Il periodico
Dopo una laboriosa (e avventurosa) preparazione, a ottobre 2009 esce il
numero zero di www.possibilia.eu periodico online per curiosi. Una realizzazione
che riflette l'orizzonte libero e senza preconcetti della nostra linea editoriale.
Da subito, un gruppo di autori aderisce al progetto, alcuni dei quali formano
il nucleo redazionale più stabile.
Possibilia si non si propone di fare informazione in senso stretto: tante
altre testate più veloci e attrezzate ricoprono già questo ruolo. La nostra
rivista desidera offrire ai suoi lettori contenuti insoliti, dando diritto
di cittadinanza a temi o chiavi di lettura spesso trascurati o snobbati.
Un periodico generalista a 360 gradi? Solo in parte. Possibilia non funziona
per compartimenti tematici, ma per modalità di approccio alla materia. Accoglie
così una sezione per Dilettarsi, una per Pensare e una per Sorridere. Si
aggiungono una sezione di News - la sezione “d'attualità” della testata
- e una sezione destinata ai Pubbliredazionali, con lo scrupolo di mantenere
eticamente distinti contenuti commerciali e redazionali, valorizzando così
entrambi.
Con la nuova versione della rivista, inaugurata nel 2012, abbiamo deciso
di aggiungere una sezione (le Rubrilie) dedicata alle nostre passioni: il
vino, il rugby e il viaggio.
Contatta la redazione: redazione@possibilia.eu
I libri
Nel 2010, gli esiti incoraggianti della rivista e il desiderio di ampliare
il progetto editoriale dànno vita alla parte cartacea della nostra attività.
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foto di Samuel Cogliati |
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Ripensare il rapporto
tra governo ed economia Regno
Unito: la fine di un’èra Mentre
i Conservatori, non ancora messi alla prova nella gestione del
potere, navigano con il vento in poppa. di
John Loughlin
Traduzione dall’inglese di Samuel Cogliati |
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C'è una sensazione diffusa, nella Gran Bretagna di oggi, che si stia
avvicinando la fine di un'èra: l'èra della politica del Partito laburista
di Tony Blair e anche la fine di una fase di globalizzazione che iniziò
negli anni Ottanta con l'elezione di Margaret Thatcher e Ronald Reagan,
periodo denominato a posteriori “èra del neoliberismo”. La “rivoluzione
neoliberale” cercò di porre fine al ruolo dello Stato sociale e dell'intervento
keynesiano dello Stato nell'economia. Il loro obiettivo era centrare
il pieno impiego e ridurre le iniquità sociali ed economiche attraverso
la ridistribuzione del benessere e l'offerta di una serie di servizi
sociali per tutti i cittadini. I neoliberali, al contrario, erano
totalmente contrari a questo ruolo dello Stato e vedevano il mercato
come il meccanismo adeguato a completare la crescita economica ed
eventualmente erogare i servizi in modo più efficace ed efficiente.
Anche se non abolì lo Stato-nazione, il neoliberalismo cambiò davvero
molte delle sue caratteristiche e in particolare i suoi valori sottesi
di giustizia, equità, livellamento e la nozione stessa di cittadinanza.
Il neoliberismo incoraggiò anche la globalizzazione, portando alla
creazione di nuovi mercati finanziari ed economici che, a loro volta,
ridussero lo spazio di manovra dei governi nazionali. Il rilancio
del processo di integrazione europea negli anni Ottanta fu sia una
risposta, sia uno strumento di accelerazione di questa evoluzione.
Nel Regno Unito, Margaret Thatcher diede il suo nome - Thatcherismo
- a queste riforme neoliberali. Benché fosse profondamente scettica
a proposito dell'Unione Europea e diffidasse di Jacques Delors, era
entusiasta del suo progetto di Mercato Unico, che vedeva come un'applicazione
delle idee neoliberali. Thatcher fu sostituita come primo ministro
dallo scialbo John Major, ma le sue politiche continuarono. Quando
Tony Blair approdò al potere, alla testa di un Partito laburista rinnovato,
nel 1997, applicò davvero un “neoliberismo dal volto sociale”, ma
che restava comunque una forma di neoliberismo. Blair credeva che
il mercato e la concorrenza fossero davvero buone cose, ma che dovessero
essere stemperate da una forma di consapevolezza della dimensione
sociale (Thatcher aveva infelicemente dichiarato che «non esiste una
cosa che corrisponda alla società, ma solo famiglie e individui»).
Non c'è dubbio che la sua stagione da primo ministro fu segnata da
alcuni successi, non da ultimo il Good Friday Agreement del
1998 in Irlanda del Nord. Il suo più grande scivolone fu affiancare
gli Stati Uniti nell'invasione dell'Iraq, e il prezzo che pagò per
questa scelta fu la sua sostituzione nel ruolo di primo ministro con
Gordon Brown. Brown è stato un fallimento pressoché totale nella guida
del Paese, ed è quasi certo che i conservatori vinceranno le prossime
elezioni e che il loro leader David Cameron sarà primo ministro nel
2010.
La presidenza di Brown è stata segnata da una serie di disastri politici
ed economici. Innanzi tutto, proprio quando assunse la carica nel
giugno del 2007, il sistema finanziario globale quasi collassò, a
partire dalla crisi dei mutui sub-prime negli Usa per poi espandersi
al resto del sistema economico-finanziario ovunque nel mondo. In realtà,
Brown e la sua ministra delle Finanze (Chancellor of the Exchequer)
Alistair Darling, giocarono entrambi un ruolo importante sia in Gran
Bretagna sia sulla scena internazionale, evitando un completo tracollo
e stabilizzando la situazione. Ma Brown non è riuscito a trarne alcun
beneficio politico agli occhi dell'opinione pubblica britannica, poiché
molti lo ritenevano a sua volta parzialmente responsabile di questa
situazione. Già ministro delle Finanze, aveva presenziato alla perdita
di controllo statale sul settore finanziario, e aveva dato libero
corso alle banche per perseguire le loro pericolose attività speculative.
Per Brown, il secondo disastro fu la rivelazione che i deputati usavano
i rimborsi e le indennità in maniera scandalosa, per arricchirsi personalmente.
Anche se Brown non è stato coinvolto di persona (se non in piccolissima
parte), diversi dei suoi ministri lo sono stati. Inoltre, diversi
suoi ministri - specialmente quelle nominate più per il fatto di essere
donne che per le loro competenze politiche o intellettuali - sono
diventati profondamente impopolari. Per esempio, Jacqui Smith, il
primo ministro dell'Interno donna (Home Secretary), ha presentato
un rimborso spese che includeva due film porno guardati da suo marito
alla tv a pagamento. Diversi di queste ministre hanno rassegnato le
dimissioni, sostenendo che stavano ricoprendo un ruolo di facciata
ma non erano considerare con serietà da Brown. Quale che sia la verità
su queste affermazioni, l'impressione che hanno lasciato è quella
di un gruppo di donne frivole e irascibili, interessate soprattutto
alla loro carriera. Harriet Harman, capogruppo del Partito laburista,
ha ulteriormente danneggiato la coerenza del governo candidandosi
come futura leader del partito attraverso una forma estrema di femminismo
anti-maschile. Il problema è che la mancano le capacità intellettuali
sia di Blair sia di Brown e che si è alienata buona parte dell'opinione
pubblica. Tutto questo ha danneggiato il Partito laburista e, cosa
più grave, le istituzioni del Parlamento stesso, screditandole.
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foto di Samuel Cogliati |
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Gli scandali e la crisi economica assieme dànno la
sensazione che stia terminando un'èra, e che una nuova stia iniziando.
Gli anni Ottanta e Novanta furono un periodo di continua espansione
della bolla finanziaria, edilizia e della new economy di Internet.
Diversi soggetti (quanto meno nel mondo sviluppato e in alcune parti
del mondo emergente, come la Cina, l'India e il Brasile) ne hanno
beneficiato economicamente e per un senso di benessere generale. Con
la crisi globale, tutto questo è crollato ed è stato sostituito da
un sentimento di ansia verso il futuro. Ciò che è chiaro è che il
periodo di globalizzazione neoliberista poco controllata è finito,
e che è iniziata una fase di maggior controllo. Il che non significa
un ritorno all'epoca dello Stato sociale saldamente regolato e di
un approccio economico keynesiano. Ma impone di ripensare il rapporto
tra governo, sistema finanziario ed economia. Le nuove istituzioni
deputate a regolamentare questo nuovo rapporto devono ancora essere
individuate, ma la direzione sembra piuttosto chiara. Allo stesso
tempo, i governi hanno dovuto immettere somme astronomiche di denaro
pubblico nel sistema per evitare un collasso totale. Questa soluzione
sembra aver funzionato sul breve periodo, ma implica ancora montagne
di debiti da pagare. I governi venturi dovranno confrontarsi con l'ingrata
prospettiva di tagliare servizi e alzare le tasse per un lungo periodo
di tempo.
Nel Regno Unito, tutti e tre i partiti hanno dovuto confrontarsi con
queste sfide durante i loro congressi, ultima occasione per presentarsi
prima delle elezioni politiche fissate entro maggio del 2010. Il più
onesto dei tre è stato il Partito conservatore, che ha grosso modo
esposto le misure che prenderà, anche se sono impopolari. Per esempio,
ha dichiarato di voler innalzare l'età pensionabile da 65 a 66 anni
a partire dal 2010. I laburisti hanno dichiarato che faranno la stessa
cosa, ma più tardi. I liberal-democratici sono usciti dal loro congresso
tanto divisi quanto confusi su questi temi. Per i conservatori, quindi,
la scommessa è se l'opinione pubblica sia pronta o meno ad accettare
questi tagli. E i cittadini sembrano pronti ad ammettere che questi
tagli siano inevitabili, ma tendono a pensare che riguarderanno più
altri che se stessi. Al momento, sembra che i conservatori navighino
con il vento in poppa e che le “promesse” di tagli non impediranno
loro di vincere le elezioni. Ma ci sono ancora diversi mesi prima
di quel verdetto e molte cose possono ancora accadere. Ovviamente,
un conto è stare all'opposizione e guadagnare facili consensi di fronte
a un governo in completa rotta (la situazione attuale ricorda gli
ultimi giorni di John Major, nel 1997). Altra cosa è prendere le redini
del potere e portare avanti veri cambiamenti, o quanto meno ripristinare
un equilibrio economico. Da questo punto di vista, i conservatori
non sono stati ancora messi alla prova e, a dire il vero, pochi di
loro possono vantare esperienza nell'esercizio del potere politico.
Per questo motivo, molti elettori britannici non hanno ancora fatto
una scelta e il consenso per il Partito conservatore nei sondaggi
è il riflesso delle difficoltà dei laburisti più che l'espressione
di un entusiasmo. In ogni caso, sembra probabile che l'elettorato
britannico darà una possibilità ai conservatori, conferendo loro il
potere con le elezioni 2010. Dopo di che, la loro retorica sarà messa
alla prova dal duro mondo della realtà John
Loughlin è professore di Scienze politiche all’università di Cardiff
(Galles) e Visiting Fellow al St Edmund’s College di Cambridge.
Il Centro di indagini teologiche dell’università di Princeton (Usa)
lo ha invitato come membro dei suoi Residential Colloquium nel 2010.
L’università di Umeå (Svezia) lo ha insignito con un dottorato honoris
causa per il suo “grande contributo nella ricerca nei campi delle
politiche europee e dei governi regionali e locali”. E’ membro della
Società Reale delle Arti, della Società Storica Reale e dell’Accademia
di Scienze sociali |
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