di Giorgio Fogliani
• giugno 2022 •
Dopo decenni di quasi oblio, tutto il Nord Piemonte (Alto Piemonte e Canavese) sta finalmente ritrovando il proprio posto nel panorama del vino italiano. Se ne parla tra gli appassionati, i vini ricompaiono nelle carte dei vini, nascono e rinascono aziende vecchie e nuove – un misto di entusiasmo e curiosità che ho percepito anche nelle presentazioni del libro che ho dedicato a questo territorio.
Per questo percorso sono fondamentali le occasioni pubbliche in cui assaggiare i vini, e Taste Alto Piemonte, la rassegna del consorzio altopiemontese, ne è un buon esempio. Una cinquantina di produttrici e produttori provenienti dall’Ossola al Biellese si è riunita al castello di Novara, dove in tre giorni, dal 28 al 30 maggio, sono confluite circa 1.500 persone tra professionisti e semplici curiosi. Ai tradizionali banchi d’assaggio si aggiungeva la sala stampa, soluzione preziosa per assaggiare i vini (una selezione di etichette a cura del Consorzio) con calma, serviti da una squadra di sommelier.
1. I vini dell’Alto Piemonte, e del Nord Piemonte in generale, non sono vini facili, meno che mai da assaggiare in batteria. Specie quelli da nebbiolo possono essere duri, a volte persino avari, da degustare con calma per coglierne i tratti spesso sfumati; sono vini che stanno meglio a tavola che fuori e che in molti casi non ha senso bere prima di cinque-sette anni dalla vendemmia.
2. Per goderne davvero è necessario servirli freschi, attorno ai 14 °C. Una precauzione da tenere sempre a mente e su cui non si insiste mai abbastanza.
3. L’Alto Piemonte sembra muoversi con un’interessante coerenza e compattezza complessiva: è piuttosto raro trovare vini che escano dai binari di una grammatica che potrei definire al tempo stesso territoriale e conservatrice, o cauta.
4. Quanto appena detto fa sì che il livello medio sia buono, probabilmente migliore di molti altri luoghi in Italia; ma d’altra parte i vini eccellenti sono ancora pochi.
Alcuni tra i migliori assaggi
Colline novaresi nebbiolo “Favolalunga” 2020 Boniperti
Stile sorvegliato, quasi tecnico, ma mano elegante per un vino delicato e rifinito
Coste della Sesia rosso “Rossonoah” 2021 e Coste della Sesia rosso “Dellamesola” 2020 Noah
Due vini nuovi per l’azienda, giocati sul frutto e una bevibilità immediata e nature (ma curata). Rossonoah (50% neb, 40% cro) viene da vecchi impianti a maggiorina, macerazione breve in acciaio; Dellamesola (70% neb, 20% cro, 10% ves) macera un po’ più a lungo e passa in botte. Interpretazione interessante e originale per la regione (vedi sopra, punti 1. e 4.)
Boca 2018 Davide Carlone
Un bel boca dai toni floreali, che coniuga freschezza e una confortevole densità.
Valli ossolane rosso “Tarlap” 2020 Garrone
Un bell’esempio del merlot ossolano, che può rivelarsi un’opzione divertente e non banale, specie se si cerca un’espressione più immediata rispetto ai complessi vini da nebbiolo. Ha verticalità e profumi, a patto di non appiattirlo sul varietale.
Valli ossolane nebbiolo “Maria Rita” 2017 Casa vinicola ECA
Esemplare ben riuscito del potenziale dell’Ossola: pimpante ma solido, trova il difficile equilibrio tra maturità, struttura e verticalità montana.
Gattinara “Il putto vendemmiatore” 2017 Cantina Delsignore
Si conferma un gattinara di razza: naso austero, terroso, bocca linfatica, di bella trama, minerale.
Bramaterra 2017 La Palazzina
Vino severo, articolato su acidità e tannino; da indagare e “cercare” con attenzione nel bicchiere, può regalare soddisfazioni.
Lessona 2018 La Badina
Frutto rifinito e piuttosto elegante; densità e dinamica in sostanziale equilibrio. Rovere a tratti leggermente ingombrante. •
Post scriptum
Per il poco tempo a disposizione e le tante aziende presenti a Taste, ho rinunciato a degustarne alcune di chiara fama, i cui assaggi trovo regolarmente molto convincenti, come Antoniolo, Antoniotti, Le Piane, Proprietà Sperino. Qualche parola, comunque.
Assaggiati a Vinitaly 2022, i gattinara 2017 di Antoniolo riflettono l’annata calda e potente, con una certa rarefazione, specie nell’Osso San Grato. Il cru più in forma in questa fase è San Francesco (ma aspettare è comunque la scelta migliore). Il bramaterra 2018 di Antoniotti, assaggiato a ViniVeri 2022, mi è parso assai preciso, migliore rispetto alla ’17.
Un cenno, per finire, all’annata 2015, che ai tempi delle degustazioni svolte per il libro era ancora chiusa e che sta finalmente cominciando ad aprirsi: il coste della Sesia Uvaggio di Proprietà Sperino (degustazione settembre 2021) è un rosso elegantemente speziato, al contempo setoso e viscerale; il gattinara Osso San Grato di Antoniolo (deg. aprile 2022) ha una potenza controllata e finemente minerale, oltre alla solita classe; il bramaterra riserva di Antoniotti (deg. aprile 2022) punta più sulla maturità e su un tannino ancora ruggente. •