Il periodico
Dopo una laboriosa (e avventurosa) preparazione, a ottobre 2009 esce il
numero zero di www.possibilia.eu periodico online per curiosi. Una realizzazione
che riflette l'orizzonte libero e senza preconcetti della nostra linea editoriale.
Da subito, un gruppo di autori aderisce al progetto, alcuni dei quali formano
il nucleo redazionale più stabile.
Possibilia si non si propone di fare informazione in senso stretto: tante
altre testate più veloci e attrezzate ricoprono già questo ruolo. La nostra
rivista desidera offrire ai suoi lettori contenuti insoliti, dando diritto
di cittadinanza a temi o chiavi di lettura spesso trascurati o snobbati.
Un periodico generalista a 360 gradi? Solo in parte. Possibilia non funziona
per compartimenti tematici, ma per modalità di approccio alla materia. Accoglie
così una sezione per Dilettarsi, una per Pensare e una per Sorridere. Si
aggiungono una sezione di News - la sezione “d'attualità” della testata
- e una sezione destinata ai Pubbliredazionali, con lo scrupolo di mantenere
eticamente distinti contenuti commerciali e redazionali, valorizzando così
entrambi.
Con la nuova versione della rivista, inaugurata nel 2012, abbiamo deciso
di aggiungere una sezione (le Rubrilie) dedicata alle nostre passioni: il
vino, il rugby e il viaggio.
Contatta la redazione: redazione@possibilia.eu
I libri
Nel 2010, gli esiti incoraggianti della rivista e il desiderio di ampliare
il progetto editoriale dànno vita alla parte cartacea della nostra attività.
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foto di Lorenzo Guerra |
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Leggi, società
e costumi Istanbul no smoking
Quando il decreto vieta di fumare come
turchi. di Stefano Gianuario |
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Tra i luoghi comuni più abusati della Storia rientra a pieno titolo
l'espressione “fumare come un turco”. E non a sproposito: i turchi
fumano davvero come turchi, ovvero moltissimo.
Al di là dei giochi di parole, delle verità reali e di quelle romanzate,
un modo di dire perde un poco di credibilità quando gli subentra un
paradosso. Il paradosso in questione, è un decreto legislativo del
luglio 2009, che vieta il fumo in ogni luogo pubblico al chiuso della
nazione. Provvedimento che non ha di certo reso felici i turchi ma
non ha neppure scalfito il loro naturale aplomb che maschera
una ancor più naturale flemma. A un paio di mesi dall'entrata in vigore
del decreto però, di trasgressori neanche l'ombra. La pena non fa
di certo troppa paura, considerando che consiste in una sanzione amministrativa
di una settantina di lire turche, poco più di 30 euro. Lontani i tempi
in cui i fumatori turchi se la passavano davvero male. Tanto per menzionare
un provvedimento un poco più rigido, all'inizio del XVII secolo, il
sultano Muradiv pensò bene di punire il vizio di fumare con la decapitazione.
A quei tempi non si andava troppo per il sottile. Chiaro quindi che
una “multarella” non spaventi i pronipoti di quegli intrepidi turchi
che per una “fumatina” rischiavano il collo.
Tornando alla Turchia moderna, parte del merito del rispetto della
legge è certamente dovuto alla calda estate di entrata in vigore del
provvedimento e a un'altra predisposizione naturale dei turchi, quella
di star fuori di casa e di vivere le strade. Forse la musica cambia
con l'inverno, quando i turchi affollano i tabac café per le
loro consuete, eterne partite di backgammon, dove fumare fa quasi
parte del regolamento.
Poco importa. Un popolo è fatto anche dai suoi vizi, non sempre proporzionali
alle proprie virtù. E se i turchi hanno il vizio del fumo e di consumare
litri di cay, tè tradizionale, hanno la virtù di sapersi arrangiare,
di raggirare le regole sorridendo e di far arte delle proprie contraddizioni.
Tra i vicoli di Istanbul ad esempio, tra i suoi numerosi quartieri
sovraffollati, sparpagliati su due continenti, la contraddizione ha
davvero trovato casa. E' indubbiamente più facile dire che cosa non
sia Istanbul, dato che definirla sarebbe arduo anche per i turchi
che la abitano, oltre al fatto che non gliene importerebbe molto.
Si tratta di un luogo dove gli opposti coesistono e non stanno neanche
a discutere, poiché c'è spazio per tutti. Dove è possibile trovarsi
ubriachi in pieno pomeriggio gonfi di raki per poi alzare gli
occhi e scoprirsi innanzi una maestosa moschea, non prima di aver
visto passare donne bellissime, dalle chiome fluenti che fanno sfoggio
delle loro grazie, a braccetto con altre donne bardate di veli voluti
dai dettami islamici.
In una città dove si passa rapidamente da Sultanahmet, quartiere
storico, dimora dei sultani, pieno di tradizione e moschee, per arrivare
a Beyoglu, quartiere di artisti e musicisti, zeppo di locali
aperti tutta la notte da far invidia alle ramblas di Barcellona.
Un luogo dove uomini d'affari si mischiano ad altri che pur di non
fare un lavoro normale si inventerebbero qualsiasi cosa. Come vendere
i biglietti di improbabili lotterie in giro per i caffè, portare bilance
in strada e pesare la gente a pagamento, mettersi a pescare pesci
tossici dal Galata Bridge, far sparare con pistole ad aria compressa
file di palloncini sulle rive del Bosforo, sfidando venti improbabili...
Una nazione così può benissimo vantare il maggior consumo di tabacco
al mondo e varare un provvedimento che impedisce di fumare in tutti
i luoghi pubblici chiusi del Paese. Niente di strano, nulla di cui
stupirsi, si sta parlando della Turchia. Stefano
Gianuario è nato a Milano nel 1985. Giornalista pubblicista, freelance,
scrive di turismo, cronaca e musica. Suona nella noise band Hezel.
Nel 2004 ha pubblicato il romanzo Le cose di Jack |
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