(L’armeria – fotografia © Walter Carrera, Museo Poldi Pezzoli, Milano)
Visita alla casa-museo dell’antica famiglia nobile di Milano: quell’incredulità benefica.
di Samuel Cogliati
Milano – ottobre 2016
Quando visitai per la prima volta il museo Poldi Pezzoli avrò avuto dieci anni, probabilmente nel contesto di una visita scolastica. Il ricordo ne rimase sufficientemente vivido da lasciare tracce indelebili, e indurmi, trent’anni dopo, in una grigia domenica di ottobre, a tornarvi, con un non so che di aspettativa, quasi di puerile eccitazione.
La prima cosa da dire, è che il museo merita di andarci. Forse non una lunga trasferta da lontano, ma un paio d’ore della propria giornata sì, se si passa da Milano. Un certo stupore per gli occhi balza spontaneamente dall’ammirazione che inducono le migliaia di oggetti custoditi. Documentarsi preventivamente sulle suddette arti aggiungerà piacere al piacere, ma non è indispensabile essere esperti di meccanica, di oreficeria o di tornitura per restare profondamente colpiti dalla bellezza, e soprattutto dall’eccezionalità dei manufatti.
Il museo accoglie e protegge anche numerosissimi dipinti antichi, molti dei quali di epoca rinascimentale. Ha qualcosa di quasi surreale trovarsi a cospetto di opere di quattro, cinque o settecento anni a un palmo dal proprio naso, in un ambiente in fondo così intimo (non oso dire “domestico”). Il Poldi Pezzoli, infatti, è una “casa-museo”, e nonostante la cura formale del contesto, questa matrice si coglie a tratti in modo evidente.
Ma al di là delle opere di Pollaiolo, Pinturicchio, Canaletto, Lotto o Mantegna, ciò che connota questa istituzione milanese è la raffinata e copiosa oggettistica. Orologi, porcellane, ori, suppellettili talora quasi indecifrabili popolano decine di scansie. Talora è sorprendente leggere, accanto a oggetti di raffinata e moderna fattura, una data di produzione risalente a tre o quattro secoli or sono. È uno stupore che innesca un vero e proprio salto nel tempo, e una forma di disorientamento.
Da qui scaturisce il primo dato di emozione, quasi di incredulità. Perché nel XXI secolo è difficile immaginare tanta perizia, tanta dedizione e probabilmente tanta lentezza nella creazione di un lussuoso oggetto, seppur commissionato da un facoltoso cliente.
Questa incredulità emerge con forse ancor maggiore prepotenza nell’armeria. Non sono mai stato un appassionato d’armi, anzi. Ma nell’osservare questo spazio – peraltro magnificamente concepito da Arnaldo Pomodoro – lo stupore è ancora più intenso. Come ammettere che, nella realizzazione di un oggetto sulla carta così prosaicamente funzionale come un ferro destinato a dare la morte a un nemico, si metta tanta meticolosità artistica? Occorre calarsi nello spirito di un altro tempo, in cui la fattura di un elmo, di un’elsa o di un moschetto doveva dire qualcosa di esplicito e potente sul suo proprietario, alla stregua di ciò che oggi accade con un cellulare di ultimo grido, o meglio con un abito su misura o un’auto fuoriserie. Ma la bellezza di quel gesto artigianale sembra essere andata comunque irrimediabilmente perduta, come una competenza e un’urgenza tramontate nella loro necessità, e una disposizione oggi non più riproducibile.
Infine l’ultimo stupore: paradossalmente, la sala delle armi del Poldi Pezzoli ci scaraventa violentemente in una dimensione reale. Le spade, le alabarde, i fucili ostentati in abbondanza nell’attuale armamentario mediatico hanno dimensioni e pesi umani, irrilevanti. Quelli reali, del secondo millennio della nostra èra, invece no. Appaiono sovradimensionati, incutono timore, prima ancora che per la loro finalità, per la loro massa, tanto più se si considera che i belligeranti del Medioevo o del Rinascimento erano più piccoli dei body-builder del III millennio. Quante ore di palestra, e quanti bidoni di capsule iperproteiche attendevano i cavalieri del tempo che fu, per muoversi senza imbarazzo nelle corazze da decine di chili, e per maneggiare lance che appaiono improponibili ai nostri tempi? Chi estrarrebbe, oggi, la spada nella roccia?
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Museo Poldi Pezzoli
Via Manzoni, 12
20121 Milano
t. (+39) 02.79.48.89/63.34
info: ferraris@museopoldipezzoli.it
www.museopoldipezzoli.it