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Il periodico
Dopo una laboriosa (e avventurosa) preparazione, a ottobre 2009 esce il numero zero di www.possibilia.eu periodico online per curiosi. Una realizzazione che riflette l'orizzonte libero e senza preconcetti della nostra linea editoriale.
Da subito, un gruppo di autori aderisce al progetto, alcuni dei quali formano il nucleo redazionale più stabile.
Possibilia si non si propone di fare informazione in senso stretto: tante altre testate più veloci e attrezzate ricoprono già questo ruolo. La nostra rivista desidera offrire ai suoi lettori contenuti insoliti, dando diritto di cittadinanza a temi o chiavi di lettura spesso trascurati o snobbati. Un periodico generalista a 360 gradi? Solo in parte. Possibilia non funziona per compartimenti tematici, ma per modalità di approccio alla materia. Accoglie così una sezione per Dilettarsi, una per Pensare e una per Sorridere. Si aggiungono una sezione di News - la sezione “d'attualità” della testata - e una sezione destinata ai Pubbliredazionali, con lo scrupolo di mantenere eticamente distinti contenuti commerciali e redazionali, valorizzando così entrambi.
Con la nuova versione della rivista, inaugurata nel 2012, abbiamo deciso di aggiungere una sezione (le Rubrilie) dedicata alle nostre passioni: il vino, il rugby e il viaggio.

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I libri
Nel 2010, gli esiti incoraggianti della rivista e il desiderio di ampliare il progetto editoriale dànno vita alla parte cartacea della nostra attività.
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foto di Andrea Pacifici
Ponti / 2: a cavallo tra Germania e Polonia

Quel ponte sul fiume Confine
Görlitz e Zgorzelec: unite e divise dalla Storia, dalla guerra e da un corso d’acqua fredda.

di Lucia Del Chiaro

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Ci sono alcuni confini che hanno segnato la Storia del Novecento. Uno di questi è tra la Germania e la Polonia.
E ci sono momenti in cui questi confini cadono, e si possono attraversare, come si attraversa un ponte pedonale per andare da una parte all’altra della stessa città.

Görlitz si chiama anche Zgorzelec ma potremmo anche dire che è Zgorzelec a chiamarsi Görlitz, a seconda della parte del ponte pedonale dove si poggiano i piedi.
Da entrambe le parti si vede lo stesso fiume, la Neiße, che insieme all’Oder traccia la divisione fra Germania e Polonia sul sussidiario delle elementari e sulle cartine.
La linea Oder - Neiße fu decisa a Potsdam, nel 1945, all’indomani della tragedia, e alla presenza dei vincitori. Non taglia solo Görlitz/Zgorzelec, ma anche, lungo il suo percorso, Küstrin-Kietz/Kostrzyn nad Odrà; Frankfurt (Oder)/SÞubice; Guben/Gubin; Forst/Zasieki; Bad Muskau/¸´knica. Sono tante le città divise nel mondo, in Italia ce ne è una, Gorizia/Nova Gorica, ma ce ne sono anche in altri Stati, come Kansas City in America, divisa fra Kansas e Missouri, o, più profondamente, Nicosia, a Cipro.

foto di Andrea Pacifici

Görlitz/Zgorzelec pare più divisa di altre. Non sembra una città divisa da una linea tirata a tavolino alla cieca, Görlitz/Zgorzelec appare piuttosto la congiunzione di propaggini di due mondi diversi e lontanissimi, capitati sulle sponde diverse dello stesso fiume solo per un accidente della Storia e divisi non solo da un confine ma da secoli di Storia non condivisa.
Görlitz è fin troppo tedesca, con le case barocche, i vecchi con gli spolverini color pastello e le tazze enormi di cappuccino alle tre del pomeriggio. Si arriva al centro da una stazione in via di restauro, dopo aver percorso da Dresda la campagna tedesca profonda. Il percorso in treno non lascia indifferente.
Alla partenza, alla stazione di Dresden Neustadt, una lapide ricorda: «Nel periodo nazista la stazione merci Dresden-Neustadt è stata il punto di partenza o di sosta per molte deportazioni di ebrei, uomini, donne e bambini. Nell’ottobre 1938 è iniziata qui la deportazione in Polonia di 724 ebrei di Dresda. Con i treni della ferrovia tedesca tra il 1942 e il 1944 è stata effettuata gran parte dei trasporti verso il campo di concentramento di Riga e di Theresienstadt, verso il campo di sterminio di Auschwitz- Birkenau e verso altri campi di concentramento».

Il treno per Görlitz continua, su per la campagna, entra in Polonia, arriva a WrocÞaw GÞówny, poi Trzebinia poi, dopo molti altri nomi misteriosi pieni di consonanti, di pioggia e di neve, arriva a Auschwitz Birkenau, che in polacco si dice Brzezinka. Sono passati decenni da allora, ma il paesaggio sembra ancora ricordare, sembra mantenere un lutto perenne, fatto di alberi e di campi che non sorridono mai.

Fuori dalla stazione si percorre Berliner Strasse, una strada larga, segnata dal tram e da palazzi diroccati che attendono le speculazioni che a Dresda sono già arrivate ma che nell’estremo est della Germania tardano ancora. Berliner Strasse porta alla piazza della Posta, immancabile in ogni città del nord Europa.


Da lì si prende Obermarkt per raggiungere il cuore del centro storico, racchiuso fra il “nuovo municipio”, la Peterskirche e la grande meridiana astronomica che segna il passaggio del sole e dei pianeti da sopra il cielo di Görlitz.

Dal retro della Peterskirche si vede il ponte pedonale che porta a Zgorzelec, la città dall’altra parte del mondo, fatta di cemento armato scrostato, parabole alle finestre rotte e macchine dalle marmitte troppo vecchie per essere vere. Perfino le facce sono diverse da quelle che si incontrano pochi metri prima: uomini alti, biondi e con la riga da un lato, che ricordano il luogo comune che li dipinge, baffi improbabili, un misto di WojtyÞa e di WaÞ´sa, una raffigurazione di polacchi da cartolina, esattamente come ce li potremmo immaginare.
Si vedono due cose diverse, a seconda di quale lato del fiume si guarda.
Con i piedi a Görlitz si vede Zgorzelec, si vede la povertà, si vedono le bandiere polacche rosse e bianche, qualche ristorante stuccato in mezzo al grigio del cemento. Con i piedi a Zgorzelec si vede Görlitz, i locali, la cattedrale, si sente la musica dai bar, si vedono le bandiere “nero-rosso-oro” della BRD, i tedeschi dai capelli bianchi, le loro macchine enormi.
Zgorzelec non pare un bel posto dove vivere - non che Görlitz lo sia - ma la differenza stride in modo impressionante da una parte all’altra della Neiße. In mezzo, però, un ponte.

Lucia Del Chiaro, biologa di formazione, lavora in un’azienda farmaceutica e per lavoro gira il mondo

     
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