la sua alimentazione, a cebo (mangime) o a bellotas (ghiande). Nel secondo caso il maiale è allevato in maniera estensiva in un’area aperta, detta dehesa, diffusa nell’area centro-occidentale della Spagna, nelle regioni dell’Estremadura, Andalusia, Castilla y León, Castilla La Mancha e Madrid. Si tratta di un vasto ambiente di pascolo ricco di querce, castagni, carrubi e arbusti, dove l’animale è libero di muoversi e nutrirsi di ciò che la natura gli offre: radici, erba, bacche e soprattutto ghiande. Queste ultime abbondano soprattutto in un periodo limitato dell’anno (6-9 settimane tra ottobre e gennaio) – la montanera – durante il quale diventano la fonte di alimentazione principale del suino influendo in maniera decisiva sulla qualità delle sue carni.
Si distinguono così quattro denominazioni di ibérico, in ordine crescente di qualità: il cebo – contraddistinto da un sigillo di colore bianco da apporre sullo stinco del prosciutto – che designa maiale allevato intensivamente con mangimi; il cebo de campo (colore verde), un sistema misto che comprende sia ghiande sia mangimi, e in cui il maiale vive al pascolo per un periodo limitato della sua vita; il bellota (rosso), che prevede l’allevamento estensivo nella dehesa e l’alimentazione a base di ghiande, erba e radici; il bellota 100% ibérico (nero) che aggiunge la garanzia della purezza della razza e può fregiarsi, unica tra le quattro, della dicitura pata negra.
Il nuovo disciplinare ha inoltre stabilito condizioni più severe nella cura dei suini e vietato nella commercializzazione diciture ingannevoli che facciano riferimento alla bellota o alla dehesa per le denominazioni cebo e cebo de campo.
Il jamón si ottiene esclusivamente dalla coscia dell’animale (la spalla è invece detta paleta) sottoposta a salagione e lavaggio, riposo, asciugamento e maturazione, stagionatura. Questo periodo può arrivare a quattro anni e si calcola, in genere, in 12 mesi più 1 mese per chilo di prodotto fresco.
Il taglio del prosciutto va effettuato preferibilmente a mano e a temperatura di circa 23°C: nelle tipologie “rosso” e “nero” ci si attende un grasso di aspetto brillante e quasi trasparente, la carne porpora acceso e gli eventuali cristalli di tirosina visibili sulla carne sono un indicatore di qualità e di basso contenuto di sale.
Nico Jiménez ha anche sottolineato le virtù salutari del bellota 100% ibérico, ricco di vitamine e proteine e i cui grassi (proprio a causa dell’alimentazione a base di ghiande) contengono più del 55% di acido oleico monoinsaturo (una quota inferiore solo all’olio di oliva), responsabile della produzione del cosiddetto “colesterolo buono” (HDL). L’apporto calorico, inoltre, non è eccessivo, se si pensa che una porzione (100 g) contiene circa 250 kcal.
Aroma e gusto, invece, non si possono proprio raccontare…
Per approfondire si può consultare la pagina web del tagliatore, www.nicojimenez.com.