Il periodico
Dopo una laboriosa (e avventurosa) preparazione, a ottobre 2009 esce il
numero zero di www.possibilia.eu periodico online per curiosi. Una realizzazione
che riflette l'orizzonte libero e senza preconcetti della nostra linea editoriale.
Da subito, un gruppo di autori aderisce al progetto, alcuni dei quali formano
il nucleo redazionale più stabile.
Possibilia si non si propone di fare informazione in senso stretto: tante
altre testate più veloci e attrezzate ricoprono già questo ruolo. La nostra
rivista desidera offrire ai suoi lettori contenuti insoliti, dando diritto
di cittadinanza a temi o chiavi di lettura spesso trascurati o snobbati.
Un periodico generalista a 360 gradi? Solo in parte. Possibilia non funziona
per compartimenti tematici, ma per modalità di approccio alla materia. Accoglie
così una sezione per Dilettarsi, una per Pensare e una per Sorridere. Si
aggiungono una sezione di News - la sezione “d'attualità” della testata
- e una sezione destinata ai Pubbliredazionali, con lo scrupolo di mantenere
eticamente distinti contenuti commerciali e redazionali, valorizzando così
entrambi.
Con la nuova versione della rivista, inaugurata nel 2012, abbiamo deciso
di aggiungere una sezione (le Rubrilie) dedicata alle nostre passioni: il
vino, il rugby e il viaggio.
Contatta la redazione: redazione@possibilia.eu
I libri
Nel 2010, gli esiti incoraggianti della rivista e il desiderio di ampliare
il progetto editoriale dànno vita alla parte cartacea della nostra attività.
Vai a www.possibiliaeditore.eu |
|
|
|
L'intervista
Il servitore della musica Nicola
Luisotti, direttore d'orchestra tra Napoli e San Francisco,
si racconta. di Dania Ceragioli
e Ludovica Scaletti, foto di Luciano Romano |
Il direttore d'orchestra sta sul podio non per insegnare
o comandare, ma per servire l'arte e nonostante impugni una bacchetta,
non esiste se non in sintonia con l'orchestra, il coro e tutto il
resto del teatro. Si vede così il maestro Nicola Luisotti, nato a
Viareggio nel 1961, direttore musicale del teatro San Carlo di Napoli
e dell'Opera di San Francisco. La musica lo ha accompagnato fin da
piccolo, quando suonava l'organo nella chiesa di Torre del Lago, lui
bambino talentuoso figlio di una casalinga e di un falegname. Oggi
si divide tra gli Stati Uniti e Napoli, accompagnato dalla moglie
Rita, una “musa ispiratrice”, che lo ha sempre sostenuto e consigliato
nella sua lunga carriera. Un uomo di mondo che però resta legato alle
sue origini, lì in quella terra, tra Viareggio e Lucca, dove nacque
e visse Puccini. Un genio un po' dimenticato, a cui non è ancora stato
dedicato un vero e proprio teatro d'Opera. Vederlo nascere è il sogno
di Luisotti, che nel frattempo ha già individuato il posto adatto,
l'ex manifattura di Lucca. Una realtà «che ha dato lavoro ai lucchesi
- dice - tornerebbe così ad essere luogo d'economia».
Come si è avvicinato alla musica? «Alla musica non ci
si avvicina, perché è la musica ad avvicinarsi. Se hai un talento
naturale, quando sei bambino non te ne accorgi, lei ti cerca e vuoi
suonare uno strumento, non sai perché, ma lo vuoi fare. Io - ne parlavo
l'altro giorno con mio padre - ho iniziato a 9 anni. Avevo compiuto
gli anni il 26 novembre e lui a gennaio mi regalò un tastierino e
lì cominciò la mia avventura da musicista. La musica ti cerca, sei
come un prete che si sente chiamare. Mia madre era casalinga, mio
padre falegname, il talento che avevo era inspiegabile, ho guardato
altri suonare e ho suonato. Mio padre si chiese il perché e ricordo
che al mio paese tutti pensarono: se lo fa lui, lo farà anche mio
figlio. Io credo che ci si possa fare una cultura musicale, ma se
non hai un talento non puoi fare il musicista. Io, come tanti altri
miei colleghi, ho avuto fortuna e sono nato musicista. Ora lo devo
sopportare però anche gli altri mi devono sopportare (ride ndr)».
L'ambiente in cui hai vissuto ha influito nella sua scelta?
«Credo proprio di sì. Quando avevo 12 anni per un breve periodo fui
l'organista della chiesa di Torre del Lago e una domenica alla fine
della messa suonai la Toccata e fuga in RE min di Bach - arrivavo
a malapena con i piedi a toccare i pedali - e vennero delle persone
a vedere chi suonava. Uno si presentò come il Direttore d'Orchestra
Alberto Paoletti e mi disse: "Sto dirigendo la Butterfly qui a Torre
del Lago e mi piacerebbe che venissi alla prima per sentire un'opera".
Andai con i miei genitori in prima fila, mi fecero conoscere i cantanti,
l'orchestra, entrai nei camerini. Mi impressionò molto il clima, le
trombe che suonavano forte, ero molto impressionato naturalmente perché
nessuno mi aveva educato alla serata. Da lì è iniziato il mio rapporto
con l'opera, anche se non l'amai da subito, ma cominciai a farlo dopo
i vent'anni. Allora mi sembrava un po' noiosa, mi sembrava che urlassero,
non capivo le parole. Mano a mano che sono entrato dentro i testi,
i libretti, le storie, mi sono appassionato e ho visto nell'opera
un'espressione d'arte come la intendevano i greci».
|
|
|
|
Quindi bisogna essere educati all'opera per poterla apprezzare?
«Bisogna andarci, perché purtroppo oggi abbiamo un mezzo, la tv, che
distrugge qualunque cosa dal vivo in modo quasi irreparabile. Per
quanto possa essere utile rappresentare in tv, è sbagliato. Quando
lo vedi sullo schermo è distante, i suoni sono uguali, mentre dal
vivo si sentono gli odori, il rumore dei passi, le voci che cantano
davvero. La musica del vivo è una grande esperienza».
Il direttore è una figura solitaria rispetto al resto dell'orchestra.
Che rapporto c'è con i musicisti? «Mi pongo come un collega
dei musicisti. Secondo me bisogna salire sul podio e poi scendere
per poter comunicare. Ogni musicista si sente un grande artista, sente
di aver rinunciato a qualcosa di se stesso per un ideale. Nel momento
in cui qualcuno glielo fa dimenticare e lo fa diventare un operaio
della musica, un tecnico, è finita. Il direttore con il suo carisma
deve infondere agli altri il desiderio di suonare, di cantare, di
far musica. Deve succedere qualcosa, non è quello che fa personalmente,
ma quello che induce a fare. È un servitore. Se comanda è finita:
ha tutto il potere, ma non lo deve usare. È il più piccolo di tutti».
C'è un teatro a cui è legato particolarmente? «A volte
noto che quando vado in un teatro - mi sposto tra New York, Tokyo,
S. Francisco, Londra, Milano, Berlino, Pechino, Madrid, Roma, Parigi
- mi sembra di aver viaggiato un sacco ma di essere sempre nello stesso
posto. Alla fine il teatro è un'isola. Mi rendo conto che le reazioni
del teatro sono molto simili. Il teatro con me reagisce in un modo,
porto con me un mondo che ritrovo ogni volta che torno su un palcoscenico,
che sia a Londra, S. Francisco o Napoli il mondo si ripete, pur cambiando
le persone». C'è una sostanziale differenza tra dirigere
ed eseguire, o di fatto è la stessa cosa? «Dirigere cosa
significa? Mi sono posto tante volte questa domanda. C'è una differenza
tra dirigere e insegnare: i direttori che credono di essere insegnanti,
professione nobilissima, hanno infatti sbagliato mestiere. Sul podio
si va a dirigere, cioè si ha di fronte un centinaio di persone di
talento che hanno già superato delle prove importanti. Perciò non
hanno bisogno di un altro insegnante, ma di una persona carismatica
che tiri fuori il meglio da loro, magari un po' annoiati, un po' stanchi
perché la stagione è stata lunga e suonano otto ore al giorno».
Ci vuole un po' d'improvvisazione? «Sì. Inoltre il direttore
dirige in anticipo e ascolta in ritardo. È molto complicato, non so
come si faccia a impararlo (qui non gli crediamo, ndr). Quando
ero giovane pensavo fosse più facile, vedevo uno con la bacchetta…».
|
|
|
|
Cosa ascolta nel tempo libero un direttore d'orchestra?
«A dir la verità nel tempo libero non ascolto musica, perché quando
ho davvero del tempo libero mi piace suonare. Se ascolto, lo faccio
perché devo, per capire come altri hanno pensato lo stesso brano.
Solo quando sono in macchina a S. Francisco ho una stazione radio
di musica classica che ascolto qualunque cosa passino. E ogni tanto
ascolto del musical, anche se mi piace di più vederlo in teatro. Perché
in macchina dopo un po' che sento sbattere la batteria mi disturba,
non sopporto il ritmo esatto. Il cuore non ha un ritmo esatto, mentre
chissà perché la musica pop e rock tendono sempre a marcare un ritmo
che non è proprio del nostro corpo. La musica classica ha il dono
di riprenderli tutti questi ritmi». Per tutta l'intervista,
a fianco di Luisotti, silenziosa ma partecipe, è rimasta seduta Rita,
la moglie. La chiacchierata ci ha portato a parlare anche di lei e
del loro rapporto. Lui ha abbandonato gli studi
per un lungo periodo e poi, dopo averla incontrata ha ripreso a fare
musica. Come ha contribuito alla sua crescita professionale?
«L'ho spinto moltissimo. A volte quando lui me lo ricorda non ci credo,
ma mi dice: guarda che questo me lo hai consigliato tu… avevo 20 anni…
L'ho anche sottovalutato questo ruolo, perché per me era naturale,
ma lui me l'ha riconosciuto tantissimo. Forse c'è ancora qualcosa
di scritto sugli spartiti che gli regalavo. Nicola mi chiedeva: "Ma
ci credi che diventerò un direttore importante?" e io gli rispondevo
di sì. E lui: "Ma tipo da dirigere la Tosca al Metropolitan?". "Ma
certo" gli rispondevo. Ero convinta che bisognasse puntare al massimo.
E l'ha fatto. E una delle più grandi emozioni è stato vederlo a New
York al Metropolitan alla prima della Tosca. Ho sentito un qualcosa
di realizzato: il debutto di un'opera di Puccini, era un sogno. Ho
rivisto tutta la nostra vita, da due ragazzetti di campagna, che non
avevano niente, cresciuti insieme, arrivati lì da soli. Lui con il
talento e io con la pazienza». Qui interviene Luisotti. «Quando
iniziai a studiare, l'idea che avevo era di prendere il quinto anno
di pianoforte e di andare a insegnare alle medie, lo scopo della mia
vita era questo. Non avevo in mente che avrei fatto il direttore d'orchestra.
Non aspiravo a farlo, anzi per un momento volevo fare il compositore.
Ma al conservatorio mi chiedevano sempre di dirigere e mi riusciva
facilmente». La sua storia dimostra che solo con
il talento e lo studio si può arrivare in alto. «Di certo
non devo ringraziare nessun politico. Devo però ringraziare musicisti,
direttori artistici e sovrintendenti e amici che hanno avuto fiducia
in me, come il pubblico che mi ha amato e permesso di fare questa
carriera. Perché per fare questo tipo di carriera bisogna sacrificarsi
tantissimo, c'è solo la musica e tutto il resto è un contorno. Se
hai una donna speciale accanto lo puoi fare. Ci vuole qualcuno che
condivida gli stessi valori. Da solo non potrei farlo». Luisotti
non nasconde un amore particolare per il Requiem di Verdi, un'opera
che considera fondamentale e quasi necessaria. «Porterei
tutti i ragazzi delle scuole medie o delle superiori a sentire il
Requiem di Verdi, è un'esperienza importante da fare. Come vedere
un vulcano in eruzione, non vederlo da lontano, ma starci sopra. Nel
1874 venne suonato nella chiesa di S. Marco a Milano per commemorare
la morte di Manzoni. Lo stesso anno debuttò alla Scala e ci furono
delle scene di delirio tali che dovettero far arrivare le camicie
di forza. Come con i Beatles, scene di isteria. Non c'erano cinema
e tv, quella era l'unica occasione per sentire la musica».
Parliamo di Napoli. Dopo l'incendio alla Città della Scienza,
i crolli di Pompei, come vede il futuro della cultura in questa città?
«Io spero che si possa dire che la cultura dovrà essere un grosso
investimento e sarà un grosso investimento. La volontà da parte dell'amministrazione
c'è. Luigi de Magistris e Rosanna Purchia sono convinti che il San
Carlo, l'arte e la cultura possano salvare la gente. Tutto quello
che è arte salverà la gente. Certo non la salveranno le riunioni private
con le ragazzine, non la salveranno le speculazioni, questo non salverà
nessuno, ma sarà stato soltanto qualcosa di comodo per pochi eletti.
Ma la cultura e la musica sono per tutti, sono una cosa veramente
democratica, non bisogna essere ricchi per amare la musica, bisogna
essere vivi». E per renderla più accessibile cosa
occorre fare? «Bisogna farla. Più si fa e più si diventa
ricchi. Perché la gente acquista fiducia, esce, vuole vedere, è curiosa
e anche il turismo aumenta».
Scrivici: redazione@possibilia.eu
|
|
|
|
|