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Il periodico
Dopo una laboriosa (e avventurosa) preparazione, a ottobre 2009 esce il numero zero di www.possibilia.eu periodico online per curiosi. Una realizzazione che riflette l'orizzonte libero e senza preconcetti della nostra linea editoriale.
Da subito, un gruppo di autori aderisce al progetto, alcuni dei quali formano il nucleo redazionale più stabile.
Possibilia si non si propone di fare informazione in senso stretto: tante altre testate più veloci e attrezzate ricoprono già questo ruolo. La nostra rivista desidera offrire ai suoi lettori contenuti insoliti, dando diritto di cittadinanza a temi o chiavi di lettura spesso trascurati o snobbati. Un periodico generalista a 360 gradi? Solo in parte. Possibilia non funziona per compartimenti tematici, ma per modalità di approccio alla materia. Accoglie così una sezione per Dilettarsi, una per Pensare e una per Sorridere. Si aggiungono una sezione di News - la sezione “d'attualità” della testata - e una sezione destinata ai Pubbliredazionali, con lo scrupolo di mantenere eticamente distinti contenuti commerciali e redazionali, valorizzando così entrambi.
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foto Yahia LOUKKAL - Fotolia.com
Verticalità / 3: oltre il pollice opponibile

Homo Sedutus Automobilensis
Conquista e perdita della stazione eretta.

di Giulia Pepe

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C’è un paio di cose che l’uomo deve ringraziare. È grazie ad esse se è arrivato dove è arrivato. Insieme al pollice opponibile, forse la più importante è la verticalità. Intesa come posizione eretta. Insomma quella “cosuccia” che ci permette di non camminare a quattro zampe, di non strisciare, di non rotolare, ma ci tiene con i piedi - e solo quelli - per terra.
Quando i nostri antenati scesero dall’albero la cosa era tutt’altro che scontata. Perché complicarsi la vita sfidando la forza di gravità, la forza più potente dell’universo, che governa tutte le galassie? L’uomo è un animale irrazionale, ma non se si parla di evoluzione.

Partiamo dai fatti, o da qualcosa del genere, viste le tante prove, idee e credenze riguardanti il tema evoluzione. Milioni e milioni di anni fa - circa tre e mezzo - alcune scimmie decisero che era arrivato il momento di evolversi. Così i primi ominidi, detti Australopitecus Afarensis, provarono la posizione eretta e da allora, a differenza dei cugini pelosi, non l’hanno più abbandonata, nonostante non giovasse al loro sistema osseo, non progettato per stare su due zampe. Ma allora perché questa fissazione per la verticalità? In questa maniera, gli ominidi avevano le mani libere e potevano impiegarle in altri modi. Le scimmie scese dagli alberi se ne facevano ben poco del pollice opponibile visto che alla fine lo tenevano sempre a terra. Da quel momento in poi, invece, tutto cambiò.
La manualità non è l’unica eredità di questo passo evolutivo. Grazie alla stazione eretta gli ominidi potevano guardare davanti a loro e questo permetteva maggiori possibilità di difesa. Inoltre se la testa è posta sopra la colonna vertebrale può diventare più grande ospitando un encefalo più voluminoso. Insomma: dobbiamo ringraziare la verticalità se siamo dei cervelloni, chi più chi meno. A fare le spese dell’allontanamento dal suolo è stato invece l’olfatto. Questo senso nel corso degli anni ha smesso di essere così utile, quindi si è depotenziato. In compenso, largo alla vista, che è diventata il senso di punta.

Ma è a questo punto che le cose si fanno interessanti. I più romantici tendano le orecchie. Secondo una teoria evolutiva proposta dall’anatomista Owen Lovejoy, l’uomo ha scoperto l’amore proprio grazie alla sua voglia di stare su due gambe. Anche l’amore sarebbe dunque tra le cose per cui rendere grazie. A Lovejoy, il cui cognome significa letteralmente gioia d’amore, possiamo dare credito.
Come ha fatto il sentimento umano per eccellenza a nascere dalla verticalità? Per capirlo dobbiamo pensare ai nostri antenati. Esclusi alcuni esseri umani che ancora conservano qualche tratto bestiale, l’uomo si differenzia dagli altri mammiferi per la mancanza dell’estro. Che tradotto significa che non andiamo “in calore”. Di conseguenza la nostra stirpe partirebbe in svantaggio, perché l’evoluzione delle specie è garantita soprattutto dalla prolificità. Ma non solo da essa, altrimenti non si spiegherebbe perché l’uomo, che mette al mondo così pochi cuccioli, sia diventato il padrone del pianeta. Secondo Lovejoy, alcune ominidi, scimmie appena scese dagli alberi con una stazione eretta ancora traballante, non entravano in calore a causa di un difetto genetico. Di conseguenza non attiravano il maschio dominante “alfa” del branco che avrebbe dovuto fecondarle. Questo si rivelò essere la gioia degli altri maschietti del gruppo. Rendiamola semplice e scientificamente poco elegante: le ominidi femmine senza estro potevano accoppiarsi senza far ingelosire l’esemplare alfa con i maschi “beta” del branco, che durante il periodo fertile erano esclusi dalle pratiche riproduttive. Davano poi alla luce progenie con lo stesso corredo genetico. Ma i cuccioli partoriti da una mamma ominide espulsa dal branco non avrebbero avuto grandi possibilità di sopravvivenza se non fosse scattata la “scintilla”. Infatti, per permettere ai figli di crescere, i maschi che avevano fecondato le ominidi geneticamente modificate rimanevano con loro. E questa è la storia della monogamia.
Che cosa c’entra la verticalità con tutto questo? Gli ominidi, aiutati dalla nuova possibilità di usare le mani, si spostavano per procacciare il cibo; le donne restavano a casa con i pargoli. Grazie alla stazione eretta si svilupparono quindi le cure parentali. Senza la verticalità, quei piccoli, frutto di un evento straordinario, non sarebbero sopravvissuti. E i legami affettivi che ci caratterizzano non esisterebbero. Alla faccia di chi sostiene che a fare la Storia sono “i grandi”: la nostra evoluzione è dovuta a quei soggetti di “serie b”, che definiremmo “sfigati”.

Dopo millenni di trasformazioni, eccoci qui. Sulle nostre due zampe. Ma siamo sicuri che la verticalità sia ancora il tratto distintivo del genere umano? Superficialmente, si direbbe di sì: non gattoniamo né strisciamo. Bisogna però considerare per un momento la nostra giornata tipo. Esclusi i salutisti, gli sportivi e i fortunati che abitano accanto al luogo di lavoro, tutte le mattine l’Homo Erectus si trasforma in Homo Sedutus. In genere Homo Sedutus Automobilensis. E c’è chi ormai non può proprio più fare a meno dalla macchina. Un inventore cinese per andare incontro a questa esigenza ha progettato auto capaci di galleggiare: ovvero barche con la forma di automobili e tutte le comodità. E tra le vittime della dipendenza da automobile c’è anche il famoso attore britannico Hugh Grant, che in una recente intervista ha dichiarato che è il luogo migliore dove fare colazione.
Questa non è solo una mania da star. Secondo un’indagine di Cittalia (il centro studi dell’Anci, l’Associazione nazionale comuni italiani) un abitante della Capitale trascorre in media 74 minuti al giorno nel traffico cittadino. E la media nazionale si allontana di poco: 60 minuti trascorsi al volante. Nel corso dell’anno passiamo ben due settimane seduti in auto. Ma la cosa più preoccupante è che il 25 per cento degli automobilisti usa la macchina per fare meno di 10 chilometri. I risultati di una vita da Homo Sedutus sono lampanti. Un dato emblematico: secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, negli ultimi dieci anni gli obesi nei Paesi ricchi del mondo sono aumentati di valori compresi tra 10 e 40 per cento. L’oscar per l’aumento di popolazione in sovrappeso va alla Gran Bretagna. È tristemente chiaro che d’altro canto c’è una parte di mondo costretta a usare la verticalità il più possibile se non vuole morire di fame.

Purtroppo non sarà solo l’auto a privarci della nostra verticalità. Guardando i ritmi vorticosi con cui la tecnologia sta entrando nella nostra vita, non dovremmo stupirci se nel giro di pochi secoli la specie umana abbandonasse la sua posizione eretta. Basti pensare alle tante invenzioni volte a facilitare la vita e a renderla molto sedentaria. Il capogruppo è il telecomando. A seguire, le lampade che si spengono con il battito delle mani, lusso ormai non solo per ricchi. Sul terzo posto del podio troviamo il cellulare. L’uomo moderno non dovrà più fare un passo se avrà al suo fianco un telefono. Nelle case del futuro il cellulare potrà accendere il microonde, regolare il riscaldamento o ancora innaffiare le piante. Chi pensava che sarebbero stati i robot a svolgere le funzioni di routine forse sbagliava: il maggiordomo del XXI secolo sarà il cellulare.

Pensate che sia un’ idea strampalata? Forse, e magari anche un po’ catastrofista. Ma ispirati da questo modello di vita sedentario i creatori di Wall-E, cartone animato Disney più per adulti che per bambini (Oscar nel 2009), hanno provato a immaginare il nostro futuro. Ovviamente la Terra non sarà più abitabile perché sommersa dai rifiuti e i pochi uomini rimasti dovranno rifugiarsi su un’enorme navicella, che diventerà la loro casa. Dopo secoli di vita spaziale i suoi abitanti a stento si potranno definire umani. Uomini e donne obese, che vivranno le loro vite su personali lettini volanti, deputati a portarli ovunque. E ovviamente dove non arriveranno le braccia umane arriveranno quelle bioniche dei robot. Come si vede in un’altra scena del film, lo scheletro di questi ciccioni si ridurrà nel giro di alcune generazioni perché inutilizzato.
Certo, questa è fantascienza, per di più in cartone animato. Però bisognerebbe riflettere su un fatto: la fantascienza non è pura fantasia. Parte da dati reali, della moderna società per “teletrasportarli” in un futuro lontano. Wall-E è un cartone animato, ma chissà che non nasconda una mezza verità. Vivremo in un mondo in cui non si toccherà più terra? Saremo uomini ciccioni incapaci di fare un passo? Chi può dirlo... Certo è che con tutto quello che ci ha dato, la verticalità meriterebbe un po’ più di rispetto.

Giulia Pepe studia Lettere moderne all’università Statale di Milano. Collabora con il quotidiano Il Giorno e con il periodico Il Diario del Nordmilano, occupandosi soprattutto di eventi culturali e sociali

     
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