Il periodico
Dopo una laboriosa (e avventurosa) preparazione, a ottobre 2009 esce il
numero zero di www.possibilia.eu periodico online per curiosi. Una realizzazione
che riflette l'orizzonte libero e senza preconcetti della nostra linea editoriale.
Da subito, un gruppo di autori aderisce al progetto, alcuni dei quali formano
il nucleo redazionale più stabile.
Possibilia si non si propone di fare informazione in senso stretto: tante
altre testate più veloci e attrezzate ricoprono già questo ruolo. La nostra
rivista desidera offrire ai suoi lettori contenuti insoliti, dando diritto
di cittadinanza a temi o chiavi di lettura spesso trascurati o snobbati.
Un periodico generalista a 360 gradi? Solo in parte. Possibilia non funziona
per compartimenti tematici, ma per modalità di approccio alla materia. Accoglie
così una sezione per Dilettarsi, una per Pensare e una per Sorridere. Si
aggiungono una sezione di News - la sezione “d'attualità” della testata
- e una sezione destinata ai Pubbliredazionali, con lo scrupolo di mantenere
eticamente distinti contenuti commerciali e redazionali, valorizzando così
entrambi.
Con la nuova versione della rivista, inaugurata nel 2012, abbiamo deciso
di aggiungere una sezione (le Rubrilie) dedicata alle nostre passioni: il
vino, il rugby e il viaggio.
Contatta la redazione: redazione@possibilia.eu
I libri
Nel 2010, gli esiti incoraggianti della rivista e il desiderio di ampliare
il progetto editoriale dànno vita alla parte cartacea della nostra attività.
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I pubbliredazionali
di Possibilia: il “Tabarro” a Parma Benvenuti
a casa di Diego Mescita e
dispensa, posto di ristoro: riflessi irlandesi e nostalgie di
osterie di una volta in uno dei locali più veraci d’Italia.
informazione commerciale |
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Negli ultimi quindici anni, in Italia enoteche e wine bar si sono
moltiplicati. È come se qualche decina di etichette di successo, una
manciata di calici dalle forme vistose, un tagliere di salumi e magari
un diploma da sommelier in bella vista bastassero a fare una vineria.
Il còmpito di un enotecario è ben più complesso: occorrono passione,
competenza, dedizione e conviviale professionalità.
Parma è un luogo speciale per aprire un’enoteca. Questa florida città
è legata a una certa idea della tradizione, ma al tempo stesso sa
essere esigente e vuole restare al passo con i tempi. I parmigiani
- guai a chiamarli parmensi! la provincia è altra cosa... -
non sono emiliani come gli altri. Quella “erre moscia” nelle loro
caricature non è una semplice licenza artistica, ma una saporita sintesi
di caloroso provincialismo (screziato di repubblicanesimo) e di una
raffinatezza aristocratica che affonda le radici nel Ducato farnesiano,
borbonico e asburgico.
Nel cuore pulsante di Parma, a cinquanta metri da piazza Garibaldi
- dove troneggiano il settecentesco palazzo del Governatore, con il
suo orologio, la statua “intabarrata” (ma in realtà è un poncho
da libertador) dell’Eroe dei Due Mondi e il municipio rinascimentale
- si trova il “Tabarro”. Basta imboccare strada Farini, vena commerciale
del centro, per scorgere sulla destra l’unica vetrina di una delle
enoteche più veraci e interessanti d’Italia. Il “Tabarro” si definisce
Mescita e dispensa - Posto di ristoro, denominazione che va
ben oltre un semplice vezzo di marketing. Al contrario, la solida
raffinatezza dell’oste, Diego Sorba - stazza arrotondata da ex-seconda
linea di rugby che ha attaccato molto presto le scarpette al chiodo,
causa preferenza del terzo tempo alle fatiche degli ottanta minuti
-, riflette il nome retrò del locale, che a sua volta calza al titolare
come se gliel’avessero cucito addosso.
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Nel passato di Diego, alcuni anni in terra irlandese, solo apparentemente
incoerenti con un’enoteca in Emilia. È proprio a Galway, in faccia
all’oceano, che il futuro titolare del “Tabarro” inizia a coltivare
la passione per i formaggi. Lavora per degli affinatori di altissima
competenza, venendo a stretto contatto con le migliori produzioni
artigianali britanniche e francesi. Al rientro in patria, le preziose
eredità “atlantiche” (tra cui uno stage presso la “Woodcock
Smokery”, pluripremiata officina di affumicati di pesce di cui attualmente
Diego è importatore stagionale) si innestano sulla conoscenza diretta
della grande tradizione norcina del Parmense e sulla ricerca delle
rarità casearie alpine e appenniniche. Soprattutto, si consolidano
nel costante lavoro di scouting di particolari nicchie enologiche,
vicine o più lontane.
All’inizio dell’inverno 2005 Diego Sorba apre la sua nobile osteria
contemporanea in un edificio storico della Parma natia. Stretto e
allungato, articolato su tre piani, il “Tabarro” è disposto seguendo
il bancone, elemento centrale di un arredamento dal netto richiamo
nordeuropeo: legno, marmo e rame le cifre caratteristiche di un locale
dallo stile informale ma accurato. Lungo il piano terra, pochi “strapuntini”
con mensola, per appoggiare il calice. Al primo piano, due salette
con qualche tavolo per una sistemazione conviviale e graziosa. Al
piano interrato, la “contea” di O’Sorba, con qualche migliaio di bottiglie
(per qualche centinaio di referenze) coricate al fresco delle volte
trecentesche.
Il vino, ecco la prima missione del “Tabarro”. La scelta enologica
e la lavagna con numerose proposte al calice non sono il frutto dei
suggerimenti interessati di questo o quel rappresentante, ma il risultato
di una ricerca continua di prodotti autentici, cui Diego si dedica
di persona. Attirato dalle denominazioni sconosciute, orientato sui
vini originali e con un gusto particolare per quelli detti “naturali”,
l’oste scova periodicamente piccole perle nazionali e transalpine,
senza dimenticare Paesi meno noti ma altrettanto interessanti, come
la Grecia, la Germania, l’Austria o l’Ungheria. Dai nebbioli dell’Alto
Piemonte a un sorprendente spumante metodo classico pas dosé
pugliese, dagli autoctoni del Carso sloveno alle appellation
minori della Borgogna, il “Tabarro” offre una selezione di sostanza,
senza concessioni ai trend della critica o a facilonerie commerciali.
E poi champagne di talentuosi récoltant manipulant, senza dimenticare
i vini a rifermentazione naturale in bottiglia, capisaldi dell’orgogliosa
tradizione parmense, anche se ormai perle sempre più rare nel dilagare
incontrollato di fantomatici vini blateranti “territorio” che in realtà
non vanno oltre lo sfruttamento pubblicitario delle “glorie” locali...
Naturalmente, non mancano le birre artigianali: Irlande oblige,
sebbene il Mastro Birraio Giovanni Campari, talento assoluto nel panorama
dei microbirrifici italiani, sia un caro amico parmigiano dell’oste,
e produca la sua ale, una pils, tre stout e tanto
altro di molto buono ancora in una piccola frazione della Bassa.
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In Strada Farini 5/b non si viene solo per degustare. Chi sa bere
giudiziosamente, sa anche che il vino va accompagnato con vivande
degne e generose. Dai proverbiali salumi dolci di Parma il crudo
di tre anni tagliato al coltello, il lardo, la pancetta, passando
per i ciccioli e i salami caserecci ai plateau di formaggi italiani,
francesi e talvolta britannici: da questo Posto di ristoro non si
(ri)esce mai delusi. Ma se la stagione lo permette, il patron
offre ai commensali anche avvincenti prodotti del mare, come ostriche
bretoni o gustosi e raffinati pesci sotto sale. Nei giorni festivi,
in funzione della disponibilità del mercato e dell’ispirazione di
un locale dove tutto pare ispirato, si trova anche un piatto caldo
come la fumighéda, prosciutto con osso cotto, affumicato e
“fondente”, ripassato al forno in una morbida crosta di pane, oppure
una ben odorante zuppa di cipolle, o ancora una mariola (sorta
di maxi-cotechino, per semplificare).
La mescita “Tabarro” non è mero, irrefrenabile peccato di gola. Qui
si impara anche qualcosa. Non semplice autodidattica, attraverso assaggi
sempre interessanti, ma anche un programma più o meno regolare di
incontri, degustazioni guidate, assaggi a tema. Non si tratta di una
scuola né di una scelta dettata da correnti di critica enogastronomica,
associazioni o interessi commerciali. Al contrario, assieme ai produttori
di fiducia e d’elezione Diego invita regolarmente alcuni dei più autorevoli
esponenti del giornalismo e della critica enoica nazionale e non,
perché raccontino in libertà ad avventori e amici la loro esperienza
e la loro visione del mondo bacchico. In un confronto sempre aperto.
Dal barolo ai grandi vini bianchi macerati sulle bucce, da “Monsieur
Pinot” ai riesling di Reno e Mosella, il programma del “Tabarro” offre
puntualmente un motivo in più per far tappa nel cuore pulsante di
Parma, avvolti in questa meritevole succursale del piacere di vivere. |
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