Il periodico
Dopo una laboriosa (e avventurosa) preparazione, a ottobre 2009 esce il
numero zero di www.possibilia.eu periodico online per curiosi. Una realizzazione
che riflette l'orizzonte libero e senza preconcetti della nostra linea editoriale.
Da subito, un gruppo di autori aderisce al progetto, alcuni dei quali formano
il nucleo redazionale più stabile.
Possibilia si non si propone di fare informazione in senso stretto: tante
altre testate più veloci e attrezzate ricoprono già questo ruolo. La nostra
rivista desidera offrire ai suoi lettori contenuti insoliti, dando diritto
di cittadinanza a temi o chiavi di lettura spesso trascurati o snobbati.
Un periodico generalista a 360 gradi? Solo in parte. Possibilia non funziona
per compartimenti tematici, ma per modalità di approccio alla materia. Accoglie
così una sezione per Dilettarsi, una per Pensare e una per Sorridere. Si
aggiungono una sezione di News - la sezione “d'attualità” della testata
- e una sezione destinata ai Pubbliredazionali, con lo scrupolo di mantenere
eticamente distinti contenuti commerciali e redazionali, valorizzando così
entrambi.
Con la nuova versione della rivista, inaugurata nel 2012, abbiamo deciso
di aggiungere una sezione (le Rubrilie) dedicata alle nostre passioni: il
vino, il rugby e il viaggio.
Contatta la redazione: redazione@possibilia.eu
I libri
Nel 2010, gli esiti incoraggianti della rivista e il desiderio di ampliare
il progetto editoriale dànno vita alla parte cartacea della nostra attività.
Vai a www.possibiliaeditore.eu |
|
|
foto di Danilo Fondrini |
|
|
Micro-economia: Nicaragua
Con il caffè di montagna la cooperativa
ci guadagna Dalle miniere
d'oro al chicco: commercio equo e turismo rurale per risalire
la china della dignità sociale. di
Alicia Miramundos |
C'era una réclame dei tempi di Carosello che recitava: «con il caffè
di montagna il gusto ci guadagna». Ho sempre pensato che fosse l'ennesima
trovata pubblicitaria, ma quando ho visto le montagne verdi, verdissime,
del nord del Nicaragua dove il caffè è più aromatico perché cresce
all'ombra, mi son detta che, forse, in quella vecchia pubblicità un
pizzico di verità c'era. È vero, per il caffè crescere al sole o all'ombra
fa la differenza, perché il sole tropicale rischia di “bruciare” i
piccoli frutti rossi, mentre le arcate frondose di alberi di mango,
avocado, cacao e maracuyà funzionano come ombrelloni naturali che
permettono una maturazione più lenta e fanno guadagnare al caffè aroma
e pezzatura.
Fino a 25 anni fa le montagne di La Pita, nel comprensorio di San
Ramón, a pochi chilometri da Matagalpa, “appartenevano” a un certo
Neil Hopkin, un norteamericano, come dicono qui. Per lui, nelle
miniere d'oro nascoste nel ventre della terra, lavoravano, in pessime
condizioni, gli abitanti della comunità, quelli che in quel posto
vivevano da generazioni ma che per la consueta legge del più forte
erano costretti a vedersi sottrarre risorse preziose in cambio di
qualche misero dollaro. Poi il vento ha cambiato giro e l'avanzata
capillare del Frente Sandinista sulle montagne matagalpine
ha indotto il ricco proprietario terriero ad abbandonare tutto e tagliare
la corda alla chetichella.
Finita la rivoluzione, il governo sandinista avvia la riforma agraria
e procede alla ripartizione delle terre tra i contadini. Così, nel
1985, nasce la Cooperativa Denis Gutiérrez, inizialmente formata da
15 soci, tutti ex-minatori, che hanno ripiantato alberi e caffè, perché
le loro montagne, prima dell'estrazione dell'oro, erano sempre state
verdi.
Oggi la cooperativa è formata da 25 soci le cui terre coprono una
superficie totale di circa 250 ettari e fa parte di una rete di 21
cooperative agricole di commercio equo e solidale (Uca - Unión de
Cooperativas Agrícolas/Cecocafen). È un'agricoltura semplice, fatta
più di vanga e machete che di macchine agricole, poche e in
condivisione; un'agricoltura fatta di rispetto per l'ambiente, a misura
d'uomo, che si contrappone ai metodi industrializzati delle grandi
fincas che riforniscono il mercato convenzionale.
Nella cooperativa ogni socio coltiva il proprio caffè, ma c'è un vivaio
comunitario di piantine e i soci si aiutano reciprocamente per la
preparazione del terreno, la semina, la cura e la raccolta: in tutto
287 persone. L'acqua, potabile, viene dalla montagna e nel 2004, grazie
a un finanziamento straniero di 16.000 dollari che si è sommato agli
8.500 che il comune di Matagalpa poteva dare, è stato costruito un
mini-acquedotto che serve anche altri villaggi per un totale di 2.000
abitanti; l'elettricità, invece, è arrivata dopo, pochissimi anni
fa.
|
|
|
foto di Danilo Fondrini |
|
|
Xiomara, 20 anni, pelle color caffè, occhi grandi, denti bianchissimi,
fisico minuto e voce vellutata è una delle tre guide che gestiscono
il progetto di turismo rurale nella comunità di La Pita, nonché figlia
di uno dei soci fondatori della cooperativa. Il progetto è nato nel
2003 per aiutare la comunità a uscire dalla crisi del caffè. «Ci vogliono
due o tre anni prima che una piantina di caffé inizi a produrre e
ha una vita di dieci anni al massimo, dopodiché deve essere sostituita
- racconta Xiomara - e quando la cooperativa incominciava a raccogliere
i frutti del proprio lavoro è arrivata la crisi: il prezzo del caffè
è sceso vertiginosamente in pochissimo tempo e noi contadini eravamo
ridotti alla fame. Entrare nella rete del commercio equo ci avrebbe
permesso di vendere il nostro caffè a un prezzo dignitoso per il nostro
lavoro ma dovevamo pagare 7.000 dollari per la certificazione. La
Uca ci ha finanziato e, poco a poco, grazie anche agli ingressi del
turismo rurale, abbiamo pagato il debito».
Nel frattempo, il prezzo del caffè si è stabilizzato intorno ai 185
dollari ogni 100 libbre (1 libbra = 450 gr.) per quello coltivato
con il metodo tradizionale e 190 per quello biologico, tenendo conto
che il commercio equo paga il prodotto all'origine circa il 20% in
più rispetto ai canali commerciali tradizionali: non è molto in termini
assoluti, ma se, come in questo caso, la cooperativa produce tra 70.000
e 100.000 libbre l'anno, la differenza è significativa.
|
|
|
foto di Danilo Fondrini |
|
|
La Cooperativa Denis Gutiérrez produce tre varietà di arabica: il
maragogype (il più pregiato, per la pezzatura dei chicchi),
il caturro e il malaco. Il periodo di raccolta va da
ottobre a gennaio e il caffè si raccoglie a mano, chicco per chicco,
per non rovinare la pianta e per garantire un prodotto di qualità.
«I frutti di una stessa pianta non maturano tutti insieme e se vengono
raccolti anche quelli acerbi, come accade con la diraspatura, oltre
a rovinare la pianta, la qualità del caffè è inferiore», sottolinea
Xiomara. Una volta raccolto, il frutto del caffè deve essere “spolpato”,
cioè privato della parte esterna, dolce e succosa, che avvolge il
chicco; poi deve essere lasciato fermentare per una notte affinché
perda tutta la parte zuccherina e infine va lavato con cura e seccato
al sole oppure in macchine essiccatrici. A questo punto si ottiene
il pergamino, cioè il caffè a cui è stata tolta la polpa ma
non la cáscara, la pellicina che avvolge il chicco. «L'ultimo
processo è la tostatura e successiva macinazione, ma non si fa qui,
non abbiamo l'attrezzatura necessaria». La cooperativa dispone di
macchine proprie per il lavaggio dei chicchi, che permettono di mantenere
in un circuito chiuso l'acqua utilizzata poiché i residui della lavorazione
sono inquinanti, e provvede anche all'essiccazione al sole se la stagione
lo permette, mentre in caso di piogge abbondanti è costretta a mandarlo
a uno stabilimento di essiccazione. La polpa del frutto del caffè
viene utilizzata come concime per il terreno e la cáscara per
produrre carta riciclata e/o come combustibile per accendere il fuoco
delle cucine di casa.
A La Pita le case sono molto semplici: pareti di legno, con tende
che separano le poche stanze, tetti di lamiera e pavimenti di terra
battuta. Niente gas, solo un focolare; il bagno è in cortile, l'acqua,
se serve, si scalda sul fuoco. All'interno, pochi mobili tra cui l'immancabile
sedia a dondolo e le foto dei momenti di festa alle pareti; nel patio
un'amaca per la siesta, il lavatoio e la doccia, qualche cesto per
trasportare la verdura appoggiato in un angolo, i fagioli appesi a
seccare sulla staccionata accanto ai panni stesi al sole e il profumo
di legna bruciata che esce dalla finestrella della cucina.
Tutto è di una semplicità disarmante e Xiomara è cosciente che molte
case andrebbero rimesse un po' a posto, ma i soldi non ci sono. «Il
progetto di turismo rurale - continua - è nato per aiutare la comunità
a risollevarsi dalla crisi. È stato finanziato dalla Chiesa luterana
statunitense, che ha organizzato corsi di addestramento per noi guide
e di accoglienza turistica presso le famiglie disposte a ospitare
volontari e turisti: attualmente nel nostro villaggio ci sono otto
famiglie con una disponibilità massima di tre posti letto ciascuna
e, grazie a un finanziamento francese, abbiamo costruito un eco-ostello
in muratura con otto posti letto. Offriamo accoglienza a turisti che
vogliono conoscere la vita rurale e interagire con la comunità: il
pernottamento in famiglia costa 12 dollari a persona e 4,50 dollari
per i pasti, mentre nell'eco-ostello pernottamento e prima colazione
costano tra 20 e 30 dollari. In genere i turisti si fermano da un
minimo di tre giorni a un massimo di una settimana. Si possono fare
anche escursioni di una giornata al prezzo di 15 dollari a persona,
pranzo compreso presso una famiglia. Sono ben accetti anche volontari
per periodi più lunghi per partecipare alla raccolta del caffè, oppure
per tenere corsi di inglese, francese, informatica o altro, per condividere
e trasmettere conoscenze e saperi. Noi, da parte nostra, offriamo
corsi di cucina nicaraguense». |
|
|
foto di Danilo Fondrini |
|
|
Per ulteriori informazioni contattare: http://vianica.com/sp/activity/118/agroturismo-comunitario-en-la-pita
Alicia Miramundos, viaggiatrice instancabile
e curiosa, ispanista per passione e per professione, vive e lavora
a Milano. Racconta i luoghi che ha visto nell'intento di trasmetterne
l'essenza e lo spirito |
|
|