(foto Samuel Cogliati)
I 2009 e 2010 di Arola: vini probanti
di Samuel Cogliati
Settembre 2015
Se dopo tutti questi anni di eloquenti degustazioni, e soprattutto di goderecce bevute, ve ne fosse stato ancora bisogno, due annate del lambrusco emiliano di Camillo Donati, gustate a distanza ravvicinata l’una dall’altra, hanno portato una lampante dimostrazione della capacità di questa cultivar di invecchiare con profitto. La qual cosa – vale la pena in questo specifico frangente ricordarlo – non equivale banalmente a conservarsi.
Certo, il vignaiolo appartiene a quella ristretta schiera di produttori “illuminati” che negli ultimi dieci-quindici anni hanno fattivamente contribuito a un vero e proprio rinascimento del lambrusco. Elenco (tutt’altro che esaustivo) di cui fanno ad esempio parte a vario titolo Vittorio Graziano, Mimma Vignoli, i fratelli Masini, Vanni Nizzoli, ecc.
Che, ben coltivato e accuratamente vinificato, il lambrusco non andasse considerata varietà di seconda scelta né di rincalzo era ampiamente attestato. Ciò che mi pare tutt’oggi meno pacificamente conclamato, invece, è il suo più che discreto potenziale evolutivo. Non fraintendiamo e non eccediamo: il lambrusco non è né probabilmente è in grado di essere un vino da lungo o lunghissimo invecchiamento, perlomeno se vinificato secondo la più autentica tradizione frizzantistica “ancestrale” (il che non impedisce di ipotizzare sperimentazioni differenti). Nondimeno le due bottiglie cavate nelle ultime settimane dalla mia cantina sono conferme (e in parte anche un po’ sorprese) più che confortanti. Vini non solo ammirevolmente mantenutisi nel tempo, ma anche eccezionalmente maturati. Nonostante il tappo a corona (ma anziché “nonostante” dovremmo forse iniziare a dire “grazie a”?).
È vero: sia la 2009 sia la 2010 erano annate dal profilo eccezionale già quando uscirono sul mercato. (Ricordo divertito che Camillo era un po’ preoccupato del fatto che il suo ‘09 non fosse quasi riuscito a rifermentare in bottiglia, tanta era la sua densità). Non era però scontato – almeno per me – pronosticare un avvenire così radioso per questi due lambruschi Maestri di Arola, Langhirano, sui colli parmensi. Invece entrambi si sono dimostrati perfettamente integri, reattivi e grintosi, eleganti e pieni di fascino. Nonché vincenti persino della prova a bottiglia aperta (a dire il vero di sole 24 ore, ché più a lungo non sono riuscito a farli durare…). Un solo rammarico: non averne in serbo altre bottiglie.
La degustazione
Lambrusco dell’Emilia Camillo Donati 2010
Spuma fioca e opaca. Vinoso ma evoluto, profondamente speziato e selvatico (pellame). Brioso, prensile, pienamente sapido, minerale, lungo e delicato.
[giugno 2015]
Lambrusco dell’Emilia Camillo Donati 2009
Etereo e speziato, delicatamente animale; sostanza e contegno. Pieno, solare, dolcemente fruttato. Sapidissimo. Di eccelsa lunghezza.
[agosto 2015]