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Il periodico
Dopo una laboriosa (e avventurosa) preparazione, a ottobre 2009 esce il numero zero di www.possibilia.eu periodico online per curiosi. Una realizzazione che riflette l'orizzonte libero e senza preconcetti della nostra linea editoriale.
Da subito, un gruppo di autori aderisce al progetto, alcuni dei quali formano il nucleo redazionale più stabile.
Possibilia si non si propone di fare informazione in senso stretto: tante altre testate più veloci e attrezzate ricoprono già questo ruolo. La nostra rivista desidera offrire ai suoi lettori contenuti insoliti, dando diritto di cittadinanza a temi o chiavi di lettura spesso trascurati o snobbati. Un periodico generalista a 360 gradi? Solo in parte. Possibilia non funziona per compartimenti tematici, ma per modalità di approccio alla materia. Accoglie così una sezione per Dilettarsi, una per Pensare e una per Sorridere. Si aggiungono una sezione di News - la sezione “d'attualità” della testata - e una sezione destinata ai Pubbliredazionali, con lo scrupolo di mantenere eticamente distinti contenuti commerciali e redazionali, valorizzando così entrambi.
Con la nuova versione della rivista, inaugurata nel 2012, abbiamo deciso di aggiungere una sezione (le Rubrilie) dedicata alle nostre passioni: il vino, il rugby e il viaggio.

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I libri
Nel 2010, gli esiti incoraggianti della rivista e il desiderio di ampliare il progetto editoriale dànno vita alla parte cartacea della nostra attività.
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foto di Danilo Fondrini
Nuvole/4: Sul Cessna con gli istruttori di volo dell’Aero Club Milano

La nuvola e il pilota
Il banco di nebbia e la forza terrificante del cumulonembo.

di Samuel Cogliati

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«Insieme visibile di particelle liquide o solide o miste in sospensione nell’atmosfera, classificato in vari generi secondo la forma», dice il vocabolario alla voce nube.
Le nuvole, in varie salse, sono frutto di discorsi, di metafore, di lunghe contemplazioni in riva al mare... Sempre a distanza, perché, anche se il cielo d’Irlanda si muove con te ­ dove le nuvole possono essere così basse da toccarle quasi con mano - come canta Fiorella Mannoia, è la loro pancia, il loro ventre gigantesco che osserviamo noi mortali dalla scorza dura di questa Terra. E qualcosa delle nuvole ci sfugge puntualmente.
Se da Mannoia ci spostiamo verso Paolo Conte, i più parleranno di Messico e nuvole, la faccia triste dell’America, con il vento che suona la sua armonica. Ma chi del maestro astigiano ha in mente soprattutto Aguaplano, e ancora meglio chi ricorda il favoloso incipit dell’Ultima donna, sa bene che il cielo è (diventato) innanzi tutto areonautico [sic].
Così, abbiamo pensato che per parlare di nuvole ci servissero anche il punto di vista e la vibrazione del cuore di chi le studia, le tocca, le penetra, le vive, le teme. Al dinamico Aero Club Milano (fondato nel 1926, oggi con 450 soci, circa 30 velivoli e sede allo storico campo volo di Bresso, www.aeroclubmilano.it) abbiamo incontrato Maurizio Balestreri, Chief Flying Instructor) istruttore di volo acrobatico, e Agostino Arosio, (Chief Ground Instructor) ex pilota di caccia militari, istruttore e volatore per passione e per vocazione, che due anni fa festeggiò la sua 20.000esima ora di volo, prima di perdere il conto. Lasciando ad Agostino il tempo di dormire di notte, sono più o meno cinque anni della sua vita passati “con la testa tra le nuvole”.

Arosio: «Eh no! Altro che testa tra le nuvole! Nel volo non c’è nulla di casuale, nulla di improvvisato. Il pilota è un mestiere duro e rigoroso, e se fino a qualche decennio fa c’era chi si alzava in volo con un po’ di leggerezza, ormai l’addestramento è diventato una cosa molto seria».
- Per intascare un brevetto di pilota privato si seguono almeno 110 ore di teoria e 45 di pratica.
Arosio: «Ma non crediate che poi si sappia volare davvero! La mano si prende anche in poco tempo. Ma per la testa occorre tanta applicazione e pratica. Io non sono tanto tenero, ai nostri giovani do le bastonate!». [ride]
- Le nuvole sono un problema, per voi?
Balestreri: «Dipende. Intanto il meteo è fondamentale nella preparazione del volo. Se voli in Wfr ­ cioè “a vista”, guardando fuori - le nubi le devi evitare, non devi entrarci. Non puoi farlo, solo le regole dell’aria che lo impongono».
Arosio: «Di norma, nel dubbio si tende a tener conto delle previsioni più pessimistiche. Ma poi nel mondo aeronautico le valutazioni vanno fatte continuamente. Questo vale anche per i voli commerciali, che hanno sempre un aeroporto alternato».
- Alternato? Cioè?
Arosio: «Ogni volo ha aeroporti alternati. Sai già che se a un certo punto del volo sull’aeroporto di destinazione prevista non ci saranno le condizioni, ne hai già previsti altri in cui sarà possibile atterrare. Il concetto di base è lo stesso anche se viaggi con un volo strumentale e non a vista».
- E volando a vista vi è mai capitato di trovarvi di fronte a una perturbazione non prevista? Che cosa fai?
Arosio: «Beh, torni indietro o vai alternato».
Balestreri: «Ma in realtà, in una zona come Milano, si vola a 1.000/1.500 piedi/ground [cioè di altezza dal suolo]: spesso si passa sotto le nubi. L’importante è non entrarci dentro. Non deve succedere e non succede, ma se per un motivo imponderabile succedesse, non resterebbe che tornare indietro».
Arosio: «È anche una questione di regole. Il pilota ha delle regole e deve rispettarle. E deve già programmare che se rischia di andare al di sotto di una certa visibilità, deve tornare indietro».
Balestreri: «Anche perché il pilota Wfr non è addestrato per volare nelle nubi, quindi si troverebbe a disagio... perderebbe l’orizzonte e non saprebbe più che cosa fare... Invece il pilota addestrato per il volo strumentale con l’aereo Ifr, sa che è normale entrare in nube e sa come comportarsi».

foto di Danilo Fondrini

- Ma dal punto di vista emotivo, invece cambia?
Balestreri: «Un po’ cambia. Un pilota in addestramento ai primi voli con nubi è chiaro che ha delle difficoltà perché tende a guardare fuori e non vede niente. È come entrare in un banco di nebbia... e allora tutta l’attenzione va spostata sugli strumenti, sull’orizzonte artificiale che ti dice come procedere».
- Però in un banco di nebbia, male che vada, uno si ferma... Voi che cosa avete provato la prima volta che vi siete trovati di fronte a quel “banco di nebbia” e vi siete detti: “da adesso in poi non vedo più niente”?
Arosio: «Mah... quando parti per un volo strumentale, lo sai già, metti la testa dentro e vai... è indifferente».
- Ma proprio dal punto di vista emotivo...?
Arosio: «Io non mi ricordo neanche più...» [ride]
Balestreri: «Beh all’inizio... Ma sai, hai talmente tante cose a cui pensare, che ti concentri su altro».
Arosio: «La differenza è più per i passeggeri e più che altro sono i temporali che dànno disagio. In ogni caso, l’aeroplano è una macchina molto razionale e ha dei limiti molto precisi. E tu devi evitare determinate condizioni che possono creare dei problemi all’aeroplano. Il vero fattore di rischio su un aeroplano è il pilota».
- Ma la turbolenza non è soltanto nuvola, no?
Arosio: «Noooooo!!! Le nuvole non fanno niente! Una perturbazione sono movimenti convettivi, ascendenti e discendenti... c’è un’attività continua... La tendenza dei voli commerciali è comunque di evitare questi fenomeni. Noi lì dentro non ci andiamo proprio, con queste macchine fatte per il volo a vista, è un suicidio! Ci giri intorno».
- Una volta superate tutte le implicazioni tecniche, invece dal punto di vista “estetico”, del piacere, volare in una giornata tersa o in un panorama movimentato da nuvole, fa differenza? C’è la differenza che passa tra guidare un’auto in autostrada o su tornanti di montagna?
Arosio: «Volare è sempre un piacere. Anche la pioggia - se non c’è il diluvio universale - non limita più di tanto. Dipende da quanto incide sulla visibilità. Certo, il paesaggio ha un’espressione diversa».
Balestreri: «Anche la giornata serena è bella, perché hai più visibilità, più orizzonte. Però un pilota in una giornata con un po’ di nubi può trovarsi in una condizione interessante, perché nel volo a vista bisogna evitarle, e quindi c’è un lavoro di pilotaggio importante. È un elemento aggiuntivo che può anche essere visto positivamente: dici “ok, mi metto alla prova”, può essere un diversivo nella gestione del volo».
Arosio: «Senza dimenticare che nel volo la priorità assoluta è sempre la sicurezza. Il mondo aeronautico è sì condizionato dalle nuvole, ma non più di tanto.

foto di Danilo Fondrini

Certo, dieci o quindici anni fa, quando c’erano i nebbioni, Linate era chiuso. Adesso ci sono le nebbie, ma non cambia niente: sono cambiate le strumentazioni, è cambiato l’addestramento, sono migliorate le macchine e il controllo da terra... Adesso è la neve che condiziona le situazioni e la sicurezza. I tempi tecnici di sgombero delle piste incidono molto: sono superfici enormi. Il problema è a terra. Le nuvole incidono semmai nella scelta della rotta: se lungo una aerovia ci sono condizioni meteo davvero critiche ­ temporali, cumulinembi... - magari scegli una rotta diversa. Comunque è tutto programmato prima della partenza: il pilota studia un piano di volo molto preciso».
Balestreri: «Nei bollettini meteo, quando ci sono 10 chilometri o più di visibilità - scriviamo 9999 -, si può andare dove si vuole anche a vista».
Arosio: «Nell’addestramento, dipende invece anche dal livello dell’allievo e da che cosa devo fare. Se piove e ci sono nubi a 2.000 piedi, ma noi dobbiamo lavorare a 1.500 per fare dei touch and go, non c’è nessuna limitazione...».
Arosio: «Vedi quel fenomeno? È l’umidità che sale da terra e inizia a fare degli straterelli. Quando arriva dove cambia la temperatura, trova aria più fredda e condensa». - «Invece, quelle nubi lì sono molto alte... Saranno a 10 o 12.000 piedi. Mentre quelle proprio alte si chiamano cirri, e stanno a 20.000 piedi».
- Il colore delle nubi da che cosa dipende?
Arosio: «Dallo spessore. Infatti quando vedi i temporali, sono proprio scure. Il cumulonembo, la nube del temporale, è veramente una macchina con un’energia spaventosa. È un’espressione di energia della natura... Comunque per parlare davvero di nubi bisogna chiedere a un meteorologo. Il mondo aeronautico è molto complesso, non c’è niente di improvvisato. Noi siamo abituati a leggere dei romanzi o vedere dei film con il pilota che va “così”... con il foulard rosso attorno al collo... i top gun... Un bel niente! Quando trovi qualcuno che fa lo sbruffone, è a rischio».
- Qual è il momento più bello per volare?
Arosio: «All’alba. Il problema è avere il personale a terra, a quell’ora. È molto più libero il mondo degli ultraleggeri, che non hanno tante regole... Ma volare all’alba è bellissimo, c’è una limpidità... d’estate alle cinque della mattina è bellissimo...».
     
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