Il periodico
Dopo una laboriosa (e avventurosa) preparazione, a ottobre 2009 esce il
numero zero di www.possibilia.eu periodico online per curiosi. Una realizzazione
che riflette l'orizzonte libero e senza preconcetti della nostra linea editoriale.
Da subito, un gruppo di autori aderisce al progetto, alcuni dei quali formano
il nucleo redazionale più stabile.
Possibilia si non si propone di fare informazione in senso stretto: tante
altre testate più veloci e attrezzate ricoprono già questo ruolo. La nostra
rivista desidera offrire ai suoi lettori contenuti insoliti, dando diritto
di cittadinanza a temi o chiavi di lettura spesso trascurati o snobbati.
Un periodico generalista a 360 gradi? Solo in parte. Possibilia non funziona
per compartimenti tematici, ma per modalità di approccio alla materia. Accoglie
così una sezione per Dilettarsi, una per Pensare e una per Sorridere. Si
aggiungono una sezione di News - la sezione “d'attualità” della testata
- e una sezione destinata ai Pubbliredazionali, con lo scrupolo di mantenere
eticamente distinti contenuti commerciali e redazionali, valorizzando così
entrambi.
Con la nuova versione della rivista, inaugurata nel 2012, abbiamo deciso
di aggiungere una sezione (le Rubrilie) dedicata alle nostre passioni: il
vino, il rugby e il viaggio.
Contatta la redazione: redazione@possibilia.eu
I libri
Nel 2010, gli esiti incoraggianti della rivista e il desiderio di ampliare
il progetto editoriale dànno vita alla parte cartacea della nostra attività.
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foto Possibilia |
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Matrimonio
& divorzio / 3 Il matrimonio
come fa? Nozze in calo. Boom
di separazione dei beni. I tanti oneri dell’unione legale...
Ma questo istituto è ancora attuale? di
Samuel Cogliati |
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«Dal latino matrimonium, derivato da mater matris
“madre”, dato che in origine indicava maternità legale», recita il
dizionario Devoto-Oli. Insomma: in italiano il matrimonio servirebbe
a riconoscere il posto della donna nella famiglia. La prospettiva
sembrerebbe diversa per francofoni o anglosassoni, che chiamano quest’istituto
mariage e marriage: dal francese mari, marito.
Un “maritaggio”, insomma: non conta la filiazione ma l’unione della
donna all’uomo. Come se, in realtà, più che riconoscere la maternità
alla donna - tanto mater semper certa - lo scopo fosse garantire
la paternità: è il padre che non può essere sicuro, e il matrimonio
dovrebbe risolvere il problema.
Quale che sia l’interpretazione psico-sociologica, il rapporto tra
matrimonio e famiglia non è più così lineare, né quest’istituto attuale.
In Francia, dove la natalità è tra le più alte d’Europa (1,99 figli
per donna nel 2009), i matrimoni sono in forte calo (265mila nel 2008,
contro 393mila nel 1970 e 516mila nel 1946). Come in Italia (246mila
nel 2008, 420mila nel 1970). Oltralpe, la maggioranza dei bambini
nasce fuori dal matrimonio (53%l’anno scorso). Non così nei Paesi
mediterranei, dove i figli di coppie non sposate restano minoranza
(22% in Italia, 6% in Grecia; ma anche l’Irlanda cattolica si allinea,
facendo eccezione tra i Paesi nordici). «Marina, Marina,
Marina...»
Oltre che il mezzo per conservare e trasmettere il patrimonio - secondo
lo Zingarelli, l’etimologia di matrimonio è un calco di quella di
patrimonio - della “tribù”, n passato, le nozze erano probabilmente
la soluzione di prassi per vivere la propria sessualità. L’età media
degli sposi era molto più bassa persino nel decennio successivo al
Sessantotto: in Francia il record è del 1973 (uomini 24,5 anni, donne
22,5). Oggi l’età media di chi convola è molto più alta: 29 e 25 anni
in Italia, 31,6 e 29,7 in Francia. Probabilmente, tra gli altri motivi,
anche il fatto che sesso e matrimonio non coincidono più.
Eppure le nozze continuano ad affascinare: in Italia, ci si sposa
soprattutto da maggio a settembre. Del resto nel Belpaese non ci sono
alternative legali. Ci si sposa soprattutto al Sud, dove il quoziente
di nuzialità è superiore alla media nazionale (Campania in testa).
I matrimoni religiosi sono sempre la schiacciante maggioranza (72%
del totale tra sposi entrambi italiani - la Liguria e la provincia
di Bolzano vantano i record di unioni civili, la Basilicata di quelle
cattoliche -). In Francia, invece, il matrimonio civile è obbligatorio
anche se poi ci si sposa in chiesa, altrimenti si commette reato (art.433
Cod.Pen.): un principio introdotto nel 1804 dal Codice Napoleonico,
a consacrazione dell’autonomia dello Stato.
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foto di Dania Ceragioli |
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Che cosa comporta un’unione legale? In Italia, «fedeltà, assistenza
morale e materiale, collaborazione nell’interesse della famiglia e
alla coabitazione» (art.143 Cod.Civ.). In Francia, «mutuamente rispetto,
fedeltà, aiuto, assistenza [...] vita comune» (art.215 Cod.Civ.; la
traduzione è nostra, come quelle seguenti). Ma non solo: ad esempio
il dovere di versare alimenti ai suoceri in caso di bisogno (sia in
Italia sia in Francia), il mantenimento e l’educazione dei figli,
e tutta una serie di limitazioni di diritto - soprattutto in regime
di comunione dei beni (in Italia è regime “di default” dal 1975; prima,
curiosamente, l’assetto legale “standard” era la separazione). Che
tipo di limitazioni? Il Codice francese, ad esempio, dice che «ogni
coniuge ha piena capacità di diritto; ma i suoi diritti e poteri possono
essere limitati dall’effetto del regime matrimoniale» (art.216) e
ancora che «un coniuge può conferire mandato all’altro di rappresentarlo
nell’esercizio dei poteri che il regime matrimoniale gli attribuisce»
(art.218). In Italia «l’amministrazione dei beni della comunione e
la rappresentanza in giudizio per gli atti ad essa relativi spettano
disgiuntamente ad entrambi i coniugi» (art.180).
Saranno forse questi e molti altri oneri a spingere gli italiani verso
la separazione dei beni (poco più del 40% dei casi solo nel 1995,
più del 60% nel 2008). Dell’amore e del business
«La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale
fondata sul matrimonio», recita la Costituzione Italiana (art.29).
Insomma: affinché una vita si svolga secondo natura, bisogna
sposarsi. Ma il matrimonio non è stato concepito come la semplice
unione di due persone: è anche una sorta di alleanza tra due famiglie.
Suoceri, generi, nuore ereditano e vanno assistiti. Infatti nel Codice
Civile italiano queste disposizioni di legge figurano nel libro “Delle
persone e della famiglia” (in quello francese è solo “Des personnes”.
La Francia, si sa, mette da tempo al centro della propria società
il citoyen e la sua responsabilità individuale). È forse
anche l’anacronismo e in certi casi il paradosso di questo istituto
a renderlo meno appetibile, benché ogni anno in Italia si sposi ancora
quasi mezzo milione di persone (comunque oltre il 40% meno di quarant’anni
fa, nonostante l’aumento della popolazione). L’amore non
ha età
Oltre alle prime unioni (86,2% del totale), vanno forte quelle tra
divorziati e nubili (4,9%) e tra divorziate e celibi (4,1%). I vedovi
(1,2%) si risposano un po’ di più delle vedove (0,8%), ma del resto
la donna sembra credere al matrimonio soprattutto in gioventù (è solo
verso i trent’anni che il numero di sposi e spose si avvicina). Dopo
i sessant’anni vedove e zitelle restano spesso sole.
Non mancano i casi “estremi”. Il Codice Civile proibisce matrimoni
incestuosi, ma se il legame di sangue o di affinità (parenti “acquisiti”)
viene meno, l’età non sembra un ostacolo insormontabile. Nel 2008,
un 58enne ha sposato una 17enne e due 69enni una 20enne e una 23enne.
Il tribunale, «accertata la maturità psico-fisica e la fondatezza
delle ragioni addotte può con decreto [...] ammettere per gravi motivi
al matrimonio» i minorenni. Lasciamo ai lettori l’interpretazione
della maturità, della fondatezza e dei gravi motivi.
Tant’è, ventuno 43enni hanno convolato a nozze con altrettante 24enni
(potenzialmente loro figlie).
Le donne sembrano meno portate a queste grandi differenze d’età, ma
non manca il caso delle due over70 che hanno spostato dei 23enni.
Sempre nel 2008, sono stati 208 gli over75 italiani che si sono sposati
tra di loro.
Niente, comunque, in confronto alla facoltà che possiede il presidente
della Repubblica francese, che può «per motivi gravi, autorizzare
la celebrazione del matrimonio se uno dei futuri coniugi è deceduto
dopo il compimento di formalità ufficiali che dimostravano senza equivoci
il suo consenso. In questo caso, gli effetti del matrimonio risalgono
alla data del giorno precedente quello del decesso del coniuge» (art.171
Cod.Civ.). Una scelta d’interesse? Niente affatto, perché «questo
matrimonio non comporta nessun diritto di successione ab intestat
a favore del coniuge superstite e si ritiene che nessun regime matrimoniale
sia sussistito tra i coniugi». Una pura consolazione di principio?
Bisogna chiederlo al legislatore transalpino...
Nel 2004, la Francia ha anche abrogato il délai de viduité,
cioè il divieto per una donna di risposarsi entro 300 giorni dalla
fine del matrimonio precedente. Non sia mai che due coniugi alla vigilia
del loro divorzio concepiscano un figlio... Questo periodo “di garanzia”
permane in Italia, dove del resto sono ancora in vigore le disposizioni
che riguardano la promessa di matrimonio (forse per scrupolo cronologico,
inaugurano il titolo del Codice Civile sulle nozze)! Nel Belpaese,
inoltre, si è ancora tenuti a restituire i doni tra promessi sposi
e a rifondere i danni subiti per le spese già fatte. Qualche
altro divieto
Oltre ai legami di parentela, esistono altri casi in cui il matrimonio
non va a buon fine.
Innanzi tutto, naturalmente, una persona non può sposare un altra
persona di cui abbia ucciso o tentato di uccidere il coniuge (art.88
Cod. Civ.). Troppo facile...
Ma sono anche previsti casi di annullamento del matrimonio.
Per incapacità di intendere e di volere di uno dei due coniugi (magari
era ubriaco... ma molti farebbero facile ironia sulla possibilità
di appigliarsi a quest articolo - 120 Cod.Civ.) o, ancora più gustosi,
per errore di identità (all’ultimo momento ho mandato all altare il
mio gemello) o per difetto di qualità. Quest ultimo principio (art.122
Cod.Civ.) riguarda solo le qualità «essenziali» (malattie tenute nascoste
o indole criminale...), ma bisogna accorgersene entro il primo anno
di convivenza, altrimenti “scade la garanzia”. |
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