Giorgio Fogliani (al centro) intento alla degustazione
(foto per gentile concessione dell’organizzazione)

Cento pinot neri in rassegna da tutto il mondo: perplessità e belle sorprese

di Giorgio Fogliani

Luglio 2015

Egna-Neumarkt (Bolzano), 16-18 maggio 2015, “Giornate altoatesine del Pinot nero”: un banco d’assaggio con tutti i 68 vini partecipanti al Concorso Nazionale del Pinot nero 2015 più 35 pinot neri “ospiti”, arrivati da Austria, Belgio, Francia, Germania, Paesi Bassi, Romania, Svizzera, Sud Africa, Argentina, Cile, USA e Nuova Zelanda. Stessa annata, la 2012, per tutti i 103 vini in degustazione.

Molto è stato detto e scritto sulla connotazione altoatesina (42 aziende su 68!) del concorso, che non ha mancato di suscitare qualche perplessità (particolarmente interessanti l’articolo di Jacopo Cossater su Intravino e la risposta di Peter Dipoli). Una sproporzione in parte dovuta al fatto che nessun territorio italiano sta puntando su questo vitigno con la stessa determinazione dell’Alto Adige, ma che non è un buon segnale né per lo stesso distretto altoatesino né per la manifestazione, che rischia l’autoreferenzialità, pur volendosi di respiro internazionale.

L’Alto Adige
Annata calda, in particolare nei mesi di marzo, giugno e agosto, e abbastanza umida, specie a inizio estate e in autunno – una di quelle annate, insomma, cui probabilmente dovremo sempre di più abituarci. Non ha presentato fenomeni anomali come grandine o gelate primaverili (1) ed è generalmente considerata, anche dai vignaioli, più che positiva. I vini hanno espresso una buona prova “di squadra” e “di scuola”, con un profilo piuttosto ben individuabile (fin troppo?), in cui si percepisce netta la ricerca dell’eleganza olfattiva e della precisione enologica, con un frutto mai esibito – e invece maggiore risalto a note di volta in volta floreali, balsamiche o riconducibili all’affinamento –, tannini sempre piuttosto delicati e un’estrazione contenuta. Le versioni meno convincenti sono quelle appesantite da un legno mal gestito e monopolizzante. La maggior parte dei vini sembra già oggi in buona forma: i tre pinot neri della Val Venosta, più settentrionale e più fresca, si sono rivelati decisamente più dritti, con un’ossatura acida e nettamente minerale che li rende intriganti e fa ipotizzare una maggiore longevità, o almeno un potenziale ad oggi piuttosto contratto. Il terroir di Mazzon, nei pressi di Egna, sulla riva sinistra dell’Adige, resta il più rivendicato (anche in etichetta) ma una maggiore attenzione nei confronti di altre sottozone (per esempio proprio la Val Venosta) potrebbe rivelarsi interessante.

Altre regioni italiane
La ridotta presenza di altre regioni italiane impedisce anche solo l’abbozzo di una valutazione seria della loro vocazione nei confronti del pinot nero: è dunque possibile dire qualcosa soltanto dei singoli vini in concorso, dodici dei quali provenienti dal Trentino, quattro dall’Oltrepò pavese, tre dal Piemonte, due dalla Sicilia e uno ciascuno da Veneto (bassanese), Valle d’Aosta, Toscana (Mugello) e Brianza.

I vini trentini sembrano rincorrere lo stile dei vicini sudtirolesi, senza però averne la grinta e la precisione (più dolcezza e, a volte, una certa pesantezza, con finali non sempre convincenti); quelli dell’Oltrepò paiono invece legati a estrazioni non ben controllate, che dànno vini potenti, materici e piuttosto tannici, a volte con un’esuberanza gradevole, sebbene con una certa rusticità; molto meno convincenti i tre piemontesi in concorso, tendenzialmente piuttosto pesanti, alcolici e rudi nei tannini (si direbbe, con una semplificazione, “baroleggianti”); non convincono nemmeno le due espressioni del centro Italia e della Sicilia (Etna e Madonie), mentre segnali più incoraggianti vengono dal pinot nero della Brianza, da quello Veneto (le schede di degustazione, più avanti) e soprattutto dalla Valle d’Aosta.

Altri Paesi
Sette i pinot neri francesi, di cui sei borgognoni (cinque dalla Côte de Beaune e uno dalla Côte de Nuits) e un alsaziano (Domaine Frédéric Mochel). Tutti appellations comunales i borgogna – un peccato non poter ragionare, proprio qui, su più pregiate selezioni di vigneto – tra i quali il più in forma è il più settentrionale di tutti, lo gevrey-chambertin di Rossignol-Trapet; in generale, i vini sembrano però ancora lontani dalla condizione migliore, contratti e spigolosi come sono nella trama tannica. Il pinot noir d’Alsazia ha invece una struttura imperniata sull’acidità e su un frutto fresco croccante e immediato: non lunghissimo e probabilmente più a suo agio a tavola che in altri contesti. Le bottiglie di Belgio e Olanda (Maasvallei) aprono su note floreali e fruttate dolci, tendenti al miele: due interpretazioni eleganti, ma che lasciano il dubbio di essere il risultato più di un attento lavoro enologico che dell’espressione autentica della materia prima. Curioso, ma tutto sommato deludente, il rumeno La Umbra (Halewood): naso selvatico, di bacche e verdure, ma una bocca orizzontale e troppo morbida, non lunghissimo. Lasciano ancora più perplessi i vini di Sudafrica, Nuova Zelanda, Argentina, Cile, California e Oregon, caratterizzati, quale più quale meno, da uno stile costruito più che altro su un affinamento “anni Novanta”, con dolcezze e tostature molto in evidenza, alcolicità poco integrate e chiusure spesso brucianti. Le belle notizie sono arrivate invece da Svizzera (Grigioni-Graunbünden e Vallese), Austria (Burgenland, all’estremità orientale del Paese) e Germania (Palatinato-Pfalz e Rheingau). Pinot neri che possono vantare, nelle espressioni più riuscite, freschezza, succosità, bevibilità, note speziate e vegetali eleganti e sorprendenti; già ampiamente godibili svizzeri e austriaci, ancora un po’ ritrosi i tedeschi, che sembrano aver bisogno di più tempo per levigarsi.

Un momento della rassegna  (per gentile concessione dell'organizzazione)
Un momento della rassegna
(per gentile concessione dell’organizzazione)

Note di degustazione dei vini più interessanti (2)

Alto Adige

Castelfeder, pinot nero riserva “Burgum Novum”
Naso profondo: note balsamiche, un tocco animale, pepe nero. Bocca fresca, dotata di buona materia con appena un filo di pesantezza. In retrolfazione una nota di arancia candita. Buona persistenza. Affinamento ben gestito.

Himmerlreich-Hof, Blauburgunder, Vinschgau / Val Venosta
Colore molto scarico, naso seducente, quasi sauternoso: pesche sciroppate, miele. La bocca è invece dritta, severa, con una pregevole impronta minerale e un’acidità che torna nel finale. Un vino di personalità, da attendere un poco.

Kellerei Andrian, pinot nero riserva “Anrar”
Bel naso profondo, di pietra bagnata ed erbe balsamiche. Bocca dotata di una certa dolcezza, per nulla stucchevole, ben bilanciata da una sapidità minerale. Tannini levigati, chiude senza bruciare.

Kellerei Girlan, pinot noir riserva “Trattmann Mazzon”
Profondo e salmastro, note di cuoio; ingresso in bocca deciso e grintoso, materia densa ma scorrevole. Finale di cacao amaro, dove si percepisce la presenza del tannino.

Kellerei St. Michael Eppan, Blauburgunden “Sanct Valentin”
Naso espressivo, con una punta sulfurea e una nota animale. Bocca succosa, fresca e polposa. Chiusura affidata a un lieve tannino e una piacevole sensazione leggermente amara.

Manincor, pinot nero “Mason”
Naso di frutta fresca, delicato e un po’ sfuggente; accenni di pietra. Bocca molto agile, viva, di piacevole impronta minerale. Chiusura molto ordinata, senza sensazioni caustiche, accompagnata dall’acidità.

Stachlburg, Blauburgunden, Vinschgau / Val Venosta
Veste poco colorata, naso invitante di frutta fresca e radici. Bocca poco estratta, vivace e grintosa, imperniata sull’acidità ma non squilibrata. Chiude piacevolmente minerale.

Az. Agr. Ferruccio Carlotto, pinot nero “Filari di Mazzon”
Naso espressivo, animale e sulfureo, con un tocco di distilleria. In bocca tabacco, cioccolato, una punta d’alcol, noce; una bella trama e una chiusura elegante, lungo e speziato, quasi piccante.

 

Altre regioni italiane

Prime Alture Wine Resort, pinot nero “Centopercento”, Pavia igt
Frutta rossa matura e pepe per un vino caldo e di buona struttura. In bocca lo sostiene l’acidità, e ne risulta un vino, sebbene poco conforme agli stereotipi sul vitigno, gradevole.

Vignaioli Contrà Soarda, pinot nero “Vianacorejo”, Veneto rosso igt
Un naso interessante: erbe, radici, frutti rossi; bocca leggermente larga, potente ma non statica. La trama è leggermente granulosa e l’alcol appena sopra le righe, ma nel complesso il vino mantiene un certo equilibrio.

Az. Agr. La Costa, pinot nero “San Giobbe”, vino da tavola rosso, La Valletta Brianza (LC)
La Brianza rimane normalmente fuori dai radar degli enoappassionati. Questo pinot nero, se pure non ha il passo dei migliori vini della degustazione, lascia comunque un’ottima impressione. L’attacco olfattivo è affidato all’uva e agli agrumi (arancia e pompelmo rosa), mentre in bocca è succoso, fresco e scorrevole.

Ottin Elio, pinot noir, Valle d’Aosta dop
Un naso originale, che richiama il ribes, l’erba falciata e una nota di tabacco affumicato. In bocca torna il ribes, assieme all’arancia rossa e le bacche selvatiche. Scorrevolezza, equilibrio e tannini delicatissimi ne fanno il vino per me più convincente dell’intera batteria.

 

Altri Paesi

 

Francia

Domaine Rossignol-Trapet, Gevrey-Chambertin aoc
Frutta fresca (lampone, arancia), un tocco di vaniglia, fiori, una nota affumicata; vino fresco, balsamico e profondo, ampio e variegato nel suo dispiegarsi ma al tempo stesso di estrema delicatezza nel tocco.

Domaine Tollot-Beaut, Chorey-lès-beaune aoc
Un naso di personalità affidato a note sulfuree, animali e di erbe (timo); in bocca ha una buona densità e una trama notevole, ma anche di un grande slancio che ne assicura la persistenza.

Domaine Frédéric Mochel, Alsace aoc
Arancia fresca e candita, pompelmo, ribes: un naso appuntito e invitante. Bella bocca acida, con una punta di miele amaro. Vino vitale, non lunghissimo ma piacevole.

 

Olanda

Wijngoed Thorn, Limburgse Maasvallei
Albicocca, frutti tropicali, fiori dolci e miele di tiglio: naso da vino bianco aromatico, che perciò spiazza. La bocca è piacevolmente tesa, fresca, rigorosoa, il tannino quasi impercettibile, la persistenza non infinita. Un vino che lascia qualche interrogativo.

 

Austria

Michael Wenzel, Kleiner Wald, Burgenland
Piccoli frutti rossi, pepe, rabarbaro, liquirizia, una nota affumicata. Un vino fresco e di grande scorrevolezza, molto convincente, che echeggia certi pineau d’Aunis di Loira.

Judith Beck, Pinot Noir, Burgenland
Un profilo appena più largo del precedente, ancora su note di frutti rossi e di verdura cruda, ma più scuro e terroso, con una nota di pane nero in retrolfazione. In bocca una bella materia succosa, con una lieve percezione alcolica nel finale. Un vino molto godibile.

 

Svizzera

Weingut Gantenbein, Pinot Noir, Graubünden [Grigioni]
Naso originale e sùbito seducente: pane di segale appena sfornato; in bocca è fresco e scorrevole, ma con eleganza e precisione.

Weingut zur alten Post – Georg Schlegel, Pinot Noir Barrique “Pradafant”, Graubünden [Grigioni]
Veste scarica, naso elegante, speziato e vagamente animale. Bocca verticale, acida, per un vino che non ha ancora raggiunto la sua migliore espressione e andrà quindi atteso, ma fiduciosamente.

Frédéric Dumoulin “L’Orpailleur”, Pinot Noir, Valais
Vino più semplice, che evoca il gamay: frutti rossi freschi, un filo di crema. Fresco e scorrevole.

 

Germania

Weingut Christmann, “Gimmeldingen”, Pfalz [Palatinato]
Pane integrale, una nota sanguigna; bocca dall’acidità tagliente, succosa e decisamente pepata. Profilo originale e molto gradevole.

Weingut August Kessler, “Max”, Rheingau
Ribes, pepe nero e un tocco affumicato e idrocarburico. Bocca ampia, leggermente zuccherina, ma non priva di slancio; chiusura affidata all’acidità e al tannino, vino convincente.

 

Paradigmi

Avere a priori un’idea ben precisa di come debba essere un vino ancora prima di averlo bevuto è un vizio (una tentazione) piuttosto diffuso, cui bisogna resistere. Il fatto che un terroir – diciamo la Borgogna – esprima a livelli altissimi un vitigno come il pinot nero non deve significare che tutte le altre regioni dove questo è coltivato debbano andare in cerca di un’espressione quanto più possibile simile a quella, cosa che invece sembra spesso, puntualmente accadere, con risultati talvolta caricaturali. Gli assaggi svizzeri e austriaci, come pure quello valdostano, sono in questo senso illuminanti, perché lasciano presagire un’identità propria e al tempo stesso vini eleganti e godibili. Un’impresa che ai vignaioli italiani, ad oggi, appare meno riuscita. Ogni giudizio però è inevitabilmente condizionato dalla penuria di aziende non altoatesine che partecipano al concorso e dall’assenza, in particolare, di alcune che ben conosciamo e apprezziamo: ci sarebbe molto piaciuto, per esempio, poter (ri)assaggiare all’interno di quella batteria il pinot nero di Podere Còncori (Garfagnana) oppure un pinot nero altoatesino fuori dagli schemi come quello di Patrick Uccelli (Tenuta Dornach, a Salorno, poco più a sud di Egna).

Assaggiando i vini premiati quest’anno si fa strada il dubbio che nella valutazione pesi, a priori appunto, e chissà quanto consapevolmente, un paradigma di pinot nero cui i vini debbano conformarsi; l’inevitabile rischio allora – un rischio invero forse già connaturato al format “concorso” – è quello dell’appiattimento delle differenze e dell’omologazione, ovvero la fine dello stupore.

 

info@possibilia.eu


1  Dati da L’andamento meteorologico del 2012 di N. Paoli, M. Thalheimer, Centro di Sperimentazione Agraria di Laimburg. Un ringraziamento particolare a Michela Carlotto per la cortese disponibilità.
2  Sono stati assaggiati, e talora riassaggiati, nel corso di due giornate, 75 dei 103 dei vini presenti, sempre a etichetta scoperta e cercando di variare quanto più possibile il loro ordine.