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Il periodico
Dopo una laboriosa (e avventurosa) preparazione, a ottobre 2009 esce il numero zero di www.possibilia.eu periodico online per curiosi. Una realizzazione che riflette l'orizzonte libero e senza preconcetti della nostra linea editoriale.
Da subito, un gruppo di autori aderisce al progetto, alcuni dei quali formano il nucleo redazionale più stabile.
Possibilia si non si propone di fare informazione in senso stretto: tante altre testate più veloci e attrezzate ricoprono già questo ruolo. La nostra rivista desidera offrire ai suoi lettori contenuti insoliti, dando diritto di cittadinanza a temi o chiavi di lettura spesso trascurati o snobbati. Un periodico generalista a 360 gradi? Solo in parte. Possibilia non funziona per compartimenti tematici, ma per modalità di approccio alla materia. Accoglie così una sezione per Dilettarsi, una per Pensare e una per Sorridere. Si aggiungono una sezione di News - la sezione “d'attualità” della testata - e una sezione destinata ai Pubbliredazionali, con lo scrupolo di mantenere eticamente distinti contenuti commerciali e redazionali, valorizzando così entrambi.
Con la nuova versione della rivista, inaugurata nel 2012, abbiamo deciso di aggiungere una sezione (le Rubrilie) dedicata alle nostre passioni: il vino, il rugby e il viaggio.

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I libri
Nel 2010, gli esiti incoraggianti della rivista e il desiderio di ampliare il progetto editoriale dànno vita alla parte cartacea della nostra attività.
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foto di Ferdinando Baron
Benelux 3: il futuro del Belgio affidato al cioccolato

Lui, lei e... Bruxelles
180 anni di matrimonio (quasi) impossibile.

di Ferdinando Baron

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Prologo - Aeroporto di Charleroi, in attesa dell’aereo per l’Italia. Sfogliando la rivista edita dalla società di gestione dello scalo, colpisce una pubblicità: “Fai affari con la Vallonia”. E poco dopo: “Visita la Vallonia”. Un modo delicato per avvisare che, anche se i prodotti dentro la tua borsa riportano in etichetta una minuscola bandiera nera, gialla e rossa e la scritta “Prodotto del Belgio”, in realtà non sei in Belgio. Ma in Vallonia. Precisazione importante, perché i belgi non esistono. Ci sono i Fiamminghi e i Valloni. Belgi, come ebbe a sottolineare un consigliere del re, 40 anni fa, sono cose, non persone: sono birre, prodotti di pasticceria, treni. E forse proprio questa materialità del concetto di “Belgio” ha impedito, finora, la scissione di un Paese con due anime che convivono a fatica.

C’eravamo tanto amati? - Bruxelles, cena di gala per gli ospiti italiani della Camera di commercio fiamminga. Un commensale, membro dello staff della camera stessa, suggerisce di ordinare una birra: la Kwack. “E’ buffa, ha un bicchiere particolare. Quando la versi, fa proprio questo rumore, quack! Come le oche della Vallonia. Non è buona come le birre fiamminghe, ma per voi stranieri è divertente”. Segue risata di chi ha capito. Il federalismo in Belgio, si attua così: Fiamminghi e Valloni si sopportano e si detestano. Ognuno ha la sua lingua, la sua tradizione, la sua bandiera. Li conosci da cinque minuti e subito sottolineano le differenze. Però, almeno ufficialmente, sono una coppia sposata da più di 180 anni. Me li immagino in camera da letto, la sera...

Interno notte - Lui sbotta: «Basta, non ti sopporto più. Sono stufo di mantenerti!». Secondo i nazionalisti fiamminghi ogni anno, finiscono il Vallonia da 5 a 12 milioni di euro di aiuti economici.
«Ah sì? La mettiamo così? Devo ricordarti che se non fosse per me tu staresti ancora a casa della mamma in Olanda? E come pensi di aver ottenuto la promozione europea? Con le tue forze? Se sei tanto brillante, perché non te ne vai?» Le Fiandre, dove si parla una varietà di olandese, erano parte dei Paesi Bassi. Diventati insieme alla Vallonia tra fine Settecento e i primi anni dell’Ottocento teatro di guerra tra le potenze europee, decisero di unirsi per dare vita a uno stato “cuscinetto” che ponesse fine alle lotte tra Francia, Inghilterra e Austria sul continente. Il Belgio ospita le strutture più importanti dell’Unione Europea.
«Lo farò di certo, un giorno, non ti preoccupare! e porterò via nostra figlia Bruxelles».
«Eh no, mia figlia rimane con me!» Bruxelles, la capitale del Belgio, è diventata una delle città più visitate d’Europa per affari, grazie alla presenza della burocrazia dell’Unione Europea.
Questa la famiglia Belgio. Probabilmente, un loro amico li consiglierebbe di rivolgersi a un buon avvocato divorzista. Ma l’amico fisicamente più vicino, anzi ospite, l’Unione Europea, non ha intenzione di spingere il Belgio a scomparire dalle cartine geografiche. Almeno non subito.

Un cioccolatino vi salverà - Il Belgio, dunque, non è una nazione come la Francia o la Germania. E se questa sua caratteristica, alla nascita, era una possibilità di crescita (e lo è stata), quasi due secoli più tardi si sta trasformando in un vincolo. L’unità del Paese, per ora, è garantita dai cioccolatini e dalle beghe della politica che non riesce a trovare un accordo, né sulla riforma federale, né sulla definitiva divisione. Truffes, praline, napolitains sembrano in grado di tenere insieme Fiamminghi e Valloni più di tutto il resto. Il perché è presto detto. Lo spiega, ad esempio, un commerciante del centro di Bruxelles: «Chiunque, fuori dai confini del Belgio, conosce e soprattutto apprezza il cioccolato belga. Se si trasformasse in cioccolato fiammingo o vallone, avrebbe lo stesso successo commerciale?» Non è semplicemente un problema di nome, ma un sinonimo di bontà e qualità che si associa all’aggettivo belga.
Il mercato del cioccolato vale moltissimo: i produttori belgi esportano in più di 150 Paesi del mondo: solo il mercato tedesco vale 3 miliardi di euro, mentre una singola casa produttrice vanta, nel suo sito Internet, di poter contare su oltre 2mila punti vendita globali. Ancora, sono 50mila le tonnellate di cioccolato prodotte in Belgio: Fiamminghi e Valloni ne consumano 7 chili a testa l’anno, come Inglesi e Svizzeri. I sudditi di Sua Maestà Britannica paiono molto sensibili al cioccolato belga. «Se fosse sostituito dalle praline fiamminghe o vallone ­ prosegue il venditore ­ gli Inglesi che non conoscono queste sottigliezze, si sposterebbero sul cioccolato svizzero, che almeno conoscono».
La capitale ne è una dimostrazione: le uniche bandiere del Belgio che si possono vedere in città sono appese agli edifici pubblici o stampate sulle vetrine dei negozi delle ditte di cioccolato, per attirare i turisti stranieri.

foto di Ferdinando Baron

Una città per due - Se quel che resta dell’unità è dunque appeso a una barretta, sul resto la coppia scoppia. Con una “figlia” di mezzo. Come spesso accade tra i possibili separandi, chi finisce in mezzo alla lite sono i pargoli. Il bimbo, o meglio la bimba in questione si chiama Bruxelles. La capitale federale. Una città storicamente fiamminga, ma francesizzata dall’amministrazione statale. Oggi solo il 10% degli abitanti parla fiammingo. Ma quello che rende Bruxelles città contesa da Fiamminghi e Valloni, in realtà, è la presenza dell’Unione Europea e delle sue strutture. Una cena con la comunità italiana spiega molti arcani. «Ci sono almeno 10mila impiegati diretti tra Commissione Europea, Parlamento e altri uffici. Cui si aggiungono i dipendenti delle ambasciate dei Paesi che intessono relazioni con l’Unione, i politici che affollano l’Europarlamento (la sede è a Strasburgo, ma si riunisce anche qui) e soprattutto i lobbisti», spiega uno dei commensali, che lavora da anni nel “quartiere europeo”. Lauti stipendi dell’euroburocrazia a parte, la vera ricchezza a Bruxelles la portano soprattutto i lobbisti, che rappresentano una folta fauna. Nella capitale devono dormire, mangiare, spostarsi. «Agganciano i colletti bianchi che si nascondono negli uffici dei commissari europei (quelli che propongono i regolamenti che si applicano in tutta Europa) nella speranza di convincerli ad adottare determinati standard piuttosto che altri», racconta il nostro interlocutore. Una decisione presa da Bruxelles significa milioni di euro per alcune aziende e perdite colossali per altre. Un esempio? La Germania ha dovuto accettare, sul proprio suolo, la vendita di birre che non rispettano la Legge della Purezza germanica, in nome della parità di condizioni tra produttori dell’Unione. Il mercato tedesco della birra si è aperto agli “stranieri”. E così, le imprese non teutoniche hanno potuto crescere. Ma gli esempi sarebbero centinaia.
La realtà pratica è che includere Bruxelles nel proprio territorio significa contare su una città di un milione di abitanti, la cui forza economica sta nelle relazioni internazionali. Non a caso, gli Eurostar la collegano con Parigi e Londra. La linea aerea Roma-Bruxelles è una delle più trafficate e appetite dalle compagnie aeree.
Tornando alla nostra coppia, nemmeno “l’amico” Unione Europea è stato a guardare. «Anche se non in maniera ufficiale, la Ue vedrebbe con favore un affido della città: Bruxelles città-Stato, un po’ come Washington D.C., sotto l’amministrazione diretta dell’Europa», spiega il bene informato che lavora dentro i palazzi dell’Euro. Insomma, come accade in tante case, anche a Casa Belgio i problemi non mancano: e non basta un cioccolatino per addolcire gli animi.

Ferdinando Baron, giornalista professionista dal 2003, cronista e narratore, è corrispondente del Corriere della Sera per il Nordmilano

     
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