Il periodico
Dopo una laboriosa (e avventurosa) preparazione, a ottobre 2009 esce il
numero zero di www.possibilia.eu periodico online per curiosi. Una realizzazione
che riflette l'orizzonte libero e senza preconcetti della nostra linea editoriale.
Da subito, un gruppo di autori aderisce al progetto, alcuni dei quali formano
il nucleo redazionale più stabile.
Possibilia si non si propone di fare informazione in senso stretto: tante
altre testate più veloci e attrezzate ricoprono già questo ruolo. La nostra
rivista desidera offrire ai suoi lettori contenuti insoliti, dando diritto
di cittadinanza a temi o chiavi di lettura spesso trascurati o snobbati.
Un periodico generalista a 360 gradi? Solo in parte. Possibilia non funziona
per compartimenti tematici, ma per modalità di approccio alla materia. Accoglie
così una sezione per Dilettarsi, una per Pensare e una per Sorridere. Si
aggiungono una sezione di News - la sezione “d'attualità” della testata
- e una sezione destinata ai Pubbliredazionali, con lo scrupolo di mantenere
eticamente distinti contenuti commerciali e redazionali, valorizzando così
entrambi.
Con la nuova versione della rivista, inaugurata nel 2012, abbiamo deciso
di aggiungere una sezione (le Rubrilie) dedicata alle nostre passioni: il
vino, il rugby e il viaggio.
Contatta la redazione: redazione@possibilia.eu
I libri
Nel 2010, gli esiti incoraggianti della rivista e il desiderio di ampliare
il progetto editoriale dànno vita alla parte cartacea della nostra attività.
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foto di Roberta Ferraris |
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Lifestyle
Vado a vivere in campagna ma non sono un'eremita
La scrittrice Roberta Ferraris si racconta.
di Ludovica Scaletti |
Ha allevato capre per sette anni, ha frequentato diversi corsi sull'agricoltura
e ha lasciato Milano per vivere a Paroldo, un borgo di 200 abitanti
nell'Alta Langa al confine tra Piemonte e Liguria: Roberta Ferraris
ha le idee chiare, la vita della metropoli non la soddisfava, così
ha fatto le valigie ed è andata a vivere in campagna.
Dalla sua esperienza è nato un libro dal titolo evocativo: “Vado a
vivere in campagna”, un vademecum per chi vuole cambiare vita, che
è appena stato presentato alla fiera dell' ecosostenibile di Milano
“Fa la cosa giusta”. Com'è andata alla fiera, che impressione
ti ha fatto tornare a Milano? «Il libro ha riscosso grande
interesse, c'era molta gente alla presentazione. Si tratta di un libricino
agevole, 48 pagine in cui racconto prima di tutto una storia personale,
la storia di una fuga dalla città. Do consigli di base a chi vorrebbe
fare la stessa scelta e spiego come ho selezionato il luogo, come
ho ristrutturato la casa, do qualche indicazione sull'allevamento
degli animali e sull'orto e racconto altre storie simili alla mia.
A Milano ci torno volentieri, ma non riuscirei a viverci ancora. Ho
un'altra idea dell'architettura: quello che si sta preparando per
l'Expo non mi entusiasma. Continuo a sognare più gente in campagna
e una città con meno macchine».
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foto di Roberta Ferraris |
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Ti rivolgi alle persone che vogliono cambiare
vita, ma non hai l'impressione che quella di andare a vivere a contatto
con la natura sia spesso una moda e non un bisogno sentito e reale?
«Il mio libro è scherzoso, vuole anche sdrammatizzare il tema. Molte
persone che vogliono cambiare stile di vita non si rendono conto di
soffrire di disagi profondi, che non possono risolversi con l'andare
a vivere nel verde fuori dalla città. Serve prima di tutto un grande
spirito di adattamento, che aiuta a trovare la propria serenità in
qualsiasi luogo». La tua scelta di lasciare la città da
dove è nata? «Ho vissuto in diversi luoghi, fino ad approdare
a Milano. Stavo in città e pensavo alla montagna, anche se per esempio
la vita culturale mi piaceva molto. Ho rinunciato a delle cose a favore
di altre: vivo in un posto bellissimo, ma se devo andare a teatro
devo deciderlo giorni prima, sentirmi con un'amica, organizzarmi.
Cuneo, il centro più vicino dista 60 chilometri. D'altra parte ho
guadagnato uno stile di vita più sostenibile». Di cosa
ti occupi nella tua vita di tutti i giorni? «Ho un'azienda
agricola, ma ora sono più impegnata nell'attività editoriale e l'ho
un po' abbandonata. Ho allevato capre e fatto il formaggio per sette
anni. Ora ho un orto, un frutteto e i miei vicini mi aiutano nella
gestione della terra. Gli animali li ho lasciati perché sono un impegno
quotidiano e richiedono una presenza costante: io sono sola e pur
avendo dei buoni vicini è difficile gestire un allevamento».
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foto di Roberta Ferraris |
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Che rapporto hai con il resto della comunità,
ci sono dei giovani? «Queste terre hanno vissuto il boom demografico
alla metà dell'800, poi si sono spopolate con le guerre e con l'emigrazione
per il lavoro nel dopoguerra. Oggi sono sempre meno abitate, ci sono
molti anziani, quelli che non se ne sono mai andati, nonostante tutto.
Sono contadini che mantengono le loro abitudini, tutt'altro che zotici,
anche se a volte sono talmente testardi da negare l'evidenza. Un esempio:
qui allevano le vacche al chiuso senza farle pascolare. Le stalle
vengono tenute chiuse per paura delle correnti fredde e così si crea
un'aria densa di ammoniaca che provoca disturbi respiratori agli animali.
Nonostante le vacche siano spesso ammalate, i contadini non vogliono
ammettere che dipenda dal loro modo di allevarle. In ogni caso è difficile
inserirsi in una comunità di campagna, chi è rimasto qui è chi non
ha mai avuto il coraggio di andare via e si sente una sorta di amarezza
diffusa, un senso della sconfitta. I giovani se ne vanno». Ma
le aziende agricole della zona funzionano, c'è attenzione per i prodotti
tipici? «Assolutamente sì, qui c'è una grande varietà di prodotti
dop, come il Murazzano, un formaggio fresco di pecora, le patate,
un tipo di mais antico che si chiama Ottofile, quello più indicato
per fare la polenta, oppure una serie di cereali antichi, come il
grano saraceno. Quella dell'Alta Langa è anche una terra ricca di
tartufi, per esempio il tartufo bianco d'Alba si raccoglie nei nostri
boschi.
Ci sono anche degli animali originari di queste terre, che però si
stanno estinguendo, come la pecora di Langa, di cui oggi se contano
soltanto 1000 capi nelle Langhe e 50 mila nel resto d'Italia. Queste
zone si stanno spopolando e di conseguenza rimboschendo, non a caso
sono tornati i lupi». Come vedi il futuro in queste terre?
«C'è il rischio che i pochi contadini rimasti se ne vadano, o che
una volta morti nessuno li rimpiazzi e allora tutto andrebbe in malora.
La mia speranza è che sempre più persone, soprattutto giovani, scelgano
la campagna e vengano qui a lavorare la terra. Servono tante energie
per far vivere questi luoghi!». Roberta
Ferraris è nata in provincia di Vercelli nel 1960. È anche socio
fondatore dell'associazione “La compagnia dei cammini”, che organizza
escursioni dai 4 ai 15 giorni nel Mediterraneo. Dal 1994 si occupa
di turismo sostenibile e collabora con vari editori, fornendo testi
foto e illustrazioni ad acquerello. È autrice di diverse pubblicazioni,
tra cui “Vado a vivere in campagna”, “Bread & kids. Fare il pane
in casa con i più piccoli”, “Una zucchina non fa primavera. Guida
alla frutta e verdura (e non solo) di stagione”, e numerose guide
per amanti delle passeggiate e del turismo sostenibile. Ha un sito:
http://www.disegnonaturalistico.it/index.html
Scrivici: redazione@possibilia.eu
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foto di Roberta Ferraris |
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