Il periodico
Dopo una laboriosa (e avventurosa) preparazione, a ottobre 2009 esce il
numero zero di www.possibilia.eu periodico online per curiosi. Una realizzazione
che riflette l'orizzonte libero e senza preconcetti della nostra linea editoriale.
Da subito, un gruppo di autori aderisce al progetto, alcuni dei quali formano
il nucleo redazionale più stabile.
Possibilia si non si propone di fare informazione in senso stretto: tante
altre testate più veloci e attrezzate ricoprono già questo ruolo. La nostra
rivista desidera offrire ai suoi lettori contenuti insoliti, dando diritto
di cittadinanza a temi o chiavi di lettura spesso trascurati o snobbati.
Un periodico generalista a 360 gradi? Solo in parte. Possibilia non funziona
per compartimenti tematici, ma per modalità di approccio alla materia. Accoglie
così una sezione per Dilettarsi, una per Pensare e una per Sorridere. Si
aggiungono una sezione di News - la sezione “d'attualità” della testata
- e una sezione destinata ai Pubbliredazionali, con lo scrupolo di mantenere
eticamente distinti contenuti commerciali e redazionali, valorizzando così
entrambi.
Con la nuova versione della rivista, inaugurata nel 2012, abbiamo deciso
di aggiungere una sezione (le Rubrilie) dedicata alle nostre passioni: il
vino, il rugby e il viaggio.
Contatta la redazione: redazione@possibilia.eu
I libri
Nel 2010, gli esiti incoraggianti della rivista e il desiderio di ampliare
il progetto editoriale dànno vita alla parte cartacea della nostra attività.
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foto di Samuel Cogliati |
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Piccola nobiltà
musicale Why don't you kazoo?
Mirabilia di uno strumento poco considerato.
di Igor Vazzaz |
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scopri il pdf |
Ascolta il kazoo in: -II- (il palco), brano
composto e qui suonato in versione acustica da Igor Vazzaz
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play MP3 Minima propedeutica
Il primo istinto è soffiarci dentro. In principio con curiosità, poi
con caparbia energia. Ricavandone poco o nulla, se non il sibilo sfiatato
dell'aria uscita dal tubo e il ghigno sarcastico dello strumentista
esperto. Questi, impugnando il minuto oggetto (specie di piccola pipa
lignea o metallica di circa 7 cm, con due aperture alle estremità
e una in corrispondenza del rigonfiamento centrale), l'avvicina alle
labbra traendone con successo il caratteristico ronzio granuloso e
nasale, dando vita, trionfante, a una breve e casuale melodia. Di
nuovo nelle mani del principiante, il (quasi) silenzio si ripete:
scacco, irrisione, frustrazione.
La prima regola è che nel kazoo non si soffia, si canta: il suono,
infatti, dev'essere originato dall'esterno, nella fattispecie dalla
voce, per poi riverberarsi nella vibrazione d'una sottile membrana
a produrre quel tipico e indimenticabile stridio ghignante.
Strane percussioni
Singolare strumento: per molti sorta di “fiato minore” cui affidare
linee melodiche in assenza di trombe, sassofoni e ottoni in genere;
eppure, per quanto sia innegabile la sua vocazione melodica, esso
è a ben ragione inserito nella grande famiglia delle percussioni,
sottocategoria mirliton o “membranofoni a suono determinato”.
Il caratteristico suono è infatti prodotto dalla sottile pellicola,
spesso in plastica (ma è possibile trovarne in carta velina o altri
materiali) che, di fatto, modifica sensibilmente la forma sonora originaria.
Il canto umano (ma si possono usare anche altre fonti) innesca il
processo, formando un tutt'uno col ronzio generato. È come se la membrana
“si vestisse” della voce che la anima, piegandosi docilmente alle
variazioni melodiche del cantante: semplice e geniale, ma soprattutto
percussivo, secondo il rigido principio fisico per cui è la
membrana risonante a caratterizzare il risultato. Preistoria
e storia
Gli studiosi sono certi di un'ascendenza africana, benché la forma
attuale non sia certo quella degli ipotetici antenati, tra cui si
conta pure il curioso eunuch flute, flauto a cipolla diffuso
in Europa a cavallo del XVII secolo. Data la semplicità di base, spesso
questi strumenti erano riservati al gioco e ai bambini, (così accade
tuttora per i kazoo), oppure a rappresentazioni magico-teatrali, data
la peculiare funzione di alterare la voce in modo “inumano”.
L'inventore storico (sul cui conto, però, mancano dirette notizie
biografiche) risulta essere tale Alabama Vest, afroamericano,
probabilmente schiavo, di Macon, Georgia. Ideato qualche anno prima
e costruito grazie alla collaborazione dell'orologiaio tedesco Thaddeus
Von Clegg, il curioso oggetto è presentato alla Fiera Nazionale del
1852 con il nome di Down South Submarine. Il termine kazoo,
onomatopeico, è accreditato a partire dal 1884. Il successo dovrà
ancora attendere qualche tempo: nel 1914 ha inizio la messa in produzione
industriale da parte di Michael McIntyre e Harry Richardson e due
anni più tardi nasce The Original American Kazoo Company.
Affermazione e successo
Nei primi decenni del XX secolo, il kazoo diviene protagonista nelle
esibizioni ludico-musicali di jug band (complessi formati da
musicisti che suonano strumenti fatti in casa, tra cui il mitico washtub
bass, il contrabbasso composto da un bastone infilato in un secchio
o in bidone), in vari contesti comici e manifestazioni carnevalesche
statunitensi e non. A renderlo popolare sono la facilità d'uso, la
maneggevolezza e i prezzo contenuto. Nel contempo, se ne registra
una progressiva affermazione come strumento a latere di contesti
musicali differenti, nell'organico di complessi dixie, jazz e persino
in composizioni di musica colta contemporanea.
Non richiedendo una specifica preparazione tecnica (l'idea di uno
strumentista che si eserciti in scale ascendenti e discendenti con
in bocca un kazoo è abbastanza ridicola), gli interventi riservati
a questo mirlinton sono spesso eseguiti da vari musicisti. È il caso,
per esempio, di una delle prime registrazioni in cui è possibile ascoltarne
il suono: si tratta del brano Crazy Blues, eseguito dalla Original
Dixieland Jass Band nel 1921, in cui quello che sembra un assolo di
trombone, altro non è che un kazoo suonato dal percussionista Tony
Sbarbaro. Gli anni Venti sono una sorta di periodo aureo sia per
una prima diffusione massiva della musica popolare sia per il nostro
piccolo strumento che recita da coprotagonista in vari contesti, professionali
e non. L'endemica svalutazione: usi e abusi
Il fatto di essere uno strumento basilare è la croce e la delizia
del kazoo: da un lato, chiunque lo può suonare, ed è facile trovarlo
nei contesti più svariati; dall'altro, tale semplicità ha spinto i
musicisti a una certa sottovalutazione, considerandolo più come un
gioco che come uno strumento al pari degli altri: anche quando è utilizzato,
è assai raro che non sia impiegato in contesti parodistici, comici
o ironici.
In realtà, le applicazioni sono varie così come differenti e numerose
possono essere le misure e le fogge: esistono kazoo assai grandi,
potremmo dire “bassi” o “baritonali”, oltre al consueto formato “da
tasca”; la differenza sta nel volume necessario per indurre la vibrazione
d'una membrana più ampia: è il caso del vocaphone, una sorta
di gigantesco kazoo utilizzato nella Paul Whiteman's Orchestra durante
gli anni Trenta.
Il pop e la musica leggera non hanno affatto ignorata l'invenzione
di Alabama Vest, sull'esempio afroamericano di blues e jazz: il bellissimo
disco d'esordio di Frank Zappa assieme ai Mothers of Invention
(Freak Out!, del 1965) registra un larghissimo uso del kazoo,
al fianco d'una vera e propria sezione fiati e non come alternativa
minore di questi. Le rasoiate nasali di Hungry Freaks, Daddy,
primo brano dell'album, sono caustiche e irridenti, riproponendo l'uso
“satirico” dello strumento cui Zappa dimostra di essere particolarmente
affezionato.
Anche i più seri Pink Floyd (in realtà anche molto ironici
nelle loro composizioni) si servono di un kazoo in Corporal Clegg,
nel loro secondo album, A Saucerful of Secrets (1968): pure
in questo caso l'impiego è ironico, funzionale all'intonazione militaresca
del brano. Tra i kazooisti, è doveroso registrare anche una
certa Barbra Stewart, autrice addirittura di un libro intitolato
How to Kazoo: non nascondiamo una certa perplessità rispetto
alla cosa, proprio per le ragioni già esposte. Kazoo italiano
Il primo, se non in senso storico ma quanto a impatto popolare, è
stato Edoardo Bennato: da menestrello folk-rock, chitarra imbracciata
come un'arma, grancassa al piede e reggiarmonica, il kazoo è da sempre
uno dei suoi strumenti prediletti, spesso in alternativa all'armonica
diatonica. Si pensSono solo canzonette (album omonimo, 1980),
ma anche alla sarcastica Arrivano i buoni (I buoni e i cattivi,
1974), in cui il ronzio nasale dello strumento sembra irridere sia
gli ascoltatori sia l'oggetto del brano, ossia coloro che intervengono,
il riferimento principale è la politica internazionale, nel nome di
una propria, e presunta, superiorità morale.
Altro celebre kazooista nostrano è Lui, l'avvocato astigiano,
il più internazionale dei nostri grandi autori, Paolo Conte.
Il suo uso dello strumento è misurato, non direttamente ironico: pensiamo
a Hemingway (in Appunti di viaggio, 1982, ma la versione
più bella è in Concerti, 1985): la coraggiosa progressione
armonica, in continua modulazione, fa da tappeto a una languida melodia
cantata in un kazoo, che funziona “a ruota”, come se non dovesse mai
esaurirsi e risolvere. L'effetto è travolgente, quasi a dimostrare
come si possa dare vera dignità a uno strumento come il nostro. Nella
pratica contiana, peraltro, il kazoo è usato spesso, anche in modo
ironico, non di rado in alternanza agli ottoni affidati sempre a musicisti
di prima grandezza.
In un breve excursus sugli utilizzi italiani del piccolo strumento,
non è possibile tacere dell'intensa La domenica delle Salme
di Fabrizio De Andrè (Le nuvole, 1990): il polistrumentista
Mauro Pagani riproduce il tema musicale del brano sia col violino
sia col kazoo, in una declinazione tragica e grottesca del tutto adatta
a quella della canzone, tra le più belle dell'album. Kazoo
fatti in casa e invito all'uso
Il costo ridotto dello strumento (sotto i 10 euro) è tale da poter
essere accessibile a tutti, ma per chi ama il fai-da-te segnaliamo
un modo piuttosto semplice per produrre autonomamente un mirliton
artigianale, con lo stesso principio del kazoo. Sono sufficienti un
ordinario pettine per capelli (evitare le spazzole...) e un foglio
di carta: avvicinando quest'ultimo ai denti, s'inizi a cantare con
la bocca in prossimità dell'oggetto ed ecco che la risonanza metterà
in vibrazione la carta contro il pettine creando un ronzio musicale.
Costruire invece un vero e proprio kazoo può richiedere qualche competenza
di più, dato che è necessario dare la forma peculiare dell'oggetto,
magari con qualche minima base di falegnameria o di lavorazione di
metalli. In ogni caso: evviva il kazoo!
Quello che più importa, tuttavia, è riconoscere una dovuta dignità,
estetica e non solo, a uno strumento troppo svalutato a causa della
sua accessibilità e della semplicità. Queste qualità finiscono per
rovesciarsi in difetti, specie nell'ottica contemporanea di una musica
che, se da un lato è standardizzata dall'uso poco intelligente dell'elettronica
(peraltro amata da chi scrive), dall'altro tende a trascurare tutto
ciò che non rientri in schemi predeterminati (sonori e non solo).
Uno strumentino tanto “personale” come il kazoo, che suona
sempre in modo diverso al mutare della voce di chi lo suona, è destinato
a subire una prevedibile penalizzazione, pure a fronte degli innegabili
vantaggi.
Più kazoo e meno Guitar Hero, verrebbe da gridare, in una massiva
campagna di sensibilizzazione, la cui colonna sonora dovrebbe essere,
necessariamente, intonata da questo piccolo e singolarissimo strumento.
Igor Vazzaz, toscano di origine friulana,
si occupa a vario titolo di teatro, tv, musica (come cantante e
autore), satira, cultura, collaborando con l’Università di Pisa
e varie testate. www.igorvazzaz.blogspot.com, www.myspace.com/tarantola31 |
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