Il periodico
Dopo una laboriosa (e avventurosa) preparazione, a ottobre 2009 esce il
numero zero di www.possibilia.eu periodico online per curiosi. Una realizzazione
che riflette l'orizzonte libero e senza preconcetti della nostra linea editoriale.
Da subito, un gruppo di autori aderisce al progetto, alcuni dei quali formano
il nucleo redazionale più stabile.
Possibilia si non si propone di fare informazione in senso stretto: tante
altre testate più veloci e attrezzate ricoprono già questo ruolo. La nostra
rivista desidera offrire ai suoi lettori contenuti insoliti, dando diritto
di cittadinanza a temi o chiavi di lettura spesso trascurati o snobbati.
Un periodico generalista a 360 gradi? Solo in parte. Possibilia non funziona
per compartimenti tematici, ma per modalità di approccio alla materia. Accoglie
così una sezione per Dilettarsi, una per Pensare e una per Sorridere. Si
aggiungono una sezione di News - la sezione “d'attualità” della testata
- e una sezione destinata ai Pubbliredazionali, con lo scrupolo di mantenere
eticamente distinti contenuti commerciali e redazionali, valorizzando così
entrambi.
Con la nuova versione della rivista, inaugurata nel 2012, abbiamo deciso
di aggiungere una sezione (le Rubrilie) dedicata alle nostre passioni: il
vino, il rugby e il viaggio.
Contatta la redazione: redazione@possibilia.eu
I libri
Nel 2010, gli esiti incoraggianti della rivista e il desiderio di ampliare
il progetto editoriale dànno vita alla parte cartacea della nostra attività.
Vai a www.possibiliaeditore.eu |
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illustrazione di Laura
Zannoni |
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Costume/3: meglio
un nodo al collo che un petto villoso Il
mio cappio preferito La cravatta
è un simbolo di subordinazione.
Prima o poi, tutti i maschietti stanno sotto qualcosa o qualcuno.
di Giulia Pepe |
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La cravatta sta all’uomo come i tacchi alla donna. E questo potrebbe
dirla lunga su come va il mondo. Le donne sentono il bisogno di elevarsi.
Gli uomini? Di mettersi un cappio al collo, un collare. Perché a pensarci
bene la cravatta non è altro che questo: un simbolo di subordinazione.
Al proprio capo, alla compagna, alla situazione: prima o poi, nella
vita tutti i maschietti saranno sotto qualcuno o qualcosa. Sarà forse
per questo che il loro petto villoso si sente in diritto di sbucare
fuori ogni volta gli si lasci un minimo di libertà. Lodato sia, allora,
quello che ha inventato gli ultimi due bottoncini della camicia. E
gli aspiranti playboy che pensano di affermare la loro virilità lasciando
intravedere il petto dovrebbero iniziare a considerare che se ci sono
quei due oggettini, ci sarà anche un motivo. Perché va bene che l’uomo
ha da puzza’, ma se si considera questa indicazione come stile
di vita piuttosto che come giustificazione alla rozzezza, è meglio.
Insomma, la cravatta vince sui peli. E da questo indumento a volte
non si può proprio scappare. «Con un abito da sera e una cravatta
bianca chiunque, anche un agente di cambio, può far credere di essere
una persona civile», sentenziò Oscar Wilde. A distanza di oltre un
secolo, l’aforisma cade ancora a pennello. Se però il dandy per eccellenza
non riesce a convincervi, irriducibili del “no cravatta”, iniziate
almeno a pensare che su molte donne questo accessorio e l’annessa
idea di subordinazione esercitano un certo fascino. Un po’ come gli
uomini amano le bionde ma sposano le more, così le donne cedono al
sex appeal del bruto ma poi mettono su famiglia con l’uomo incravattato.
Se non altro a Natale sapranno sempre che cosa regalare ai loro mariti.
Già, perché con la cravatta si va sul sicuro. In linea di massima
non ci sono cravatte brutte (stiamo parlando di linee classiche: se
il vostro partner è un bancario è inutile regalare una cravatta con
le carotine o le macchinine), al massimo esistono cravatte non abbinabili.
Superata l’impasse, scegliendo colori che si intonano con i vestiti
dell’interessato, il gioco è fatto. Alla fine anche Julia Roberts
in Pretty Woman ne regalava una al suo Richard Gere, accogliendolo
a casa con addosso solo quella. Il modo di consegna potrebbe essere
un po’ diverso se, care signore, non siete delle più audaci ma, non
negheranno i signori, potrebbe essere un fattore per gradire di più
il presente. Data così, la cravatta potrebbe davvero rendere migliore
la giornata di un uomo.
Ma entriamo nella mistica di questo oggetto. Come si scopre dal sito
internet di un noto negozio d’abbigliamento lombardo, purtroppo o
per fortuna ormai si può fare psicologia con qualsiasi cosa, e la
cravatta non scappa al meccanismo. Se il verde rilassa, il blu denota
scarsa fantasia, se il nero destabilizza chi vi sta di fonte perché
significa che non volete aprirvi al mondo, i modelli conversational
(quelli sconsigliati ai bancari) possono aiutarvi a conquistare e
rompere il ghiaccio. Ma badate: con la cravatta giusta si può anche
evitare l’incidente diplomatico. Vade retro rosso se volete sperare
nella fiducia di una donna: la cravatta vermiglia manifesta il vostro
carattere di impenitente playboy. Insomma, il maschio con la cravatta
rossa è una truffa: è quello con il petto villoso che non vede l’ora
di uscire, ma incravattato. Certo: i peccatori perché non sanno quello
che fanno. Ma siamo nell’era internet: se non vi fidate del vostro
gusto potete sempre chiedere ad amici virtuali che dal web vi daranno
in ogni caso una risposta sincera, sicuramente più di vostra moglie
che ha ben altro a cui pensare. E niente panico se il vostro cruccio
è il nodo: anche in questo caso la rete diventa la vostra migliore
amica, con video che vi seguono passo dopo passo.
Niente scuse, insomma: questa cravatta s’ha da mettere. Anche perché
gli uomini di buon senso dovrebbero considerare che le donne, bruciando
il reggiseno, non sono arrivate dove volevano. Ci si lasci almeno
la soddisfazione di vedere l’uomo con un cappio al collo. Soddisfazione
che aumenta soprattutto quando fa caldo. Sarà forse per vendetta allora
che ci sposa in estate? Giulia Pepe
studia Lettere moderne all’università Statale di Milano. Collabora
con il quotidiano Il Giorno e con il periodico Il Diario del Nordmilano,
occupandosi soprattutto di eventi culturali e sociali
Laura Zannoni è illustratrice professionista. Si è laureata all’Accademia
di Belle Arti di Brera e ha pubblicato in rivista e monografie (Mondadori,
Edizioni La Traccia, Piscopo Editore e Valentina Edizioni). È autrice
di libri per bambini e di una serie di storie per l’infanzia dedicate
alle paure dei piccoli. www.laurazannoni. eu |
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