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Il periodico
Dopo una laboriosa (e avventurosa) preparazione, a ottobre 2009 esce il numero zero di www.possibilia.eu periodico online per curiosi. Una realizzazione che riflette l'orizzonte libero e senza preconcetti della nostra linea editoriale.
Da subito, un gruppo di autori aderisce al progetto, alcuni dei quali formano il nucleo redazionale più stabile.
Possibilia si non si propone di fare informazione in senso stretto: tante altre testate più veloci e attrezzate ricoprono già questo ruolo. La nostra rivista desidera offrire ai suoi lettori contenuti insoliti, dando diritto di cittadinanza a temi o chiavi di lettura spesso trascurati o snobbati. Un periodico generalista a 360 gradi? Solo in parte. Possibilia non funziona per compartimenti tematici, ma per modalità di approccio alla materia. Accoglie così una sezione per Dilettarsi, una per Pensare e una per Sorridere. Si aggiungono una sezione di News - la sezione “d'attualità” della testata - e una sezione destinata ai Pubbliredazionali, con lo scrupolo di mantenere eticamente distinti contenuti commerciali e redazionali, valorizzando così entrambi.
Con la nuova versione della rivista, inaugurata nel 2012, abbiamo deciso di aggiungere una sezione (le Rubrilie) dedicata alle nostre passioni: il vino, il rugby e il viaggio.

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I libri
Nel 2010, gli esiti incoraggianti della rivista e il desiderio di ampliare il progetto editoriale dànno vita alla parte cartacea della nostra attività.
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foto di Dania Ceragioli
Confini / 2: una “barriera difensiva” alta 8 metri

Muro e confine sono la stessa cosa?
Quando la frontiera non serve per demarcare, ma separa, protegge (?), isola. Viaggio tra Israele e Palestina.

di Dania Ceragioli

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Israele non è un Paese come gli altri e questa differenza si percepisce immediatamente. Non è data solo dai pressanti controlli, dall'esagerato numero di poliziotti in pattugliamento, ma in modo particolare dalla suggestione di trovarsi nel luogo dove tutto ha avuto inizio.
Pur essendo da anni terra di diatribe, di violenze, rimane una terra “santa” visitata - conflitti permettendo - da moltitudini di pellegrini. Si incontrano qui le tre grandi religioni monoteiste, islam, cristianesimo, ebraismo. E proprio da qui il mio viaggio ha il suo inizio, dalla spiritualità più che la fede, dalla ricerca più che la preghiera.

Un viaggio che mi spinge fino in Palestina per cercare di comprendere, più che capire.
La separazione inizia prima di incontrare il muro, detto di “sicurezza”. Nella spianata i colori sono caldi, oltre il muro diventano grigi, il sole non valica la barriera di cemento e ferro con protezioni in filo spinato alta otto metri. Ci sono diverse torri di controllo - dicono una ogni trecento metri -, si vedono i check point. Se si prova ad attraversarne uno, la sensazione di disagio è forte: piccoli tunnel, parzialmente coperti, molto stretti, si fa fatica a passare. Si vedono i segni di chi ha cercato di scavalcare. Bisogna rassegnarsi, questo è un luogo di confine dove spesso il conflitto sovrasta il desiderio di normalità. Qui il confine non è transizione, ma separazione.
D'altronde separazione non ha un significato assoluto: per la Torà è intesa come separazione dagli altri ed è assunta concettualmente come espressione di purificazione e purezza.

Il muro però riserva anche sorprese: si vede avanzare, perdersi fra gli olivi, una lunga serpentina che si snoda oltre il crinale delle colline. Si intravedono macchie di colore, e ci si ritrova davanti a veri e propri murales. Un arcobaleno di colori che inneggia alla speranza, alla libertà. Ci sono tigri, stelle, ci sono uomini blu e tante scritte di benvenuto per i turisti, la fantasia non ha limiti e non si può segregare.
Arrivano le voci gioiose di bambini che stanno giocando, almeno in questo momento il muro è distante.


Il muro che divide lo Stato di Israele dalla Cisgiordania palestinese è destinato a raggiungere oltre 600 chilometri di lunghezza, tra parti in cemento armato, trincee e recinzioni elettroniche. Una “barriera difensiva” (secondo l'espressione israeliana) alta otto metri e circondata a sua volta da fossati di decine di metri. Il suo tracciato si discosta a volte ampiamente dalla cosiddetta “Linea verde”, il tracciato definito al termine della guerra arabo-israeliana del 1948/49.

Dania Ceragioli, viaggiatrice, fotografa, istruttrice qualificata di hatha yoga, vive e lavora a Viareggio (Lucca)

     
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