Il periodico
Dopo una laboriosa (e avventurosa) preparazione, a ottobre 2009 esce il
numero zero di www.possibilia.eu periodico online per curiosi. Una realizzazione
che riflette l'orizzonte libero e senza preconcetti della nostra linea editoriale.
Da subito, un gruppo di autori aderisce al progetto, alcuni dei quali formano
il nucleo redazionale più stabile.
Possibilia si non si propone di fare informazione in senso stretto: tante
altre testate più veloci e attrezzate ricoprono già questo ruolo. La nostra
rivista desidera offrire ai suoi lettori contenuti insoliti, dando diritto
di cittadinanza a temi o chiavi di lettura spesso trascurati o snobbati.
Un periodico generalista a 360 gradi? Solo in parte. Possibilia non funziona
per compartimenti tematici, ma per modalità di approccio alla materia. Accoglie
così una sezione per Dilettarsi, una per Pensare e una per Sorridere. Si
aggiungono una sezione di News - la sezione “d'attualità” della testata
- e una sezione destinata ai Pubbliredazionali, con lo scrupolo di mantenere
eticamente distinti contenuti commerciali e redazionali, valorizzando così
entrambi.
Con la nuova versione della rivista, inaugurata nel 2012, abbiamo deciso
di aggiungere una sezione (le Rubrilie) dedicata alle nostre passioni: il
vino, il rugby e il viaggio.
Contatta la redazione: redazione@possibilia.eu
I libri
Nel 2010, gli esiti incoraggianti della rivista e il desiderio di ampliare
il progetto editoriale dànno vita alla parte cartacea della nostra attività.
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Fotoreportage
da una raccolta Il pescatore
di olive Racconto di una giornata
in mare, dall’alba fredda alle ultime ore di sole e di lavoro.
Un mare verde e argento. di Federico
Scoppa |
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La mattina è fredda, la luce radente fatica a filtrare fra le foglie
bagnate dall’umidità notturna. Il pescatore si mette gli stivali,
l’impermeabile ed esce. Controlla le condizioni, sceglie la zona e,
finalmente, stende le reti. È un lavoro abbastanza complesso, bisogna
giocare con mosse precise. Le olive si muovono velocemente e un errore
potrebbe sparpagliarle per l’intero spazio circostante. Come in mare,
anche a terra servono varie persone per mettere le maglie di nylon.
Tirare è portare l’intreccio a coprire l’area più ampia, e che siano
le onde o le balze c’è sempre qualche elemento a rendere più difficile
l’azione.
Verso metà del giorno arriva un momento di tregua, poche decine di
minuti per riprendere le forze. Un panino o una zuppa di farro con
l’olio dell’anno passato rimettono in sesto l’organismo. Intanto il
sole si è alzato e con esso la temperatura, il corpo risponde meglio,
l’impermeabile non serve più. Una volta stese le reti è tutta questione
di forza fisica: per pescare olive bisogna arrampicarsi, stringere,
sbattere, piegarsi.
Finalmente, dopo che la pianta ha ceduto tutti i suoi frutti, è il
momento di tirare le reti, di concentrare tutto il pescato al centro
del maglio e, una volta issato, svuotare tutto in grossi bacini; così,
al calar del sole, si ritorna in porto, i secchi colmi riempiono la
stiva, la giornata di lavoro volge al termine. L’equipaggio solitario
ha fatto il suo lavoro.
Poi il frantoio. Per un raccoglitore è esattamente quello che è il
mercato ittico per un pescatore. Si arriva con il proprio pescato,
e ci sono gli altri. Altre persone che hanno nel medesimo tempo, ma
separatamente, compiuto l’identico sforzo che il nostro ha fatto in
un anno di attesa e di lavoro; adesso siamo qui, ognuno con i frutti
delle proprie piante. Dentro il grosso recipiente di plastica sono
raccolte le olive e a fianco alle sue quelle degli altri. Inevitabili
gli sguardi, i commenti, le battute di persone che si vedono una o
poche più volte all’anno.
La parte romantica non esiste più; non ci sono più le macine di pietra
tirate dai muli e non ci sono più le grandi barre di ghiaccio che
si vedevano nelle pescherie. Adesso è un tripudio di acciaio e tecnologia.
Da una parte entrano le olive e dall’altra esce l’olio. Ma questo
non importa né al pescatore né, tanto meno, al raccoglitore. Ciò che
davvero interessa è il risultato.
Un sottile fiotto di liquido verde esce dal tubo di inox e si tuffa
nel bidone. Quella che non si percepisce normalmente è la lentezza
inesorabile di questo processo. Da quando si lasciano i frutti d’olivo
a quando cola il denso oro verde possono passare diverse ore: a volte
l’attesa è snervante, sfibrata. I cavalli sono partiti, la corsa iniziata,
si ha solo lo scontrino della scommessa in mano. Non si può fare più
niente, solo attendere. Sotto lo sguardo dei compagni di avventura
anche loro appena tornati in porto.
Quando il fusto si riempie di molle fluido verde, nessuno resiste
alla tentazione di mettere un dito nella densità vischiosa del liquido.
Un’emozione forte riempie la bocca. I pescatori cucinano i totani
più piccoli appena pescati; direttamente a bordo, senza pulirli, semplicemente
fritti un una piccola padella; è un sapore fortissimo, solo chi conosce
il mare e la sua vera essenza può apprezzarlo. Così è con l’olio appena
franto, il suo sapore potente, piccante, sale nel naso, ma per chi
lavora da giorni arrampicato sulle piante o piegato tra l’erba è uno
dei migliori sentori al mondo.
Le ultime ore di luce si usano per rammendare le reti, riparare i
buchi e sperare che nella notte il vento, la pioggia, il mare mosso
non blocchino un’altra uscita di pesca.
Distrutti, si rincasa quando è già buio da tempo. Le ultime forze
vengo utilizzate per preparare una semplice ed energica cena. Con
un mestolo si preleva direttamente dal grosso catino il succo delle
olive appena frante, giusto il tempo per condire una bruschetta all’aglio,
due patate bollite e un dentice (vero) appena pescato. Federico
Scoppa, fotografo professionista, italo-francese, risiede dove si
trova nel dato momento, finché non si sposta da un’altra parte.
Ha una base a Capri e una a Lucca |
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