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Il periodico
Dopo una laboriosa (e avventurosa) preparazione, a ottobre 2009 esce il
numero zero di www.possibilia.eu periodico online per curiosi. Una realizzazione
che riflette l'orizzonte libero e senza preconcetti della nostra linea editoriale.
Da subito, un gruppo di autori aderisce al progetto, alcuni dei quali formano
il nucleo redazionale più stabile.
Possibilia si non si propone di fare informazione in senso stretto: tante
altre testate più veloci e attrezzate ricoprono già questo ruolo. La nostra
rivista desidera offrire ai suoi lettori contenuti insoliti, dando diritto
di cittadinanza a temi o chiavi di lettura spesso trascurati o snobbati.
Un periodico generalista a 360 gradi? Solo in parte. Possibilia non funziona
per compartimenti tematici, ma per modalità di approccio alla materia. Accoglie
così una sezione per Dilettarsi, una per Pensare e una per Sorridere. Si
aggiungono una sezione di News - la sezione “d'attualità” della testata
- e una sezione destinata ai Pubbliredazionali, con lo scrupolo di mantenere
eticamente distinti contenuti commerciali e redazionali, valorizzando così
entrambi.
Con la nuova versione della rivista, inaugurata nel 2012, abbiamo deciso
di aggiungere una sezione (le Rubrilie) dedicata alle nostre passioni: il
vino, il rugby e il viaggio.
Contatta la redazione: redazione@possibilia.eu
I libri
Nel 2010, gli esiti incoraggianti della rivista e il desiderio di ampliare
il progetto editoriale dànno vita alla parte cartacea della nostra attività.
Vai a www.possibiliaeditore.eu |
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Cinema: “Gianni e le donne”
L'autoironia vincente Il
nuovo film di Gianni Di Gregorio: quando il remake e il déjà
vu non riescono a stufare. |
Per chi ha visto Il pranzo di ferragosto, la sensazione è quella
di un déjà vu, di un remake dichiarato. Uno di quei casi in cui l'autore
non ha motivo di nascondere che un tema lo sta travagliando, portandolo
alla ripetizione di concetti e ossessioni, più che a un'evoluzione
del pensiero. Come le ultime pellicole di Pedro Almodóvar o di Jean-Pierre
Jeunet.
Stessi cliché: ambientazione deliziosamente romana; universo femminile
compiuto; misto di rassegnazione e smarrimento negli uomini di mezza
età.
La vicenda di Gianni - prepensionato in bilico tra un matrimonio sgretolato
e una vita sociale di quartiere - è quella di tanti uomini di mezza
età: dal bar al balcone, dalle commissioni ordinate dalla moglie alle
visite all'anziana mamma (affettuosamente) tirannica. È la storia
di tanti attempati ragazzoni in cerca di un senso per l'ultimo ventennio
di vita, e di una scintilla che faccia rinascere il sussulto salvifico
dell'amore. È la ricerca del gusto della vita, prima che sia troppo
tardi, perché - si sa - nella specie Homo sapiens sapiens per
i maschi il “troppo tardi” arriva molto prima che per le donne.
E questo gusto della vita, per Gianni, sono le carezze, i seni e le
cosce delle donne, ed è il vino bianco per cui si può anche indebitarsi
- già nel Pranzo era al centro della scena -, nell'apprezzabilissima
difesa e celebrazione del colore più bello. Nel vino bianco si fondono
purezza, freschezza, leggiadria, ebbrezza, meditazione, idratazione,
essenzialità. Ecco perché, oltre a essere il vino più interessante,
è una metafora efficace di quell'età della vita e di quelle semplici
aspirazioni.
Poco importa se Di Gregorio riprende schemi già visti nella sua precedente
pellicola, e se questo gioco un po' manieristico nella seconda parte
del film rallenta l'azione, rendendolo meno avvincente. L'autoironia
sincera e sperticata della sceneggiatura vince su tutto e fa di Gianni
e le donne un lavoro che deve essere visto. Anche perché tutto
è perfettamente, assolutamente credibile, e la credibilità è un valore
di cui abbiamo drammaticamente bisogno oggi. Samuel Cogliati
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