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VINO Trento
Doc, la ricerca di un'identità Carrellata
di assaggi tra sorprese, dubbi e alcune perplessità.
di Giorgio Fogliani |
gennaio 2015
La recente degustazione dedicata al Trento Doc tenuta all’hotel
Westin Palace di Milano e promossa da Ais Milano mi ha dato vari
spunti. Si è rivelata importante per il numero delle aziende
presenti (21), di una denominazione che sta conoscendo una stagione
felice in un’Italia che sempre di più guarda al metodo
classico.
Sono andato a fare qualche assaggio, nella speranza di farmi un’idea
un po’ più solida e ho degustato i vini di una decina
di produttori.
L’istituto Trentodoc rivendica un’identità montana
(“bollicine di montagna”, si legge sulla homepage www.trentodoc.com),
anche se l’area di produzione è molto eterogenea e
le altitudini variano, grosso modo, dai 194 mslm di Trento agli
851 di Grumes. Difficile, di conseguenza, pensare a un’omogeneità
dal punto di vista del clima e dei suoli.
Come è noto, la denominazione è dedicata agli spumanti
metodo classico bianchi e rosati, prodotti a partire dai vitigni
chardonnay, pinot nero, pinot bianco e pinot meunier (questi ultimi
due autorizzati, ma che non ho trovato nei miei assaggi), con una
netta prevalenza dello chardonnay. La permanenza minima sui lieviti
è di 15 mesi, ma il chiaro indirizzo di molti produttori
e dell’Istituto stesso – lo si legge spesso sui loro
siti – è di prolungare il tempo della sosta.
Quest’ultima tendenza è risultata evidente anche dalle
cuvée che la maggior parte dei produttori ha scelto di presentare
a Milano. Sorprendentemente, in molti casi erano assenti i vini
“base” – brut sans année o millesimi
recenti – a fronte di una certa quantità di “riserve”,
esito di diversi anni sur lies.
Un’altra tipologia in cui mi sono imbattuto molte volte è
quella dei pas dosé, che negli ultimi anni sembrano
riscontrare un crescente favore presso pubblico e critica, e cui
i produttori trentini sembrano tenere molto: un tipo di prodotto
che da eccezione sembra si stia trasformando in regola e che, più
del brut, richiede(rebbe) uve assolutamente impeccabili e una lavorazione
estremamente accurata. L’assenza di zuccheri nel dosaggio
restituisce al vino le sue caratteristiche organolettiche peculiari,
mettendole a nudo. Nel bene come nel male.
Sono uscito dalla degustazione con sensazioni ambivalenti: se alcune
bottiglie degustate si sono rivelate davvero interessanti, molte
altre mi sono sembrate non abbastanza equilibrate: acidità
mordenti, effervescenze eccessive, chiusure di bocca “pesanti”,
a volte tendenti all’amaro, l’impressione di affinamenti
e dosaggi non sempre padroneggiati alla perfezione e un’idea
generale di scarsa precisione, per non dire, in qualche caso, poca
finezza. A farne le spese è, prima di tutto, la bevibilità.
In qualche caso ho apprezzato maggiormente le cuvée
meno elaborate, quasi che affinamenti e lunghe soste sui lieviti
stancassero i vini anziché renderli più eleganti.
Le sboccature piuttosto recenti (pochi mesi) non mi hanno aiutato
a coglierne l’espressione migliore.
Non mi hanno convinto, in linea generale, i rosé, peraltro
presentati da quasi tutti i produttori, ottenuti il più delle
volte da assemblaggi in cui domina nettamente il vitigno a bacca
bianca; non mi hanno conquistato né il colore, né
la struttura, né il profilo aromatico, per una complessiva
mancanza di personalità.
Né, infine, sono riuscito a individuare davvero la specificità,
la cifra espressiva di un terroir, anche perché parlare con
i produttori di esposizioni, climi e terreni non è stato
sempre facile, complice probabilmente il format dell’evento.
Ecco alcuni dei migliori trento doc degustati:
Moser
“51,151”
90% chardonnay, 10% pinot nero, 3 anni sui lieviti, dosato a 5,5
g/l
Naso sull’uva e gli agrumi, elegante e semplice; acidità
spiccata e prolungata per un vino di complessiva buona bevibilità.
Il 20% del vin clair è affinato in legno, a conferire
probabilmente una certa finezza, ma senza appesantire.
Pedrotti
Brut 2009
90% chardonnay, 10% pinot nero
Bel naso sulla mela matura, entra in bocca in modo molto piacevole
grazie anche a un perlage fine; bella sapidità ma chiusura
leggermente condizionata da un po’ di pesantezza. Resta comunque
uno spumante goloso.
Pas dosé riserva 2007
90% chardonnay, 10% pinot nero
Naso più espressivo del precedente, più fine e più
complesso, arricchito da sentori iodati e rocciosi. In bocca ci
sono un po’ meno freschezza e una sapidità più
percettibile e persistente. Di indubbio carattere, perde un po’
in equilibrio ed è più uno spumante da pasto che da
aperitivo.
Maso Martis
Pas dosé 2009
70% chardonnay, 30% pinot nero
Naso di buona eleganza e profondità, sulla frutta matura,
bianca ma arricchita da un tocco di frutti rossi e da note più
evolute; la bocca è giocata sulla sapidità, con un
buon equilibrio e un bel finale.
Opera vitivinicola in Valdicembra
Brut 2009 e Brut Nature 2009
100% chardonnay
Profilo decisamente diverso da quello degli altri produttori degustati;
siamo in Val di Cembra, a 600 mslm, su terreni di porfido e calcare
con un’ottima escursione termica. La freschezza, la pulizia
e la “semplicità” dei profumi risaltano immediatamente:
non si percepisce, come altrove, la ricerca ossessiva di una complessità
che finisce per risultare artificiosa, ma un’espressione più
pura, di frutta fresca e di fiori, con un tocco tropicale nel Nature.
In bocca sono freschi, equilibrati e hanno un tocco elegante e “leggero”,
senza per questo perdere persistenza. Le basi sono vinificate in
solo acciaio e i vini non hanno svolto la malolattica.
Abate nero
Brut
100% chardonnay
Naso ricco di pesca e albicocca mature con un tocco tropicale, bella
espressione di chardonnay; in bocca ha morbidezza ed equilibrio,
e un finale elegante.
Fratelli Pisoni
Nature 2009
100% chardonnay
Naso semplice ma fine e abbastanza goloso, sull’albicocca
e l’uva. Buona bevibilità, articolata su una notevole
freschezza e una chiusura elegante. Non altrettanto preciso mi è
parso il Brut.
Altri vini degustati non mi hanno convinto del tutto; o perché
scomposti e poco eleganti, come accennato, o semplicemente perché
troppo simili gli uni agli altri e dunque di modesta personalità:
Pedrotti rosé 2010 (75% chardonnay,
25% pinot nero)
Maso Martis brut rosé 2010 (100% pinot
nero)
Maso Martis riserva 2007 (70% pinot nero, 30%
chardonnay – in barrique)
Letrari riserva (60% chardonnay, 40% pinot
nero)
Fondazione Edmund Mach Riserva del Fondatore 2009
(60% chardonnay – in barrique –, 40% pinot nero)
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