Il periodico
Dopo una laboriosa (e avventurosa) preparazione, a ottobre 2009 esce il
numero zero di www.possibilia.eu periodico online per curiosi. Una realizzazione
che riflette l'orizzonte libero e senza preconcetti della nostra linea editoriale.
Da subito, un gruppo di autori aderisce al progetto, alcuni dei quali formano
il nucleo redazionale più stabile.
Possibilia si non si propone di fare informazione in senso stretto: tante
altre testate più veloci e attrezzate ricoprono già questo ruolo. La nostra
rivista desidera offrire ai suoi lettori contenuti insoliti, dando diritto
di cittadinanza a temi o chiavi di lettura spesso trascurati o snobbati.
Un periodico generalista a 360 gradi? Solo in parte. Possibilia non funziona
per compartimenti tematici, ma per modalità di approccio alla materia. Accoglie
così una sezione per Dilettarsi, una per Pensare e una per Sorridere. Si
aggiungono una sezione di News - la sezione “d'attualità” della testata
- e una sezione destinata ai Pubbliredazionali, con lo scrupolo di mantenere
eticamente distinti contenuti commerciali e redazionali, valorizzando così
entrambi.
Con la nuova versione della rivista, inaugurata nel 2012, abbiamo deciso
di aggiungere una sezione (le Rubrilie) dedicata alle nostre passioni: il
vino, il rugby e il viaggio.
Contatta la redazione: redazione@possibilia.eu
I libri
Nel 2010, gli esiti incoraggianti della rivista e il desiderio di ampliare
il progetto editoriale dànno vita alla parte cartacea della nostra attività.
Vai a www.possibiliaeditore.eu |
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Il logo ufficiale dei prodotti
bio dell'Ue |
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Vino Finalmente
il vino bio!(?) L'Ue ne combina
un'altra delle sue e approva un semi-disastro. di
Samuel Cogliati |
Ne discutevano da vent'anni, e dal lontano 1991 non riuscivano a mettersi
d'accordo su che cosa dovesse essere chiamato “vino biologico”. Finalmente,
gli esperti del Comitato permanente per l'agricoltura biologica, che
coinvolge i 27 Stati membri dell'Unione europea, si sono accordati,
e hanno approvato, lo scorso 8 febbraio 2012, le regole che permetteranno
alle aziende vitivinicole di etichettare come “vino biologico” i prodotti
che le rispetteranno a partire dalla vendemmia 2012. Nello specifico,
si tratta di alcuni emendamenti al regolamento europeo 834 del 2007,
che definiva e disciplinava gli alimenti bio, ad eccezione appunto
del vino.
Nella sostanza, questi emendamenti accolgono per il neonato vino bio
le stesse procedure previste per la produzione degli altri vini dal
regolamento 606 del 2009, che definisce le regole per il mercato comune
europeo. Unica differenza di sostanza, l'abbassamento di circa un
quarto del tasso massimo consentito di solfiti, rispetto ai vini non
bio. I rossi potranno contenerne fino a 100 milligrammi/litro, i bianchi
e i rosati fino a 150 milligrammi/litro (con una deroga verso l'alto
per i vini dolci). Queste quantità sono molto più elevate di quelle
normalmente impiegate dai vignaioli che producono vini naturali (siano
essi certificati da agricoltura biologica o meno); talmente elevate
che risultano quasi irrilevanti da un punto di vista della tutela
della salubrità.
Fino alla vendemmia 2011, non esistevano vini “bio”. La certificazione
biologica o biodinamica era limitata all'agricoltura, e dunque alle
uve. Proprio ciò che accade dalla raccolta delle uve in poi è stato
per tanti anni l'oggetto del contendere. Si è sempre obiettato, giustamente,
che uve bio non possono essere vinificate con tecnologie e additivi
enologici utilizzati anche dai vini convenzionali.
Il nuovo regolamento - come temevano molti addetti ai lavori - sdogana
dunque il termine biologico in tutto e per tutto anche per quei vini
prodotti in modo tutt'altro che naturale (acidificati, deacidificati,
chiarificati, aggiunti di lieviti ed enzimi industriali, ecc...).
Così facendo, non si tutela in nulla il consumatore, ma anzi lo si
trae in inganno: da adesso in poi, chi comprerà vini ufficialmente
bio (convinto di essere finalmente garantito da questo marchio e dal
suo logo), acquisterà gli stessi prodotti che prima erano certificati
solo con l'espressione “da uve da agricoltura biologica”, dunque non
necessariamente “puliti” in tutte le fasi della loro produzione.
Ma questa è solo una parte della cattiva notizia. L'altra parte -
molto più ufficiosa e meno sbandierata -, è che i vignaioli che producono
già da tempo vini puliti dal vigneto alla bottiglia, e per questo
motivo li definiscono vini naturali (essendo impossibilitato a chiamarli
biologici), sempre più spesso si vedono contestare e reprimere questa
dicitura dalle autorità competenti. Qualcuno di loro è stato multato
con varie motivazioni, incluso il presunto abuso della dicitura “naturale”.
(Brutto) segno di un atteggiamento sempre più miope e autoritario
di istituzioni e mercato, ovvero dei grandi poteri, che non si accontentano
più di mettere in campo una legislazione asservita alle loro logiche
e ai loro interessi, ma iniziano a reprimere e intimorire il dissenso
(sia esso manifestato o agito). E questo può solo preoccuparci.
Scrivici: redazione@possibilia.eu
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