Il periodico
Dopo una laboriosa (e avventurosa) preparazione, a ottobre 2009 esce il
numero zero di www.possibilia.eu periodico online per curiosi. Una realizzazione
che riflette l'orizzonte libero e senza preconcetti della nostra linea editoriale.
Da subito, un gruppo di autori aderisce al progetto, alcuni dei quali formano
il nucleo redazionale più stabile.
Possibilia si non si propone di fare informazione in senso stretto: tante
altre testate più veloci e attrezzate ricoprono già questo ruolo. La nostra
rivista desidera offrire ai suoi lettori contenuti insoliti, dando diritto
di cittadinanza a temi o chiavi di lettura spesso trascurati o snobbati.
Un periodico generalista a 360 gradi? Solo in parte. Possibilia non funziona
per compartimenti tematici, ma per modalità di approccio alla materia. Accoglie
così una sezione per Dilettarsi, una per Pensare e una per Sorridere. Si
aggiungono una sezione di News - la sezione “d'attualità” della testata
- e una sezione destinata ai Pubbliredazionali, con lo scrupolo di mantenere
eticamente distinti contenuti commerciali e redazionali, valorizzando così
entrambi.
Con la nuova versione della rivista, inaugurata nel 2012, abbiamo deciso
di aggiungere una sezione (le Rubrilie) dedicata alle nostre passioni: il
vino, il rugby e il viaggio.
Contatta la redazione: redazione@possibilia.eu
I libri
Nel 2010, gli esiti incoraggianti della rivista e il desiderio di ampliare
il progetto editoriale dànno vita alla parte cartacea della nostra attività.
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Sulla pista per Ih Gazryn
Chuluu |
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Viaggio in Mongolia
La terra del vuoto apparente Alla
ricerca di silenzio e lande desolate, la viaggiatrice scopre uno spazio
variegato, popolato di suoni naturali e di gente ospitale.
testo e foto di Dania Ceragioli
Nell'incessante intercedere degli anni, dei mesi, dei giorni, arriva
un momento in cui si sente l'esigenza di fermarsi. Di creare il vuoto.
Si è stanchi di osservare la vita come una sequenza di attimi, in
cui a fatica cerchiamo di incastrarci, di accomodarci. Si avverte
primaria la necessità di recuperare quel piccolo spazio dimenticato
all'interno di noi, dove ancora sorgono i nostri più antichi desideri
e si intraprende così un viaggio, anche solo immaginario, per attraversarlo.
Un viaggio che porti in una terra, dove inevitabilmente veniamo a
contatto con nuove energie, dove attraverso la pazienza e la volontà
tutto si dilata lasciando che resti ciò che è veramente importante.
L'incontro con la Mongolia ha origine da questa ricerca. Nella pianificazione
di questo viaggio, sono andata ad immaginare un oceano di steppe sterminate
e desolate, un luogo ideale per potersi riconnettere alla natura.
Ho immaginato di poter camminare senza una meta, in solitudine e silenzio,
come unico spettatore il vento. Ho immaginato cieli infiniti in cui
poter proiettare senza giudizio tutte le paure anche quelle più inconfessabili.
In realtà avevo solo immaginato. L'impatto con questa terra è stato
diverso, in definitiva il vuoto che ho incontrato è stato solo apparente.
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Prima di incontrare l'asfalto nell'ultima
pista che ci riporta verso Ulanbaatar |
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Nuvole infinite si rincorrono nella
valle di Tovkhon khiid |
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L'arcobaleno sull'altopiano che
declina verso Orkhon |
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Deserto ad Ulaan nuur |
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Pista all'interno del deserto del
Gobi |
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Lago salato sulla strada per Ulanbaatar |
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Ovoo” nella zona di Kharkhorin
- luoghi votivi situati ai margini dei villaggi per dispensare
protezione |
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Nelle infinite praterie percorse, un paesaggio non era mai uguale
all'altro: un continuo rincorrersi di colori, di forme di armonie.
Quel gran silenzio a cui avevo anelato era in realtà un assordante
insieme di suoni, di vibrazioni, a cui le nostre orecchie, infastidite
dai rumori cittadini, non sono più abituate. Si fa fatica ad ascoltare,
a rimanere da soli con noi stessi in una piccola ger (la tenda mongola)
dove tutto attorno è lo sprigionarsi degli elementi, dove anche il
colore di queste abitazioni itineranti è di uno straripante color
arancio, che per la popolazione mongola rappresenta il colore del
sole e dell'abbondanza.
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L'interno di una ger |
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Porta d'ingresso dipinta con il
tradizionale arancio |
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Una famiglia di pastori nomadi
sulla pista per Erdenalay |
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Ger con alle spalle un piccolo
villaggio nella zona di Kharkhorin |
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Uscendo nel cuore della notte ho creduto di incontrare le tenebre,
e invece ho trovato sopra di me una infinità di stelle luminose. Come
dimenticare poi la luce del giorno, una luce avvolgente, caleidoscopica,
in un alternarsi di espressioni che imprimevano, come in un gioco
costante, al proprio alter ego la propria ombra. Ho incontrato tante
strade, in cui è stato facile perdersi e allo stesso tempo ritrovarsi,
strade di fango battute da motociclisti solitari, che sanno di poter
dare ancora un senso alla parola ospitalità. Ospitalità che trovi
negli sguardi, nei sorrisi, ma anche in chi, pur non conoscendoti,
è disposto ad invitarti alla condivisione di una capra appena cucinata.
Andavo cercando il vuoto e invece ho trovato la pienezza di un luogo
ancora incontaminato, che al rientro a casa ho continuato a portare
dentro per lungo tempo, un luogo che permette di dimenticare lo scopo
stesso del viaggio.
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Piste che si intersecano nella
zona di Tsagaan suvraga |
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In viaggio verso Yolin am (Valle
delle Aquile) |
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In viaggio verso Kettongoryn els |
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Motociclista solitario a Bayanzag |
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Contatta l'autrice scrivendo a: redazione@possibilia.eu |
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