Il periodico
Dopo una laboriosa (e avventurosa) preparazione, a ottobre 2009 esce il
numero zero di www.possibilia.eu periodico online per curiosi. Una realizzazione
che riflette l'orizzonte libero e senza preconcetti della nostra linea editoriale.
Da subito, un gruppo di autori aderisce al progetto, alcuni dei quali formano
il nucleo redazionale più stabile.
Possibilia si non si propone di fare informazione in senso stretto: tante
altre testate più veloci e attrezzate ricoprono già questo ruolo. La nostra
rivista desidera offrire ai suoi lettori contenuti insoliti, dando diritto
di cittadinanza a temi o chiavi di lettura spesso trascurati o snobbati.
Un periodico generalista a 360 gradi? Solo in parte. Possibilia non funziona
per compartimenti tematici, ma per modalità di approccio alla materia. Accoglie
così una sezione per Dilettarsi, una per Pensare e una per Sorridere. Si
aggiungono una sezione di News - la sezione “d'attualità” della testata
- e una sezione destinata ai Pubbliredazionali, con lo scrupolo di mantenere
eticamente distinti contenuti commerciali e redazionali, valorizzando così
entrambi.
Con la nuova versione della rivista, inaugurata nel 2012, abbiamo deciso
di aggiungere una sezione (le Rubrilie) dedicata alle nostre passioni: il
vino, il rugby e il viaggio.
Contatta la redazione: redazione@possibilia.eu
I libri
Nel 2010, gli esiti incoraggianti della rivista e il desiderio di ampliare
il progetto editoriale dànno vita alla parte cartacea della nostra attività.
Vai a www.possibiliaeditore.eu |
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Second Story Sunlight (Secondo
piano al sole), 1960 © Whitney Museum of American Art, New
York
Foto Steven Sloman |
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Mostre: Roma,
Milano, Losanna, bookshop A
tutti piace Hopper! L’epoca
dei supermanager dell’arte. |
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L’artista preferito di Gianfranco? Edward Hopper!
L’artista preferito di Marlene? Edward Hopper!
L’artista preferito di Emiko e Paolo? Edward Hopper!
L’artista preferito di Lorenzo? Edward Hopper!
L’artista preferito di Elena, Alessandro e Anna? Edward Hopper!
Con questo testo, i cartelloni pubblicitari annunciavano l’arrivo
della mostra di Edward Hopper a Milano, nelle sale di Palazzo Reale,
dove resterà aperta fino al 31 gennaio 2010. I primi manifesti avevano
iniziato a campeggiare sui muri e negli spartitraffico meneghini all’inizio
dell’estate: esseri umani diversi per età e foggia, atti a condensare
in sé la rappresentazione del più vasto numero possibile di sottoculture,
redditi e stereotipi urbani, brandivano una riproduzione incorniciata
del dipinto Secondo piano al sole e strillavano alla città
la propria predilezione per il pittore americano.
Edward Hopper, nato nel 1882 e scomparso nel 1967, ha un ruolo fondamentale
nella pittura statunitense del Novecento, ma non è per il percorso
o per il talento che il suo nome è riuscito ad arrivare sulla bocca
di tutti. Hopper è celebre perché da anni le sue opere sono riprodotte
su milioni di gadget da museum store: tazze, poster, ombrelli,
magliette. Questo successo commercial-popolare si giustifica facilmente
con l’intelligibilità dei dipinti di Hopper, generalmente ritenuti
“realistici”: la riconoscibilità quasi fotografica dei soggetti, unita
a un perfetto equilibrio compositivo e a un eccezionale senso del
colore, rende i suoi lavori fruibili e identificabili da un ampio
pubblico che trova in essi un facile appiglio cui ancorare il proprio
traballante gusto.
La esposizione milanese è ricca di disegni preparatori ma povera di
dipinti finiti. Al di là della mostra, merita di essere ricordata
la campagna lanciata per promuoverla perché, per la prima volta senza
tentare di ammantarla con un velo di sobrietà accademica, scopre una
concezione specchio dell’epoca dei supermanager dell’arte presi in
prestito ai fast food. L’editoria ha il bestseller e il cinema ha
il blockbuster. All’arte, le riproduzioni di Van Gogh, Klimt, Hopper
e le mostre come quella milanese, perfette nel raggiungimento del
loro triplice obiettivo: attirare le masse (oltre 10mila i visitatori
nella prima settimana di apertura, più di 100mila in due mesi), uniformare
l’offerta (la stessa selezione di opere migrerà a Roma, da febbraio
a giugno 2010, poi a Losanna) e soddisfare le aspettative di un pubblico
vasto e non specializzato, non abituale frequentatore di gallerie
e musei, ma abituato a definire la propria identità compilando profili
e utilizzando espressioni come “il mio artista preferito”. Questo
pubblico quello che dice di amare Hopper a Palazzo Reale e alla
Fondazione Roma Museo troverà esattamente quello che cerca: nel bookshop.
Poster a partire da 10 euro. Silvia Conti |
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