Il periodico
Dopo una laboriosa (e avventurosa) preparazione, a ottobre 2009 esce il
numero zero di www.possibilia.eu periodico online per curiosi. Una realizzazione
che riflette l'orizzonte libero e senza preconcetti della nostra linea editoriale.
Da subito, un gruppo di autori aderisce al progetto, alcuni dei quali formano
il nucleo redazionale più stabile.
Possibilia si non si propone di fare informazione in senso stretto: tante
altre testate più veloci e attrezzate ricoprono già questo ruolo. La nostra
rivista desidera offrire ai suoi lettori contenuti insoliti, dando diritto
di cittadinanza a temi o chiavi di lettura spesso trascurati o snobbati.
Un periodico generalista a 360 gradi? Solo in parte. Possibilia non funziona
per compartimenti tematici, ma per modalità di approccio alla materia. Accoglie
così una sezione per Dilettarsi, una per Pensare e una per Sorridere. Si
aggiungono una sezione di News - la sezione “d'attualità” della testata
- e una sezione destinata ai Pubbliredazionali, con lo scrupolo di mantenere
eticamente distinti contenuti commerciali e redazionali, valorizzando così
entrambi.
Con la nuova versione della rivista, inaugurata nel 2012, abbiamo deciso
di aggiungere una sezione (le Rubrilie) dedicata alle nostre passioni: il
vino, il rugby e il viaggio.
Contatta la redazione: redazione@possibilia.eu
I libri
Nel 2010, gli esiti incoraggianti della rivista e il desiderio di ampliare
il progetto editoriale dànno vita alla parte cartacea della nostra attività.
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LUOGHI L'appetito
torna Aromando... Ebbene sì:
ci siamo cascati di nuovo. E il Bistrot milanese ci ha regalato
nuove conferme. Bene, bravi, tris. di
Giorgio Fogliani |
settembre 2014
Con delle premesse così incoraggianti, mi sono detto che da Aromando
Bistrot dovevo proprio andarci: l'articolo di Samuel Cogliati mi aveva
incuriosito. Allora ci sono andato, e mi sono trovato benissimo: un'esperienza
appagante, rilassante, decisamente apollinea.
Sarà il décor: si fa presto a dire design anni Cinquanta
(o Sessanta), qui dentro c'è un po' di tutto - Nordeuropa, Londra,
Italia del boom. Un tutto in perfetto equilibrio, che ha trovato la
sua quadratura fatta di spazi larghi ma non vuoti e di varietà di
oggetti, stili e forme, senza confusione.
Il menu presentato all'interno di vecchie riviste di cucina sarà anche
un po' una strizzatina d'occhio, ma mi ha divertito, e ancora di più
mi convince il tentativo di superare la classica declinazione antipasto-primo-secondo,
in una forma olistica che si limita a proporre i piatti, tutt'al più
riconducibili a uno schema entrée-plat, ma lasciando al cliente
la piena libertà di interpretare e comporre. (Più postmoderno di così...)
La cucina di Cristina Aromando guarda un po' alla Francia (il burro
salato per accompagnare il pane, la scaloppa di foie gras, i volatili)
e un po' al Mediterraneo (il polpo, il calamaro, la parmigiana, lo
yogurt greco). A me sembra - ma ho più indizi che prove, quindi cautela
d'obbligo - che si vada meglio sulla carne che sul pesce: gli spaghetti
con aglio prezzemolo e ricci di mare sono corretti ma li avrei voluti
più audaci, mentre la lingua di vitello da latte, crema di piselli
e pinoli tostati è un piatto da antologia, come pure il piccione alla
chartreuse verde (petto scottato lato pelle + coscetta al forno +
samosa con la carne restante + una tazzina di consommé),
entrambe le carni di rara e preziosa tenerezza. Ma la proposta è davvero
varia: faraona con finocchi e arance, trancio di ricciola, carni rosse
succulente.
Il servizio è cortese, attento, mai affettato. Se è vero che può capitare
di ravvisare qualche indecisione tra cucina e sala, o tra sala e cantina,
ci si può però anche imbattere in piacevoli sorprese, come vedersi
arrivare un assaggio di comté prima del dessert, oppure, tra una portata
e l'altra, degli gnocchi di patate al burro di nocciole, scalogno
(un po' troppo al dente, per la verità) e caviale - un piatto che,
perfezionato, potrà regalare emozioni. Interessanti i dolci, sempre
preceduti da deliziosa piccola pasticceria da forno, con proposta
di vini in abbinamento: io sono andato sul classico e sul goloso con
una mousse di cioccolato fondente e coulis di frutti rossi.
La carta dei vini è un bel libro, rilegato a spirale senza tanti orpelli
e pieno di bei riferimenti, tutti, lo si intuisce, molto personali:
Savio Bina ha un occhio attento alla Francia e ai migliori tra i produttori
biologici e biodinamici; prezzi a volte alti ma onesti e con qualche
chicca più che abbordabile (il Dolcetto di Dogliani San Fereolo 2003
a 27 euro, per esempio) e, soprattutto, una proposta al bicchiere
che dà piena soddisfazione (vedi i rossi di Dettori e Barraco). Per
intenderci, il confronto con certi ristoranti stellati che propongono
una carta vini su tablet, ma etichette poche e scontate, è impietoso.
Ma il vero motivo per andare e per tornare al Bistrot, addirittura
per farne un punto di riferimento nella variegata offerta milanese,
è una sensazione di armonia che si coglie pressoché subito, una volta
entrati: la percezione di trovarsi in un ristorante con una personalità
ben definita, originale, ma soprattutto perfettamente a proprio agio,
che non comunica intellettualismo, provocatorietà o vezzi di alcun
genere, ma solo un'idea di ristorazione precisa, solida, buona.
Scrivici: redazione@possibilia.eu |
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