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Il periodico
Dopo una laboriosa (e avventurosa) preparazione, a ottobre 2009 esce il numero zero di www.possibilia.eu periodico online per curiosi. Una realizzazione che riflette l'orizzonte libero e senza preconcetti della nostra linea editoriale.
Da subito, un gruppo di autori aderisce al progetto, alcuni dei quali formano il nucleo redazionale più stabile.
Possibilia si non si propone di fare informazione in senso stretto: tante altre testate più veloci e attrezzate ricoprono già questo ruolo. La nostra rivista desidera offrire ai suoi lettori contenuti insoliti, dando diritto di cittadinanza a temi o chiavi di lettura spesso trascurati o snobbati. Un periodico generalista a 360 gradi? Solo in parte. Possibilia non funziona per compartimenti tematici, ma per modalità di approccio alla materia. Accoglie così una sezione per Dilettarsi, una per Pensare e una per Sorridere. Si aggiungono una sezione di News - la sezione “d'attualità” della testata - e una sezione destinata ai Pubbliredazionali, con lo scrupolo di mantenere eticamente distinti contenuti commerciali e redazionali, valorizzando così entrambi.
Con la nuova versione della rivista, inaugurata nel 2012, abbiamo deciso di aggiungere una sezione (le Rubrilie) dedicata alle nostre passioni: il vino, il rugby e il viaggio.

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I libri
Nel 2010, gli esiti incoraggianti della rivista e il desiderio di ampliare il progetto editoriale dànno vita alla parte cartacea della nostra attività.
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VINO

“Ombra coraggiosa”
Il vino “naturale” sbarca a Mestre, racconti e assaggi dalla prima edizione.

testi e foto di Giorgio Fogliani



ottobre 2014

Portare nell’entroterra veneziano, e in particolare a Mestre, un vino nuovo, diverso, buono. Una pazza idea, l’avrebbe detta qualcuno, tanto per restare in tema di venezianità.
Perché siamo in un posto particolare, che non è ancora o non è più Venezia: non ci sono i flussi di turisti, di consumo e di denaro, anche se mancano solo cinque chilometri, anche se c’è già l’acqua; un amico mi racconta che ogni tanto arriva fin qui in barchino, proprio da Venezia, e la gente della terraferma lo guarda un po’ incuriosita, non ci è abituata. “Qui” siamo a Forte Marghera, un bel parco in mezzo al verde, un tempo baluardo militare, abbandonato per anni e da qualche tempo, finalmente, luogo di incontro per grigliate del sabato sera e pic-nic domenicali. Siamo subito dopo Mestre, dove inizia l’Oriente, l’ha detto Rumiz: «A Mestre si cambia, si trasloca in un altro tempo e in un altro spazio.» Ecco, tra Patty Pravo e Paolo Rumiz, le suggestioni ci sono tutte.
Ma il vino, dicevamo: Ombra coraggiosa (l’ombra da queste parti è il bicchiere di vino, appunto, e state sicuri che ognuno ve ne darà un’etimologia diversa) è il nome della due giorni organizzata da Mattia Tabacco, Olga Plop e Jacopo Nardi, studenti rispettivamente di scienze gastronomiche, lingue e comunicazione per il business ed enologia. I tre avevano in mente di ricompattare cittadinanza e mondo della ristorazione locale attorno a un’idea di vino “autentico”, prodotto di “vinificazioni non intensive e uva proveniente da vigneti allevati in modo non convenzionale; produttori che lavorano sul regime del biologico e del biodinamico.” Ce l’hanno fatta, con l’aiuto di diciotto volontari, molti dei quali studenti all’università di Pollenzo, quattro distributori (Meteri, Les Caves de Pyrène, Assiria e la neonata Vite) e quattro ristoratori locali che hanno regalato ai visitatori pasti rapidi, tradizionali ma gourmet.
I produttori presenti, alla fine, erano più di quaranta, i vini in degustazione centosessantotto e i visitatori hanno toccato le ottocentocinquanta unità.
I temi ai banchi di degustazione sono quelli consueti: la solforosa, la tradizione, il terroir, la “naturalità” (che per me ha sempre le virgolette), in un dibattito che non manca di retorica ma che in fondo fa bene.
E alla fine il pubblico apprezza e gli organizzatori sono entusiasti – come a dire che, una volta di più, ricominciare dalla provincia è la scelta giusta.

Scegliere i vini da citare e stendere dei commenti non è facile. Alcuni sono così sontuosi che sono, per me, fuori categoria, e mi limiterò a brevi cenni prima delle note degustative vere e proprie:
- i vini di Casa Caterina, tutti: il Brut Sec-Demi ha una golosità mostruosa, la Cuvée 60 è affidabile, equilibrata ed elegante, l’Estro sta piano piano armonizzando le sue componenti più irregolari… e tenetevi pronti per uno chardonnay che parlerà borgognone, presto in bottiglia;
- i vini di Fasoli Gino – anche qui, tutti: i due senza solfiti (B ed R, garganega e corvina) come esempio di pulizia e facilità di beva abbinate a una grande matericità, i bianchi come esercizio di stile su quante cose si possono fare con la garganega, i rossi come esercizio di stile su quante se ne possono fare con l’appassimento. E a proposito di appassimento, c’è un nuovo nato nella linea top dell’azienda, il Valpo, un ripasso che sembra un amarone in miniatura;
- la verticale di barolo proposta da Borgogno, una vera chicca: barolo 2009 Liste e poi le riserve 2007, 2006, 2003, 1998 e 1993. Difficile commentarli tutti e arduo anche sceglierne uno: io metterei in cantina il 2007 e berrei il 1998, ma fate voi.

Eccoci quindi alle note di degustazione, con i bicchieri per me più sorprendenti e qualche caveat obbligatorio: sono assaggi fatti una tantum, sul posto, con non sufficiente calma e con sole carta e penna. Le informazioni che leggerete sono quelle attinte dalle rapide conversazioni con produttori o rappresentanti: laddove ho potuto le ho confrontate e completate su fonti più ufficiali, ma se dovessero esserci imprecisioni spero saranno perdonabili.

Az. Agr. Gueli
Questa piccola azienda (10 ha) della provincia di Agrigento lavora solo con il nero d’Avola, distinguendo due terroir diversi: Calcareus viene da un territorio calcareo, per l’appunto, sito in alta collina. La barrique (anzi, il “caratello da 220 litri”) non è un tabù, per fortuna, perché per queti due vini è una scelta indovinata e per nulla invadente. Zero solfiti aggiunti, pulizia impeccabile.
Distribuzione Meteri

Calcareus, Sicilia IGT 2009, nero d’Avola
Colore scarico ed elegante, naso sul vegetale e sulle erbe aromatiche che prelude a un’entrata in bocca morbida ma immediatamente corredata da belle durezze: ottima freschezza, bella tannicità e una gran chiusura minerale.

Erbatino, Sicilia IGT 2009, nero d’Avola
A cambiare, come detto, è il terroir, che qui è gessoso e sulfureo, più vicino al mare. Frutta nera, più matura e preponderante rispetto al vegetale di Calcareus; una nota smaltata e un tannino più levigato ma ancora ben vivo. Un vino forse più immediato ma non meno interessante.

La Grapperie, Renaud Guettier
Il domaine si estende nell’AOC Coteaux du Loir; certificato biologico (ECOCERT), sceglie di lavorare con vigne dall’età media avanzata (settant’anni, con quasi 2 ha di vigne centenarie!) per valorizzare al meglio le caratteristiche del terroir; i vitigni sono lo chenin (con interpretazioni sorprendenti) e il pineau d’aunis, vitigno rosso antico, raro, rivalutato.

Adonis, pineau d’Aunis 2011
Diciotto mesi di affinamento in legno grande e zero solfiti aggiunti per un vino tutto sfumature e delicatezza: colore tenue, naso varietale “crudo”, sulle erbe medicinali e il rabarbaro, in bocca prevale la freschezza, con un tannino non eccessivamente ruvido e una buona chiusura. Da tenere ben presente.

L’enchanteresse, pineau d’Aunis 2009
È il fratello maggiore di Adonis, e non solo per questioni anagrafiche (30 mesi di affinamento e vigne più vecchie: 110 anni!): ne rappresenta l’evoluzione quanto a profondità, struttura e armonizzazione delle componenti, senza tuttavia perderne i tratti distintivi: aromaticitià, freschezza ed eleganza. Zero solfiti aggiunti.

Le Pressoir de Saint Pierre 2011
Legno vecchio per questo chenin secco, dal bel naso sull’asparago, la pietra focaia, la nocciola e con qualche sentore leggermente evoluto. Bocca morbida, piena, finale sapido e lungo. Zero solfiti aggiunti.

Les dorées 2010
Botritizzazione leggera e non invadente (non ricercata, ma ben accetto capriccio dell’annata) per uno chenin che resta tuttavia secco; naso con leggeri sentori di muffa nobile, estremamente complesso ed elegante, con piacevoli sentori di erbe fresche; bocca piena, polposo e persistente.

La désirée 2008
Interpretazione da vin jaune per un risultato sorprendente, di personalità ma anche di equilibrio: agrumi, erbe aromatiche e frutta secca al naso, acidità strepitosa, che sbalordisce in un vino di sei anni; struttura e persistenza emozionanti.

Pialli, Barbarano Vicentino
Tre rossi di alta scuola per Alessandro Pialli, l’artista del tai rosso (che da quelle parti molti anche dopo il 2007 continuano a chiamare “tocai”): un giovane 2013, entrée de gamme, e due 2010, uno dei quali ottenuto con leggero appassimento. L’annata gioca qui un ruolo determinante: fresca la 2013, calda la 2010, che regala, anche nel vino senza appassimento, grande alcol (15%) e concentrazione. A me entusiasma la versione fresca, poco concentrata e più sottile, che incontra alla perfezione un certo gusto contemporaneo e, mi sembra, rende maggiormente giustizia al vitigno e ai suoi parenti iberici, sardi e francesi. Scopro però, chiacchierando con Alessandro, che lo stile tradizionale era proprio quello di macerazione, struttura e lungo affinamneto, e non quello, per così dire, “pinotteggiante”, forse per motivi di conservazione o, chissà, per bilanciare le caratteristiche lievi del tai.

Rosso Calbin, tai rosso DOC Colli Berici 2013
Vigna di quarant’anni esposta a est, sette giorni di macerazione, rese basse (50 q/ha) e sei mesi di rovere e ciliegio per un vino dal naso finissimo in cui fiori ed erbe aromatiche predominano su un frutto delicato. Il colore, e non solo lui, procura allucinazioni borgognone. La bocca è prima di tutto fresca, freschissima, e il tannino è ben presente, ma queste durezze sono ben equilibrate da un corpo medio e da una certa morbidezza. Da bere subito (l’abbinamento di territorio è quello col baccalà alla vicentina, ma ci si può sbizzarrire) o da aspettare qualche anno.

Cìo Bacaro, tai rosso / barbarano DOC Colli Berici 2010
diciotto mesi di rovere (tonneau) e un vigneto più esposto danno un vino più profondo e maturo, molto morbido e parecchio alcolico, con un tannino di razza.

Gregorio, barbarano DOC Colli Berici 2010
Il tempo di affinamento in tonneau sale a tre anni e si ha qui un appassimento fino a metà novembre delle uve; ne esce un vino meravigliosamente ricco, profondo, complesso, in cui morbidezza e tannicità dialogano alla perfezione. L’alcol resta importante, e qualche anno può fare solo bene a questa bottiglia.

Cantina Morone
Piccola azienda (4 ha, 20.000 bottiglie) del borgo sannita di Guardia Sanframondi. Tre bianchi molto piacevoli (due falanghine e un fiano), ma anche due buoni rossi (un pedirosso e un sangiovese), tutti ottenuti da singoli vigneti e tutti vinificati in acciaio.

Mariposa, fiano DOP 2012
Naso di buona tipicità, frutta e fieno; grande rotondità e piacevolezza, un vino equilibrato e pronto.

Monaci, Benevento falanghina IGP 2012
Frutta e fiori al naso, interessante soprattutto la bocca, molto fresca in entrata, con struttura, alcolicità, buon allungo e piacevole finale sapido.

Albanora, falanghina del Sannio DOP 2012
È il bianco di punta dell’azienda, uve selezionate e rese basse; un naso freddo, quasi nordico, fiori bianchi e un bel frutto a polpa gialla; in bocca si apre e si rivela in tutta la sua ricchezza, l’alcolicità è meglio dosata che in Monaci e ben sostenuta da un gran finale sapido.

Domaine de la Pépière, Sèvre-et-Maine
Domaine Sèvre-et-Maine, AOC muscadet 2013

Suoli granitici per questo bel muscadet, molto corretto e piacevole, senza pretese eccessive (neanche nel prezzo). Quantità ridotte di solforosa solo all’imbottigliamento. Al naso sentori caseari e di frutta fresca, molto croccante. Bocca fresca, corpo medio e buona sapidità.
Distribuzione Vite.

Domaine Labet, Jura
Fleur de Savagnin, Côtes du Jura 2012

Un entusiasmante savagnin ottenuto da vigne di quarant’anni situate a 300 m slm e vinificato alla borgognona; naso molto ricco di pesca e nocciola, agrumi e sentori lattici; in bocca è pieno, quasi grasso, ma per nulla pesante; sorprende per freschezza, sapidità e persistenza. Imperdibile.
Distribuzione Vite.

Muxagat, Douro
Tinta Barroca, Douro DOC 2013

Nel Douro settentrionale, su un altopiano di granito (700 m slm) l’azienda Muxagat produce, tra gli altri, un vino semplice e immediato, tutto giocato su un frutto goloso e piacevolmente croccante. In bocca è estremamente piacevole, grazie a una grande freschezza e facilità di beva: un vin de soif in stile beaujolais.
Distribuzione Vite.

Éric Texier, Rodano nord
Brézème, AOC Côtes du Rhône 2012

Uve intere, fermentazione in cemento e affinamento di 14-18 mesi in demi-muids per una syrah superba: naso scuro, cupo – amarena e frutti rossi – arricchito da note vegetali, speziate e di terra (quasi polvere); bocca elegante, fresca e tannica.
Distribuzione Vite.

Domaine du Trapadis, Rodano sud
Les Adres, AOC Rasteau 2010

80% di grenache noir con saldo di carignan e mourvedre per un rosso mediterraneo, frutto di alberelli molto vecchi, diraspato e affinato in cemento (90%) e legno (10%) per venti mesi. Naso complesso, fine e intrigante, sulle spezie (pepe nero), con note balsamiche e terrose; in bocca è un vino pieno, intenso, dal tannino vibrante e dalla buona alcolicità.
Distribuzione Vite.

Azienda agricola Erbaluna, La Morra
L’azienda produce diverse etichette tra barbera, dolcetto, barolo e nebbiolo vinificati in purezza, più un rosso di barbera e dolcetto, quest’ultimo senza aggiunta di solfiti (un po’ ne risente in pulizia, ma resta bevibilissimo); sono perlopiù vini immediati, anche nel prezzo, che è un’ottima notizia, giocati sull’intensità e la potenza.

Barolo 2009
Un pizzico di riduzione iniziale si dissipa ben presto per lasciar spazio a un naso deciso: viola in evidenza e una speziatura leggermente dolce: in bocca c’è buona intensità, quasi irruenza e il tannino è ancora arrembante, ma di razza, va atteso con fiducia.

Menzione a parte, con applausi di incoraggiamento e gratitudine, per i vini made in Venice dell’associazione “Laguna nel bicchiere – le vigne ritrovate”. Sono volontari e appassionati che hanno salvato gli ultimi vigneti rimasti sull’isola, dalla Giudecca agli Scalzi, e li lavorano con tenacia e dedizione.
I vini, peraltro non in commercio, garantiscono emozioni forti: sono rustici e salsi, a volte davvero piacevoli, altre decisamente scomposti. Ma avanzare critiche tecniche vuol dire non averne davvero capito la natura: “I difetti son perfetti!”, si indignerebbe Mauro Lorenzon, e avrebbe ragione.


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