Vecchie e nuove abitudini della ristorazione vigente nel XXI secolo.
di Samuel Cogliati
gennaio 2018
Non ci sono più le tovaglie di una volta. In molti ristoranti, trattorie, wine bar, bistrot, enoteche e affini sono già sparite. Sono stato in una piacevole trattoria che avevo visitato vent’anni or sono. Era provvista di tradizionali e un po’ bruttine tovaglie a quadretti rossi e bianchi; sono state sostituite da tovagliette rettangolari “all’americana” di carta ruvida color senape.
Il modello, mi pare, è probabilmente la ristorazione delle capitali “avanzate” – Parigi o Londra, ad esempio – dove spesso le tovaglie di tessuto sono state diffusamente abolite da anni. Ne hanno preso il posto le tovagliette di vari materiali, cartacei, plastici o succedanei, oppure i cosiddetti “runner“, fasce di tessuto larghe come il piatto o poco più, che corrono trasversalmente al tavolo, da un lato all’altro. Suppongo che il motivo principale di questa strategia sia di ordine economico. Acquisto, manutenzione e pulizia del tovagliato sono relativamente onerosi. Senza tovaglia, inoltre, si guadagna tempo e semplicità nella mise en place.
Diamo per buona questa spiegazione. Occorre tuttavia notare che, nella maggior parte dei casi, non è stata abolita dal menù la voce “coperto”; e questo pare incoerente. Non è mia abitudine – né è elegante o opportuno – fare i conti in tasca agli altri, soprattutto a chi lavora. E la ristorazione è un lavoro spesso assai faticoso e ingrato. Peraltro, le “logiche” urbanistiche della pressione e della speculazione edilizia gravano sempre di più su locazioni e prezzi di acquisto degli immobili, in particolar modo nei “quartieri alti” (ovvero ormai quasi tutti quelli non dichiaratamente popolari e disagiati). Questa voce pesa di certo in maniera considerevole sui bilanci dei ristoratori, e può concorrere a spiegare la scelta di abolire il tovagliato.
Detto questo, trovo che questa opzione risulti più sciatta che moderna, easy o trendy. Dal mio retrivo modo di vedere, la tovaglia e i tovaglioli di tessuto rimangono un dato di civiltà, di cura e di rispetto per i commensali, per sé stessi, oltre che per il pasto, concepito come atto culturale e rituale, prima che alimentare.