Il periodico
Dopo una laboriosa (e avventurosa) preparazione, a ottobre 2009 esce il
numero zero di www.possibilia.eu periodico online per curiosi. Una realizzazione
che riflette l'orizzonte libero e senza preconcetti della nostra linea editoriale.
Da subito, un gruppo di autori aderisce al progetto, alcuni dei quali formano
il nucleo redazionale più stabile.
Possibilia si non si propone di fare informazione in senso stretto: tante
altre testate più veloci e attrezzate ricoprono già questo ruolo. La nostra
rivista desidera offrire ai suoi lettori contenuti insoliti, dando diritto
di cittadinanza a temi o chiavi di lettura spesso trascurati o snobbati.
Un periodico generalista a 360 gradi? Solo in parte. Possibilia non funziona
per compartimenti tematici, ma per modalità di approccio alla materia. Accoglie
così una sezione per Dilettarsi, una per Pensare e una per Sorridere. Si
aggiungono una sezione di News - la sezione “d'attualità” della testata
- e una sezione destinata ai Pubbliredazionali, con lo scrupolo di mantenere
eticamente distinti contenuti commerciali e redazionali, valorizzando così
entrambi.
Con la nuova versione della rivista, inaugurata nel 2012, abbiamo deciso
di aggiungere una sezione (le Rubrilie) dedicata alle nostre passioni: il
vino, il rugby e il viaggio.
Contatta la redazione: redazione@possibilia.eu
I libri
Nel 2010, gli esiti incoraggianti della rivista e il desiderio di ampliare
il progetto editoriale dànno vita alla parte cartacea della nostra attività.
Vai a www.possibiliaeditore.eu |
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Intervista
Il viaggiatore solitario Carlo
Taglia, 27enne, è in giro per il mondo da più di un anno senza
essere mai salito su un aereo. Una scelta ecologica ma anche
spirituale. testo di Ludovica Scaletti,
foto di Carlo Taglia |
Non riuscire a stare fermi in un posto, sentirsi sempre alla ricerca
di qualcosa di nuovo, di stimolante. Chi non ha mai provato una sensazione
del genere? O non ha mai desiderato partire, lasciandosi la solita
vita alle spalle, per scoprire il mondo? Carlo Taglia, torinese di
27 anni, lo ha fatto e il racconto del suo giro del mondo in solitaria,
senza aerei e senza visti è diventato una sorta di “bestseller” sui
social network (la sua pagina Facebook “Il giro del mondo senza aerei”
è seguita da più di 6 mila persone) e sul suo blog: karl-girovagando.blogspot.it.
Un successo per un aspirante scrittore. Carlo infatti vorrebbe trasformare
i suoi appunti di viaggio in un libro. Tutto è iniziato nell'ottobre
del 2011 in Nepal e laggiù il viaggiatore solitario dovrebbe chiudere
il cerchio, prima o poi, dopo aver attraversato il resto del globo.
A Torino, dove viveva quando ha deciso di fare le valigie, aveva un
lavoro sicuro e una vita come tante, ma dentro covava da tempo il
desiderio di imbarcarsi in un'avventura. (Lo abbiamo raggiunto
per email lo scorso novembre mentre si trovava in Argentina. In questi
giorni è in viaggio per il Brasile).
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Non hai mai avuto voglia di fermarti in
un posto? «Varie volte ho pensato che avrei voluto fermarmi,
ma dopo qualche giorno sento nuovamente quella forte attrazione verso
la strada, osservo lo zaino triste messo da parte e non posso far
altro che seguire il richiamo». Hai attraversato 16 paesi,
senza mai usare l'aereo. Si tratta di una scelta solo ecologista,
oppure c'è dell'altro? «Cercavo un esperienza di viaggio
più intensa che mi permettesse di scoprire le reali distanze del mondo,
di avere un contatto culturale più autentico con la popolazione locale
condividendo lunghi viaggi in pullman. Oppure di scoprire luoghi in
cui solitamente il turismo non passa». Come era fatto
il tuo zaino alla partenza e come è cambiato? «All'inizio
era più pesante, ma più vado avanti e più diventa leggero perché mi
rendo conto di quanto l'essenziale sia minimo. Basta lavare spesso
i pochi vestiti e non essere vanitosi. Non posso rinunciare ai tappi
per le orecchie, a un buon libro, al sacco a pelo termico. Ho regalato
alcuni vestiti di troppo o libri ingombranti».
Credi che un viaggio così lo possa fare anche una donna sola?
«Ho incontrato tante donne che viaggiano sole sia in Asia e in Sud
America, credo che una donna possa fare un viaggio simile ma deve
avere una certa esperienza alle spalle». Ti sei mai sentito
solo? «Esclusivamente quando ho avvertito i sintomi della
malaria in un ostello cinese nel Laos. Nessuno parlava inglese e non
erano interessati ad aiutarmi. Con 40 gradi di febbre sono dovuto
uscire da solo e cercare un tuk tuk (il tipico taxi a tre ruote diffuso
in Asia, ndr) che mi portasse all'ospedale. Per il resto sono abituato
alla solitudine e non mi pesa».
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Che valore hanno il tuo blog, Facebook,
mezzi che ti permettono di restare collegato con il resto del mondo,
in qualsiasi posto ti ritrovi? «Ha un valore immenso
perché è un profondo piacere condividere questo mio grande amore verso
il viaggio e l'umanità. Questa è la mia missione: creare un canale
di comunicazione alternativo ai media per raccontare tanti aspetti
positivi del mondo che vengono solitamente trascurati. Ispirare altri
sognatori come me per realizzare un esperienza simile». Qual
è il luogo in cui vorresti tornare? «L'India, vorrei
andare a vivere a Varanasi». Quale quello che ti ha colpito
negativamente, che non avevi voglia di raccontare? «La
Corea del Sud, mi sono sentito spesso indesiderato. Inoltre varie
terribili guerre hanno devastato gran parte delle sue meraviglie del
passato e la modernizzazione ha preso il sopravvento». Cosa
facevi prima di partire e qual è stato il momento in cui hai deciso
di iniziare il viaggio? «Lavoravo per una ditta che realizza
impianti fotovoltaici. Mi occupavo della burocrazia ed era parecchio
frustrante. Ho deciso quando ho dato le dimissioni, anche se l'idea
la covavo da diverso tempo. D'altronde siamo in molti ad avere questo
sogno». Di cosa vivi? Hai dei risparmi o fai dei lavoretti
per pagarti il viaggio? «Sono partito con una buona base
economica, inoltre ho due lavori che svolgo strada facendo. Uno legato
all'occupazione che avevo in Italia e inoltre scrivo articoli per
Greenews sulla sostenibilità ambientale». Ti sei ispirato
a qualcuno? «Sono cresciuto leggendo Chatwin e Kapuscinski,
ma Tiziano Terzani è il più grande esempio da seguire». |
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